Liana Aghajanian racconta su Thrillist.com come per lei, e molti altri immigrati, la vita in America è profondamente legata alle scatole di Ferrero Rocher. Per l’autrice infatti nella sua comunità il Ferrero Rocher era una stretta di mano segreta, un segno di rispetto e buon gusto; era un simbolo di vita agiata, una cosa tangibile che racchiudeva in modo vivido le aspirazioni sociali ed economiche in un modo che nessun altro prodotto alimentare avrebbe potuto fare.
Negli anni ’80 e ’90 una scatola di Ferrero Rocher, negli Stati Uniti, era un modo certo per far colpo sugli ospiti o come regalo verso chi ospitava: la sua presenza era una certezza sulle tavole delle case degli immigrati.
Lo scrittore libico-americano Tasbeeh Herwees, cresciuto a Culver City, in California, in un complesso residenziale interamente occupato da famiglie libico-americane, ognuna delle quali aveva una scorta di Ferrero Rocher, racconta come la pralina fosse associata alla cultura libica, perché gli unici posti dove potesse trovarla erano casa sua, i matrimoni libico-americani o in Libia stessa. Ferrero Rocher diventa quindi uno status symbol: un ponte tra passato e presente con in mezzo turbolenze, guerra, violenza ed il viaggio negli USA.
Ma come ha fatto la pralina albese, ispirata da un viaggio a Lourdes di Michele Ferrero, a diventare il prodotto più amato e trasversale tra le comunità di immigrati in USA? Come spesso succede la risposta sta nel marketing… Mentre altri marchi di cioccolato venivano commercializzati nei lussuosi centri commerciali, Ferrero Rocher si trovava facilmente sugli scaffali dei supermercati etnici, e successivamente nei drug store americani come CVS e Rite Aid: era una ricchezza istantanea ed accessibile.
“There’s Never Been a Fine Chocolate Like This Before!” dichiaravano le pubblicità di Ferrero Rocher: il messaggio perfetto per il target di riferimento.
Nel suo piano di espansione Ferrero aprì stabilimenti in Europa orientale, Asia, Medio Oriente e Africa, entrando ancor di più nel subconscio di rumeni, yemeniti, indiani, armeni, libanesi, cinesi, nigeriani, etc., consumatori attratti dal suo status di un prodotto straniero, lussuoso ed importato.
A Hong Kong, le praline sono diventate rapidamente un simbolo di classe e gli uomini d’affari dell’ex colonia britannica hanno portato Ferrero Rocher in Cina come dono, soprattutto durante il capodanno cinese.
“Questo regalo tradizionale di Hong Kong è stato adottato con entusiasmo, in particolare dagli 80 milioni di cinesi che vivono nel Guangdong e questa fu la genesi del legame di Ferrero Rocher con la Cina”, ha scritto Lawrence L. Allen in Chocolate Fortunes: The Battle for the Hearts, Minds, and Wallets of China’s Consumers.
Gli esempi citati fino a qui sono solo alcuni de tanti che si potrebbero citare su come Ferrero Rocher abbia penetrato le comunità di immigrati negli Stati Uniti e , più in generale, diversi mercati di diverse culture in maniera trasversale nel mondo. Altre storie potrebbero essere infatti portate dall’Europa dell’Est, dal Regno Unito, dall’Africa o dall’India dove Ferrero Rocher ha associato il suo prodotto al la festa delle luci indù nota come Diwali. “Perché l’abbiamo reso così prezioso?” dice una voce fuori campo in un annuncio trasmesso in India: “Perché durante Diwali, sappiamo quanto sia prezioso stare con la tua amata famiglia.” Un messggio geniale in tempi in cui una vita frenetica ci consente di stare sempre meno insieme ai nostri famigliari.
All’inizio di quest’anno, Ferrero ha acquistato gli snack Nestlé negli USA per 2,8 miliardi di dollari, dopo aver precedentemente acquistato Fannie May Confections per 115 milioni di dollari e il produttore americano gommoso, Ferrara Candy Company. Secondo Confectionary News, lo scorso anno ha registrato un fatturato globale di $ 12,96 miliardi. Negli Stati Uniti, Ferrero Rocher è il quarto marchio di cioccolato premium nella grande distribuzione.
Nell’era della nostalgia degli anni ’90 e del fervido dibattito sull’immigrazione negli Stati Uniti ed in Europa chissà che la dolcezza di Ferrero Rocher non possa essere d’aiuto ai ragionamenti di qualche governante.