Salvini sceglie Orban come improbabile alleato. E lo sceglie per l’Italia, attenzione, non per sé. Lo sceglie per voi. Con Putin e altri nemici dichiarati dell’Unione europea.
Fra spread in rialzo, d’altronde, ci si capisce (vedete un po’ dove sta lo spread della gloriosa Ungheria che vi spacciano come modello da seguire).
Orban, Putin e altri autocrati e impostori più o meno dichiarati (Farage è un altro di questi, campione assoluto degli impostori): un modello di sconfittismo e paurismo fatto apposta per chi si accontenta, per chi crede alle favole e per chi è troppo pigro per studiare, riflettere, capire cosa sta succedendo e poi passare consequenzialmente all’azione.
Un modello di impoverimento culturale e intellettuale, un modello di regressione economica e di chiusura al progresso fatto apposta per aumentare ancor più le diseguaglianze e gettare a mare i sacrifici dei nostri padri. Prendersi cura del bambino paga poco. Meglio gettare tutto, bambino e acqua sporca, perché è più sensazionalistico.
(Qualcuno grida: “Che cazzate dici, globalista schifoso? L’Ungheria che tanto dici illiberale cresce a ritmi vertiginosi!”. Qualcuno gli risponde: “Sì, sì, come no”).
E attenzione, i nuovi sconfittisti vi venderanno le loro limitazioni di libertà e gli aumenti delle diseguaglianze (tutte a loro favore: andate a vedervi le inchieste a carico di Orban sull’uso dei fondi europei, sull’uso dei vostri soldi) come prezzo necessario della protezione. Da cosa? Da tutto quello che vi racconteranno: invasioni aliene, minacce spazio-temporali, i templari, i massoni, i poteri forti, la finanza, l’africanizzazione, Soros-Satana in persona, pape Satàn aleppe.
(Qualcuno chiede: “E i cambiamenti climatici?”. Da dietro qualcuno mormora: “Siediti, dai, quelli mica te li possono raccontare, perché per affrontarli serve cooperazione, serve l’Unione europea”. Segue lungo silenzio riflessivo generale).
E chi si sente né a sinistra né a destra (una volta avremmo detto “liberaldemocratico”; “centrista” o “moderato” sono invece termini ormai equivoci e non si possono più sentire) dovrebbe starsene zitto e rintanato perché “certe battaglie di Salvini sono condivisibili” (quali, per Dio?) e “certe battaglie di Di Maio sono condivisibili” (quali, di grazia?)?
Chi si sente né a destra né a sinistra dovrebbe starsene zitto perché contestare la campagna di propaganda sulla Diciotti diventa un boomerang? Sveglia! E lo Stato di diritto? Ci scordiamo i fondamentali così? Sui fondamentali non si sta mai zitti, mai.
(Qualcuno dalla sala urla: “Ma il blocco navale l’aveva fatto anche Prodi!”. Qualcuno mormora: “Sì, ma non di una propria nave”. Qualcun altro grida a sua volta: “E chissenefrega di Prodi!”).
Fra aperture alle nazionalizzazioni e strizzate d’occhio al M5S anche nel Partito Democratico e il tramonto irreversibile di quella cosa che chiamano Forza Italia, l’offerta politica si polarizza sempre di più agli estremi (e il nuovo partito di Salvini sancirà definitivamente questa polarizzazione). E chi si sente né a destra né a sinistra dovrebbe stare ad aspettare che un Berlusconi mummificato rinunci ad un’ipoteca ormai scaduta su un’area politica che ormai è un sito nuclearizzato? Oppure che un Renzi ormai indigesto o un Calenda sempre troppo titubante fondino un nuovo partito?
Ma lo sentite il colpo di stato strisciante che se non stanno ordendo di proposito stanno sicuramente mettendo in conto come necessaria reazione al cigno nero che loro stessi ci stanno chiamando addosso?
E stiamo ancora a perderci in cose come Mattarella e il rifiuto a Savona? Ma non l’avete visto il tentativo di straripamento della sovranità popolare? E invece di proteggere l’argine ci mettiamo ad accettare la provocazione, se non, peggio, a condividerla? Al mittente a calci. Le provocazioni così vanno rispedite al mittente a calci.
Sveglia, perché le cose accadono veloci. La storia non si ripete mai uguale, ma si ripete. E gli italiani hanno la memoria corta. Per cui chi studia, riflette e capisce deve fare in fretta.
Non ci sarà il fascismo alle porte, ma di sicuro un futuro economicamente nero e di impoverimento generale.
In questa prateria di spazio elettorale che si è aperta fra destra e sinistra, Salvini è addirittura costretto a cercare il suo nemico (perché un nemico è sempre necessario) in Macron, visto che in Italia non c’è nessuno.
Ma l’oppositore di Salvini e Di Maio non può essere ricercato all’estero. Va cercato qui, nel nostro Paese. E va cercato proprio in chi si sente oltre la destra e la sinistra. In chi rifiuta di polarizzarsi agli estremi e avverte come la partita oggi sia fra società aperta e chiusa, fra libertà e sue limitazioni, fra modernità e regressione, fra cooperazione e guerra (valutaria, commerciale, con le armi: non importa), fra solidarietà internazionale e autarchia.
In breve: fra Europa e piccoli, insignificanti stati nazionali.
Serve, però, mettere l’accento forte sui contenuti, incentivando attorno ad essi la partecipazione e riportanto gli elettori ad essere e sentirsi comunità. E serve affrontare in maniera drastica il tema del ricambio e della leaderiship. Perché fra tutti i significati che il voto del 4 marzo può avere avuto, la voglia di novità, di freschezza e di ricambio è da considerarsi sacrosanta.
L’area di chi rifiuta di estremizzarsi e va oltre gli schemi tradizionali, è anche l’unica area in cui ha pregio tornare ad appellarsi a quel senso di responsabilità condivisa che deve sempre caratterizzare il voto nell’urna. Agli estremi, infatti, l’offerta politica tenderà sempre ad ingannare l’elettore proponendogli le virtù salvifiche dello Stato e chiedendogli deleghe in bianco in cambio di protezione e assistenza.
Per questo, l’area di chi rifiuta gli estremi è anche l’area in cui l’elettore può essere chiamato a diventare nel suo piccolo leader e protagonista del cambiamento.
Avete presente il finale di Kung Fu Panda, quello in cui Po sconfigge Tai Lung? Quando Tai Lung apre la pergamena del drago e scopre che non contiene alcuna formula segreta per diventare guerriero dragone, Po risponde: “Non esiste alcun ingrediente segreto. Sei solo tu”.
(Dalla sala si sentono lunghi bisbigli: “E’ il n. 1 quello con Tai Lung?!”; “Sì, ma tu l’hai visto?”; “Po, sì, è vero, dobbiamo fare tutti come Po”).
Non ci sono infatti ingredienti segreti. Ci sono solo maniche da rimboccarsi e responsabilità da assumersi. Per le nuove generazioni, per chi lavora, per chi fa impresa, per chi decide di non lasciare il Paese.
E questa cosa vale per tutti oggi.
In quest’area che rifiuta gli estremi e avverte l’importanza epocale dello scontro in cui nazionalisti e europeisti si sfideranno fra nove mesi, vi stanno diverse realtà più o meno piccole, più o meno ambiziose che cercano di farsi spazio e che probabilmente faranno cartello alle prossime elezioni europee attorno al nome di un candidato alla Presidenza della Commissione Ue. Sceglietene una, associatevi e impegnatevi, senza fare troppo i difficili, perché la posta non lo permette.
Ci sta ad esempio +Europa, che si è trasformata in partito ed ha aperto il tesseramento, ci stanno i ragazzi di Volt, il Movimento Federalista Europeo e i Membri individuali dell’Alde Party.
Ogni realtà, anche la più piccola, è un inizio, perché ogni cammino comincia sempre con il primo passo.
Quello che non ci si può permettere di fare, invece, è lasciare il campo a fanatici impostori, perché, magari, si condivide la critica che la costruzione europea abbia delle lacune. Certo che le ha! Ma proprio per questo è necessario scendere in campo e schierarsi a viso aperto, per costruire un’Europa migliore, più solidale, più integrata, più sicura, più ricca, più democratica.
Non ci sono altri percorsi nel mondo per l’Italia se non con l’Europa.
(Dalla platea qualcuno sussurra: “Ma secondo te i sovranisti ce la vogliono fare sotto il naso?”. L’amico gli risponde: “Di sicuro di te non gliene frega una ceppa, del tuo voto invece sì, eccome”).