Strani giorniL’Italia che non sta con Salvini è viva e lotta insieme a noi

Vorrei soffermarmi su tre fatti, che fanno ben sperare rispetto al cono d'ombra – ombra densissima, quasi "nera" (con tutto ciò che questo non colore rievoca, nel linguaggio politico) – in cui semb...

Vorrei soffermarmi su tre fatti, che fanno ben sperare rispetto al cono d’ombra – ombra densissima, quasi “nera” (con tutto ciò che questo non colore rievoca, nel linguaggio politico) – in cui sembra esserci cacciato il nostro Paese, dal 4 marzo a oggi.

Innanzi tutto, l’episodio della spiaggia pugliese, in cui si era indetta un’iniziativa da parte dei sostenitori di Salvini, che volevano protestare contro i venditori di collanine. Che sia mai, il vero problema sono loro nei nostri lidi, che vengono a chiederci se vogliamo acquistare i loro manufatti e non i 49 milioni che la Lega deve alla nostra società tutta, oppure gli affari d’oro che fa la mafia col malaffare o l’evasione fiscale, per centinaia e centinaia di miliardi di euro. No, il problema sono gli “abusivi” e i loro laccetti colorati a un euro l’uno. Ebbene, in quella spiaggia, a Castellaneta, i bagnanti hanno mandato via le orde salviniane, etichettandole con l’unico nome che viene in mente, in un momento come questo: “fascisti”. E questa è una.

Poi c’è la storia della Diciotti, a Catania, di cui ampiamente si è discusso. Ho raccontato altrove ciò che ho visto in quel porto, in quel caldo sabato di fine estate. Mi si permetta di recuperare alcune di quelle parole, già spese per la manifestazione sul molo di Levante: «Sembra quasi un saluto silenzioso e malinconico, quello di una Catania – ma la manifestazione era regionale e c’erano persone venute da tutte l’isola – che non si arrende alla narrazione d’odio che il “governo del cambiamento” sta dando non solo al Paese, ma anche del Paese di fronte all’opinione pubblica internazionale». Ecco, la città ai piedi del vulcano ha voluto narrare una storia diversa. E se vogliamo, al di là di sterili contestazioni fini a se stesse (no, ragazzi, non era né il luogo né il momento di attaccare – e con quei toni – i rappresentanti del Pd locale), quel messaggio è arrivato, forte e chiaro.

Quindi la piazza di Milano, ieri, a San Babila, che dice no all’alleanza dell’estrema destra di oggi. Estrema destra rappresentata da Orban e dal leader leghista e che, a causa del vuoto di potere che si è generato nella nostra società, colpevole anche una ex sinistra diventata la “sinistra” delle banche e dei potenti – grazie ancora Renzi, te ne saranno eternamente grati – e per via di un PPE che imbarca di tutto, pur di avere la maggioranza nel Parlamento europeo, si presenta come forza di governo, credibile e “istituzionale”. A questa proposta sociale, fatta sempre di odio, di contrapposizioni tra ciò che è bene (il bianco cristiano e possibilmente eterosessuale) e ciò che non lo è (tutto il resto del pianeta), la piazza milanese ha detto no, parlando di accoglienza e integrazione. Di stato di diritto.

Il Paese, insomma, è vivo. Di certo non ha (ancora) una guida che raccolga tutte queste istanze in una proposta credibile, rappresentativa e “di governo”. Una proposta dove, in luogo della parola “popolo” – radice di tutti i populismi possibili – si sostituisca “società civile”. Concetto che sta alla base di una collettività solidale, di un nuovo civismo. Di civiltà, appunto. Sta a noi raccontare tutto questo con parole nuove. Non un paese “contro”, non “antagonista” (e non perché le istanze “antagoniste” non debbano avere cittadinanza, anzi, ma è il porsi contro che non mi convince, in termini di comunicazione). È l’ora di un “Paese per”. Per i diritti umani, per la libertà, per la Costituzione e la democrazia. Ad esser contro, mandiamoci la Lega e quegli inutili scendiletto a cinque stelle. La spiaggia in Puglia, il molo di Catania e San Babila ci suggeriscono tutto questo.

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