From Paris with blogMaggio 2018: un nuovo Sessantotto?

Il popolo è in collera, il Paese è bloccato e Sua Maestà Macron dovrà trovare una soluzione. Ormai non sono solo i ferrovieri - che da settimane scioperano per opporsi allo smantellamento del servi...

Il popolo è in collera, il Paese è bloccato e Sua Maestà Macron dovrà trovare una soluzione. Ormai non sono solo i ferrovieri – che da settimane scioperano per opporsi allo smantellamento del servizio pubblico in favore di un mercato aperto alla libera concorrenza – a non poterne più, ma anche gli studenti, che manifestano quasi dappertutto in Francia. Sono circa una quindicina gli atenei occupati per protestare contro la nuova legge sull’orientamento e la riuscita degli studenti (ORE), che imporrebbe agli studenti un’inedita selezione all’ingresso per accedere all’università. Una convergenza feroce e pervicace, questa tra le lotte di lavoratori e studenti, che non si vedeva da tempo e che inevitabilmente riporta alla mente le immagini di quel famoso maggio di cinquant’anni fa.

“Oggi i media dipingono il Sessantotto come una “rivoluzione dei costumi”, individualista, consumistica, limitata alla liberazione sessuale e alla sinistra salottiera. È una menzogna – scrive sul settimanale Marianne Thomas Guénolé, politologo divenuto di recente militante della France Insoumise di Jean-Luc Mélélenchon -. In realtà il vero Sessantotto fu uno sciopero generale durante il quale più di dieci milioni di dipendenti del pubblico e del privato bloccarono l’economia del Paese, con il sostegno degli studenti che volevano rivoltarsi contro il sistema. Messo in ginocchio da questo grande arresto economico – continua Guénolé – il governo del generale De Gaulle fu costretto a capitolare e a concedere una valanga di conquiste sociali: aumento del salario minimo di più di un terzo, aumento generale dei salari del 10%, abbassamento dell’orario di lavoro a 40 ore settimanali, ottenimento di nuove libertà sindacali nell’impresa e via dicendo.”

Secondo il politologo, cinquant’anni dopo quella grande rivoluzione popolare, si stanno riproducendo le stesse condizioni: non solo le occupazioni studentesche e lo sciopero dei ferrovieri, dunque, ma anche quello dei dipendenti di Air France che lottano per l’aumento degli stipendi, quello dei dipendenti di Carrefour contro la soppressione di migliaia di posti di lavoro, gli scioperi nel settore dell’elettricità e del gas contro lo smantellamento del servizio pubblico e chissà quanti altri ancora.

Ma non è detto che una rivoluzione riesca ad avere la meglio sul governo che vuole ribaltare – mette in guardia Guénolé. Per vincere non basta manifestare – quella è solo l’occasione per il potere di farsi pubblicità mostrando quanto è bravo a fare il pugno duro – ma bisogna materialmente bloccare l’economia del Paese: “in queste condizioni – sostiene il politologo – un governo non è in grado di resistere più di due mesi.”

Per realizzare queste premesse essenziali, insomma, mancherebbero gli scioperi dei dipendenti delle raffinerie e del settore del trasporto su ruote. Se anche queste due condizioni dovessero verificarsi, non solo potremmo ritrovarci al cospetto di una grande rivoluzione popolare, ma questa avrebbe tutte le carte in regola per vincere definitivamente il braccio di ferro con il governo.

Tra oggi e domenica prossima Emmanuel Macron concederà (finalmente!) due interviste alle televisioni francesi. Quale sarà il suo atteggiamento e quali le soluzioni che proporrà per evitare che la “prospettiva rivoluzionaria” continui a farsi sempre più concreta?

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