I centri commerciali non sono solo Grande Distribuzione, anzi, lo sono sempre di meno. Con l’evoluzione dei consumi e del modo di fare retail sempre meno semplice vendita e sempre più Retailtainment (Retail + Entertainment) le superifici dei supermercati all’interno dei mall stanno dimuendo o addirittura scomparendo per dare spazio ad attività ludiche e nuovi format di ristorazione, una food court di alto livello è infatti sempre più la leva che i costruttori ed i commercializzatori dei centri stanno azionando per rendere attrattive le proprie strutture.
Secondo un report del 2017 di Cushman & Wakefield la ristorazione, nei mercati più maturi, può arrivare ad occupare il 20% dei negozi di un centro commerciale e si prevede un trend annuale globale di crescita del settore del food e beverage del 7,6% su base annua fino al 2026.
I principali attori della ristorazione commerciale in Italia sono cresciuti anche ed alcuni quasi eslusivamente grazie ai centri commerciali trasformandosi da ristoratori a grandi sviluppatori con punti vendita anche all’estero e con una ricaduta importante su tutta la filiera italiana dell’agroalimentare (non tutti sanno che la ristorazione, con 41 miliardi di euro di valore aggiunto, è il settore trainante della filiera agroalimentare italiana, più importante di Agricoltura e Industria Alimentare).
Obbligare i centri commerciali a chiudere quindi, comporta togliere quello che è il primo o il secondo giorno di fatturato alla ristorazione organizzata togliendo così risorse per lo sviluppo, l’internazionalizzazione, i dipendenti ed il loro welfare aziendale e, molto probabilmente, uccidendo nella culla quella che potrebbe essere una grande catena italiana di domani.