Non c’è duo … senza Tria ?
In questo momento – scusate la battuta – sembra di sì osservando le scaramucce nel governo gialloverde a pochi giorni dall’aggiornamento del Def che è propedeutico alla legge di stabilità.
Da sempre colui che tiene le chiavi della cassa – ossia il ministro dell’economia e delle finanze – intraprende un calvario politico ritenuto insostenibile per chi guarda da fuori ma strategico e cruciale per coloro che possiedono un minimo senso critico del reale in quanto bisogna trovare la quadra algebrica fra promesse della campagna elettorale e dati concreti di politico economico-sociale.
Ebbene non essendoci la temuta valanga di migranti e assodato poi che i vaccini fanno bene senza se e senza ma, siamo al banco di prova di ogni esecutivo ossia la legge di bilancio. E giustamente Tria è impegnato nel gravoso compito che da oltre vent’anni a questa parte spetta ai ministri dell’Economia, di qualunque governo e di qualsiasi colore politico ovvero far quadrare i conti, rassicurando l’Europa sul fatto che il debito pubblico calerà e il deficit italiano resterà sotto controllo.
Ma se si mettono in fila salvaguardia per evitare aumento dell’iva (12,5 miliardi di euro), togliendo gli interessi sul nostro mastodontico debito pubblico (In valore assoluto stiamo parlando di oltre 65 miliardi versati ai possessori di titoli nel solo 2017), e se aggiungiamo le spese ineludibili e strutturali come gli stipendi e pensioni e poi ancora il welfare universale (sanità e scuola in primis), nemmeno un Tria trasformatosi in Mandrake può estrarre dal cilindro decine di miliardi di euro per saziare la demagogia di Lega e Cinquestelle e mantenere l’impossibile cosmico promesso agli italiani mesi fa.
Viceversa tutto è possibile a meno che non si faccia altro debito, facendo lievitare altri interessi su nuovo debito, far godere il governo e lasciando le generazioni future con le pezze a terra.
Poi è facile chiamarlo cambiamento a questi prezzi, urlando dapprima alla quarta repubblica quando si deve aprire la famosa scatoletta di tonno (i palazzi del potere) ma poi non sembra si sia capace di fare due operazioni due con la calcolatrice, calcoli che perlatro riescono benissimo al buon padre di famiglia.
Il giochino del fare caciara quotidianamente nella doppia veste di governo diurno e opposizione vespertina scaricando quando si cade in cotraddizione le grane agli altri non sembra più riuscire dinanzi ai numeri ed ha scocciato pesantemente chi ha a cuore questo paese. Pur non dimenticando alcune idee (leggendo il contratto) degne di considerazioni come aiutare i disoccupati con un reddito di cittadinanza (reinserendoli nel mercato del lavoro) e contemporaneamente dare super fiato alle imprese con un taglio significativo delle tasse, è altrettanto doverso ricordare che la botte piena e la moglie ubriaca non si danno nella logica. Bisogna scegliere e sarebbe finalmente un bagno di umiltà per chi si definisce umili, non credete?
Che sia giunto il tempo – se siamo nell’era messianica del cambiamento – cambiare per davvero iniziando dal dire la verità? Cominciando – magari – col dire che le promesse (per giunta sommate dopo le urne da forze contrapposte in precedenza) senza possedere le coperture serie rischiano di mandare il paese a sbattere. Per questo il governo ci risparmi fin da oggi di scaricare colpa sull’opposizione in quanto sarebbe ridicolo.
Oltretutto sarebbe patetico sparare sul partito democratico, le cui residue energie sono impiegate alla ricerca di un tavolo per la cena.