Ho conosciuto uno che ha detto: Fanculo alla SLA!
Si chiama Nanni Anselmi.
Se ne è andato due anni fa, ma è ancora vivo e presente.
Ecco perché.
A testa bassa, Elena. Stai a testa bassa. Nel lavoro. Ogni giorno. E poi nella vita. Di ogni giorno. Tenace. Fanculo. Te-na-ce.
Le sue parole mi continuano a pungolare. E per questo la sua mancanza risulta, giorno dopo giorno, sopportabile.
Nanni Anselmi, imprenditore milanese e fondatore di Slanciamoci se n’è andato due anni fa. Tanto è il tempo che è passato dall’ultima volta che abbiamo parlato, senza salutarci, perché, anche se la SLA faceva il suo fottutissimo corso, Nanni sembrava eterno. E lo era. Lo è stato. E lo è ancora.
Nanni Anselmi era tante cose che non sta a me raccontare. Per me è stata una tappa fondamentale della mia ricerca del padre.
Nanni per me – come per tante persone – è stato un maestro. Inaspettato e fuori cattedra che generosamente mi ha regalato serate e telefonate durante le quali abbiamo addentato la vita, partendo da quel morso che inesorabilmente lacerava la sua carne. Una ferita che la sua malattia teneva aperta e offerta. La SLA aveva SLAtentizzato le fibre muscolari più tenaci per la battaglia della vita. E pensare che “la bestia”, come la chiamava Nanni, i muscoli invece li annienta!
Con Nanni ho fatto un passo avanti verso la maturità. Senza Nanni oggi tento di procedere a testa bassa. Son più le volte che cado e che mi scoraggio (la te-na-cia è roba da du-ri), ma lui mi ha insegnato a rialzarmi. Prendendomi sul serio e volendomi bene. Perché quando urlava: Fanculo la SLA, urlava anche: Fanculo le debolezze e i mostri, più o meno visibili, che ognuno di noi ha, ed era quanto di più autentico e credibile si potesse desiderare. E lo è ancora. E lo sarà sempre.
Una testimonianza paterna per tutti.