Votanti 40.000.
Aventi diritto (certificati) 120.000.
A primo acchito viene da chiedersi perché 80.000 iscritti alla piattaforma del Movimento 5 Stelle non abbiano cliccato su un mouse per avallare o meno la scelta di formare il primo governo euroscettico tra i grandi paesi europei, insieme alla Lega di Matteo Salvini.
In fondo sarebbe stato il momento della responsabilità, dell’impegno, o quanto meno della decisione sul da farsi dopo anni e anni di attacchi a chi ha governato prima, incapace secondo la vulgata grillina di governare nell’interesse del popolo. E perché i 2/3 del popolo grillino ha preferito non esprimersi e non scegliere? Qualche hacker pagato da qualche lobby avrà ostacolato l’accesso alla piattaforma Rousseau, una scelta politica o semplice menefreghismo? Non sappiamo e forse non sapremo mai.
Qual è veramente la posta in palio per il paese gli italiani lo sanno invece bene. Servirebbe una grande visione, una grande partecipazione e un grande progetto per rimodellare la terra di Leonardo. Ed è per questo che il 4 marzo 2018 sono stati votati Movimento 5 Stelle e Lega, due partiti nuovi e battaglieri che hanno promesso tutto e troppo spesso il suo contrario.
Luigi Di Maio in particolare si è mostrato maestro delle capriole politiche. Tralasciando l’idea, non ben precisata di Unione Europea, il leader napoletano quando va in Piemonte non perde occasione di lisciare il pelo ai NoTav, ormai in balia del movimento di Beppe Grillo. Salvo poi precisare che se ne parlerà con la Francia (la quale non vuol saperne di sospendere i lavori). Va sotto Roma e sbandiera il reddito di cittadinanza, quale riforma epocale che garantisce uguaglianza. Ma come risale la penisola, trovandosi di fronte quel popolo di imprenditori che paga le tasse ogni mese (e si lamenta non poco!) aggiunge che il reddito di cittadinanza sarà per soli due anni e per coloro che hanno perso il posto di lavoro. Una specie di sussidio di disoccupazione (che per altro già esiste). Ma non finisce qui perché quando si sposta nelle piccole città del nord davanti al problema epocale e di non facile soluzione dell’immigrazione tace, o peggio ancora lo supera ipotizzando la lotta alla cupa e nebulosa relazione tra mafie del nord Africa e Ong. Ong che peraltro escono distrutte da una campagna mediatica grillina devastante. Per non parlare poi dell’ambiguo silenzio sui 400.000 € staccati dalla Mondadori di Marina Berlusconi a Alessandro Di Battista per pubblicare il suo libro. “Il badante di Rubi”, “il pregiudicato”, “colui che ha fatto i soldi con la mafia”, oggi ha finanziato il disimpegno politico (momentaneo?) del Dibba nazionale, il quale ha fatto sapere, prima delle elezioni, che dopo 5 stressanti anni a discutere in Parlamento (e sessanta mensilità da parlamentare) se ne sarebbe andato sulla West Coast americana a disintossicarsi. Strano, ora che sarebbe il momento dell’impegno per il paese il Dibba nazionale se ne va negli States con l’assegno della Mondadori e i risparmi dei trascorsi 5 anni. Tutto legittimo, sia chiaro.
Il Movimento 5 Stelle e la Lega hanno vinto per stravolgere (speriamo senza distruggere!), perché come il Berlusconi del 1994 hanno promesso una rivoluzione a un paese stremato e uscito geneticamente modificato dalla più grande crisi finanziaria del capitalismo mondiale. Il nuovo miracolo italiano prospettato dal duo DiMaio&Salvini è niente di meno che un altro contratto: il #contrattodigoverno spettacolarmente immortalato dai fotografi. Un contratto dalle mille e una notte, quasi sbruffone se pensiamo ai problemi reali del paese e a quanto sia difficile risolverli. Quasi a voler sbeffeggiare chi con non poche difficoltà ha provato prima di loro a traghettare fuori dalla crisi il paese. A tratti un atteggiamento ancora più spavaldo di chi si era messo in testa, illudendosi, di poter modificare la Costituzione italiana.
D’altronde l’unicità, o l’ambiguità, del M5S è quella di essere un insieme multiforme, un’aggregazione di persone, popoli e di istanze, che spesso poco hanno in comune, se non il taglio dei vitalizi, il richiamo al motto ONESTÀ e il sogno di un’Italia migliore. Sogno che pensano di essere i soli a poter incarnare, perché neofiti del sistema e della politica, decisi da sempre a non fare inciuci come quello che stanno facendo. Come se essere nuovi fosse di per sè garanzia di onestà. E perché dovrebbe esserlo? Non c’è riuscito António DiPietro con un movimento del 6%, lui che è stato simbolo della lotta alla corruzione, lui che non fidandosi di chi aveva intorno era finito, certo inconsciamente, ad accentrare tutto su di se, figurarsi la Casaleggio Associati, gestita dal figlio, fino a ieri semisconosciuto, del defunto guru del movimento. Ma questo sarà argomento degli anni a venire, quando l’inevitabile crisi di questa moltitudine di istanze porterà ad analisi e processi. E saranno i diretti interessati, i protagonisti di oggi a raccontarcelo meglio di quanto immaginiamo.
Oggi siamo ancora alla fase top del Movimento e anocora non sappiamo che strada prenderà. Siamo al passo decisivo verso un governo con la Lega (ex nord) al quale però i 2/3 degli iscritti non hanno dato il loro avallo. Una mancata assunzione di responsabilità per un Si o per un No che molto dice sul senso di responsabilità degli users 5 stelle. Un modo di fare che anticipa un modus operandi nuovo e pericoloso, quello di scaricare la colpa di ogni difficoltà futura sui nemici esterni e interni: l’Europa, i burocrati, le lobby finanziarie e chi più ne ha più ne metta. Mai su se stessi e sugli italiani, che come da tradizione italica sono le vittime di decisioni prese in chissà quali stanze segrete, dove non si consulta il popolo.