Per la serie: ti piace vincere facile. Soprattutto se sei in casa e non giochi nemmeno la partita. Il Comune di Milano ha prorogato di altri due anni il contratto ad Atm, per il servizio di trasporto pubblico e i servizi complementari. La notizia era nell’aria. Anche se fino quasi all’ultimo si pensava che il Comune stesse valutando con attenzione le diverse ipotesi. Quindi, all’improvviso, l’annuncio del sindaco Sala: niente gara. Palazzo Marino ha deciso di non farla aggrappandosi alle norme europee, che prevedono una proroga fino alla metà della durata del contratto a fronte di investimenti di importante entità. Atm, in effetti, con l’acquisto dei bus elettrici e la manutenzione straordinaria delle infrastrutture, è arrivata a spendere circa 700 milioni di euro. In questo modo, nelle sue mani restano il trasporto pubblico locale, i sistemi di pagamento per l’accesso ad Area C, le attività di manutenzione e gestione delle tecnologie e degli impianti del sistema integrato di controllo del traffico e del territorio, la sosta a pagamento, la rimozione e la custodia dei veicoli e il bike sharing a stallo fisso. Non è poco.
Domanda: e se altre aziende avessero voluto fornire il proprio servizio ai milanesi? Con l’assegnazione diretta ad Atm non è stato possibile valutare eventuali altre opzioni. Più efficienti, meno costose, più innovative? Più a immagine e somiglianza dell’unica metropoli 4.0 che abbiamo in Italia. Nulla. Non si è potuto fare nulla affinché potesse essere introdotto un minimo di liberalizzazioni nel servizio di Tpl di Milano. Questo è un peccato. Un ex city manager come Sala, che ha saputo destreggiarsi tra le gare di Expo Milano 2015 e con un’indiscutibile autorevolezza in fatto di amministrazione aziendale, si è lasciato traviare dalle tradizioni della politica. Le più brutte e quindi difficili da sradicare.
Innovazione, infatti, non significa soltanto acquistare autobus ecologici. Certo, quello va bene. Tenendo conto che c’è chi non lo fa, ottima la scelta di Milano. Ma innovare significa anche dar voce al mercato e quindi alle imprese. Vale a dire quel mondo in cui Sala è cresciuto professionalmente e dove si è guadagnato i galloni per poi entrare sugli scudi a Palazzo Marino.
L’assegnazione diretta ad Atm è una grande occasione perduta. Perché in una Lombardia che corre, produce e innova, soprattutto in una Milano “sul pezzo”, per i grandi eventi e le iniziative di portata internazionale, quello del Tpl continua a essere una macchia.
In Italia le liberalizzazioni restano una favola. Sia che le gare vengano indette da un sindaco come la Raggi, sia che a Palazzo Marino ci sia un manager illuminato come Beppe Sala
Palazzo Marino non indice le gare. Dà così ragione ai sindacati, erroneamente convinti che la libera concorrenza metta in discussione i posti di lavoro. Si piega alle dinamiche di chi ha interesse a gestirsi poltrone, nomine e risorse, senza il pericolo che qualcuno gli sottragga la palla. Ti piace vincere facile, appunto. Se all’avversario impedisci non solo di giocare, ma di scendere in campo – perfino di entrare allo stadio! – per forza che ti porti a casa la coppa.
La beffa poi è che Atm vada a vincere a Copenaghen. In modo da poter dire anch’essa che le gare le fa. Sì, certo, ma il suo orto non lo mette in discussione. Neanche con il rischio di migliorarlo e di renderlo più produttivo. Deve andare fino in Danimarca per stare alle regole del mercato. Regole che ci vengono imposte dal mercato.
Così tutto resta come prima. E cioè con il grosso delle risorse pubbliche assegnate direttamente ai gestori pubblici: Atm e Trenord. Mentre le briciole se le devono spartire tutte le altre imprese, che forniscono un servizio nelle aree diverse da Milano. E che magari da quelle parti, proprio perché efficienti, vengono ostacolate con altri mezzi. Peccato!
Non ci resta quindi che sperare nella Regione. Il boccino delle liberalizzazioni adesso è nelle sue mani. Possiamo permetterci di sognare che indirà una gara – almeno una! – per il trasporto su ferro? Difficile. Illusorio. Di un progetto tanto ambizioso ne ha fatto un timido accenno qualcuno prima del voto. Ora però, con le agenzie che continuano a distribuire le risorse in maniera cervellotica e insistono a trattare il servizio su gomma come un gregario di quello su ferro, il velo si è squarciato.
Il nome di questo blog è tale perché abbiamo fatto il militare a Cuneo. Come diceva Totò. In altre parole, non siamo nati ieri. Il caso Atm non è né una monade malata, né una cattiva maestra. Ma solo l’anello più recente di una catena. In Italia le liberalizzazioni restano una favola. Sia che le gare vengano indette da un sindaco come la Raggi, sia che a Palazzo Marino ci sia un manager illuminato come Beppe Sala. Per noi le promesse di entrambi, o di chi per loro, restano come le favole: una storiella per la buonanotte. Non abbiamo più l’età per credervi.
Cosa ci resta allora? L’ostinazione ovviamente. A proseguire questa campagna di vera riforma di fronte alle istituzioni nazionali e coinvolgendo l’intera classe digerente dell’imprenditoria italiana, la quale sarebbe la prima beneficiaria di una liberalizzazione del Tpl.