A me che Luigi Di Maio abbia assunto come capo segreteria una sua concittadina, non interessa. Non mi interessa che sia giovane e bella, e non mi interessa neppure quanto guadagna. Dovremmo invece sapere quanto vale. E la polemica spicciola che qualche giornale ha caldeggiato sul suo aspetto fisico, spulciandone poi la vita personale, non solo non mi appassiona, ma a mio avviso non centra il punto. E però Di Maio non è del tutto incolpevole in questa vicenda. E mi spiego. Se per anni, caro Di Maio, costruisci la tua carriera politica e la scalata al potere di un intero partito sul presupposto che non conta la competenza ma l’onestà e la trasparenza, e avvii la caccia alle streghe ai consulenti, ai portaborse, agli assistenti parlamentari, ai collaboratori, poi te lo devi anche aspettare qualche “ritorno” mediatico se assumi una candidata del tuo partito, fidanzata con un tuo altro collaboratore. E si. Perché per quanti anni Di Maio ha sparato a zero contro centinaia di ragazzi e ragazze che, esattamente come la sua segretaria, erano stati assunti a discrezione dei propri datori di lavoro? Per quanti anni Di Maio e i suoi compagni di partito hanno additato questa prassi come un emblema della casta? Adesso, con un post su Facebook, il Ministro Di Maio, in rinnovata veste istituzionale, invita chi lo critica a vergognarsi per il solo fatto di aver sollevato la questione. Quante volte lo ha fatto lui? Quante volte si è preoccupato di leggersi i curricula della gente contro cui sparava a zero? Ecco. Il punto sta tutto lì. Niente contro la sua collaboratrice che, sono certo, abbia tutte le caratteristiche per ricoprire quel ruolo, ma è un fatto di metodo. E il metodo, quello, non si può utilizzare e modificare a giorni alterni e ad intermittenza secondo le proprie convenienze. Su questo, come sugli anni di retorica spesa a guardare dal buco della serratura i vizi degli altri senza preoccuparci di costruire proposte e progetti per il futuro del Paese, credo che dobbiamo tutti avviare una seria, sana e onesta riflessione. Non si può fomentare la gente con gli slogan, bisogna lavorare con serietà. E iniziare a valutare la politica per quello che vale, non per quello che dice.
21 Luglio 2018