Mi ha colpito la notizia di un signore di sessant’anni che a Forli è salito su un pullman e, appena si è accorto che c’erano molti stranieri a bordo, ha cominciato a fare il diavolo a quattro, accusandoli di viaggiare senza aver pagato il biglietto. L’uomo ha anche preteso che i cittadini non italiani scendessero dal mezzo e dopo ben trenta minuti – in cui l’autobus è rimasto fermo – l’autista ha chiamato le forze di polizia che hanno ristabilito l’ordine. «Gli agenti» si legge su Repubblica, che ha riportato la notizia «hanno verificato che tutti gli stranieri che stavano viaggiando in autobus erano tutti in regola con il biglietto». Il signore, invece, dovrà rispondere di interruzione di pubblico servizio. Si attende, intanto, un post indignato di Giorgia Meloni.
Sempre in questi giorni, altre due notizie hanno attirato la mia curiosità: in primis, la vicenda del TuliPark di Roma – un parco in cui potevi andare a raccogliere i tulipani, per portarli a casa – letteralmente devastato da italianissimi utenti che invece di prelevare i fiori, così come previsto dal regolamento, hanno dissotterrato i bulbi delle piante per coltiverle nel balcone di casa. Il risultato? Un’attrazione è stata letteralmente devastata dalla mancanza di senso civico degli avventori. Un’attrazione creata per regalare alla città non solo un angolo di bellezza, ma anche un momento di condivisione per far capire che il “bene comune” è un valore. Bene comune che muore di fronte all’egoismo del cittadino qualunque.
E ancora: sempre a Roma, il giorno di pasquetta è diventato un espediente per far sì che migliaia di abitanti della capitale facessero pulizie di primavera. Organizzando picnic di famiglia nei parchi della città e lasciandovi non solo la consueta immondizia – sotto casa mia si sono create due minidiscariche che l’incuria dell’amministrazione comunale lascia proliferare, a dispetto dei passati “Marino dimettiti”, che loro avrebbero sistemato tutto – ma anche mobili e giocattoli dismessi per l’occorrenza: dal «tavolino ricoperto di tela cerata che i proprietari hanno lasciato nel bel mezzo di un prato» alla «macchinina rossa» sulla quale un bimbo «ha fatto il suo ultimo giro» e poi «i genitori l’hanno lasciata lì», in mezzo all’erba.
Il tutto arriva mentre proprio coloro che hanno costruito narrazioni quali “prima gli italiani” e “no ius soli”, e i teorici di una nuova italia dove gli interessi della collettività vengono prima degli interessi privati – o se preferite “della casta“, decidete voi se scriverlo con o senza la k – amoreggiano a distanza su quale tipo di governo formare, dopo essersi spartiti le poltrone di Camera e Senato… pardon, dopo aver fatto democratici accordi per riavviare la vita istituzionale del Paese. Dio non voglia (o chi per lui) che gli italiani da anteporre al resto del mondo siano quelli che fermano gli autobus o che devastano i parchi in nome di un’idea tutta personale di giustizia sociale. Per chi crede alla potenza dei simboli, intanto, tutto ciò ha un che di profetico e funesto.