Più che di censimento, io parlerei di verifica di legalità. Ecco cosa va fatto nei campi rom del nostro Paese. E va fatto, a mio avviso, attraverso una cabina di regia permanente tra Ministero dell’Interno, Ministero della Salute e Ministero dell’Istruzione, con i Sindaci e le Forze dell’Ordine, per verificare costantemente in quali condizioni, sanitarie e sociali, vivono le popolazioni nomadi, di nazionalità italiana e non, nei nostri territori e nelle nostre città. Perché poi, diciamoci la verità, in passato, anche dopo sgomberi più o meno eclatanti, che cosa è stato fatto di concreto su questo tema? Terminata la fase considerata emergenziale, qualcuno si è mai chiesto quali misure siano state adottate per i minori presenti nelle comunità rom? Quali controlli sulle attività che queste persone svolgono sono mai stati effettuati? Sappiamo come vivono? Che cosa fanno per guadagnarsi da vivere? Se sono presenti in maniera regolare sul territorio italiano? E se vivono una reale emergenza abitativa perché non farli partecipare a regolari graduatorie come sono tenuti gli italiani che vivono sotto la soglia di povertà? Questo non è razzismo e ancor meno è incostituzionale. Sono solo leciti interrogativi di buonsenso che, semmai, dovremmo porci rispetto alla questione del censimento che sembra scandalizzare le anime belle. Semmai sarebbe opportuno che si sapesse (e si controllasse) cosa accade in questi campi, veri ghetti occidentali dell’era moderna. Se facciamo finta di girarci dall’altra parte diventiamo noi i veri razzisti di questo secolo. Dobbiamo far cadere il velo dell’ipocrisia e riprenderci, senza alcun pregiudizio, il controllo delle nostre città. A partire dalla prima linea degli interventi, che appartiene alla competenza dei sindaci e delle amministrazioni comunali. E qui, oltre che da italiano, parlo anche da napoletano. A Napoli viviamo questa emergenza costante, e non da ora. La maggior parte della popolazione rom non sappiamo di cosa vive, la quasi totalità dei minori è sottratta all’obbligo scolastico. Su questo il Sindaco De Magistris non ha mai fatto nulla. Però ha trovato il tempo di espropriare i cittadini di Scampia, quartiere tristemente famoso per la Gomorra di Saviano, dell’unico spazio di aggregazione di cui essi disponevano – l’Auditorium (costato peraltro 10 milioni di euro) – per piazzarci i rom sgomberati con un’operazione di pura facciata. Dopo tanti mesi molti di loro sono ancora lì. Mentre ad altri, in una città che non è in grado di erogare servizi sociali essenziali ai propri cittadini, De Magistris ha addirittura trovato le risorse per offrirgli un contributo di solidarietà. Non credo sia questa la strada giusta che può condurre a garantire, nelle nostre comunità, una civile convivenza. Per rendere le nostre città europee e accoglienti non si può prescindere dalla conoscenza di patologie che appaiono lampanti e sempre più frequenti e sono sotto gli occhi di tutti. Il censimento non è l’anticamera di una legge razziale se serve a tutelare la sicurezza dei cittadini italiani, a qualsiasi etnia appartengano.
21 Giugno 2018