PromemoriaSaracinesche aperte: sta li il problema?

La proposta gialloverde sulla chiusura degli esercizi commerciali nelle domeniche e nei festivi - col passare del tempo - rischia di diventare l'ennesima distrazione di massa per quanto a monte pot...

La proposta gialloverde sulla chiusura degli esercizi commerciali nelle domeniche e nei festivi – col passare del tempo – rischia di diventare l’ennesima distrazione di massa per quanto a monte potrebbe essere l’avvio per un ragionamento sociologico ricco di spunti interessanti. Ma a valle, un tema del genere nelle mani della chiacchiera politica si sta sviluppando in modo mediocre.

Anzitutto i numeri del lavoro “domenicale” sono notevoli e coinvolgono 4,7 milioni di italiani: tra questi 3,4 milioni sono lavoratori dipendenti e gli altri 1,3 sono autonomi (artigiani, commercianti, esercenti, ambulanti, agricoltori, etc.). È quanto emerge da un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia .

Se 1 lavoratore dipendente su 5 è impiegato alla domenica, i lavoratori autonomi, invece, registrano una frequenza maggiore: quasi 1 su 4. Non va dimenticato l’esponenziale crescita della spesa online con il tema – non secondario – con cui fare i conti, l’e-commerce: mettere limitazioni al commercio rispetto alle vendite on-line vanno sarebbe “un handicap per l’intero settore”, evidenziano le associazioni che si occupano di distribuzione

Insomma, il dibattito è aperto ma – a mio avviso – vi sono almeno due piani del discorso : v’è quello “contrattuale” e salariale per cui non c’è legge che tenga, a cui si aggiunge un deficit sindacale impressionante tra garantiti e precari in solitudine che vengono ricattati con aut-aut intollerabili e retribuzioni da fame.

Questo vale a prescindere dal giorno domenicale o la festa “comandata”.

Entro l’anno “sicuramente” arriverà la legge che impone lo stop la domenica e nei giorni festivi delle aperture agli esercizi e ai centri commerciali


Luigi Di Maio, vicepremier

E poi – trasversalmente – vi è una questione sociologica degna di maggiore attenzione ed è quello che lega l’attività lavorativa all’umanità delle persone e delle loro relazioni. La globalizzazione – tra le altre storture – ha introdotto una disfunzione nel rapporto tra noi e il tempo, del quale siamo diventati letteralmente succubi, quasi schiavi. E’ la sindrome da indaffarati e insoddisfatti che ingigantisce il fare appiattendo l’essere, con notevoli conseguenze sul valore del tempo vissuto, inseguiti come siamo dalle lancette del dio Kronos.

Osservate un centro commerciale che fagocita persone e famiglie. si entra e si esce isterici dai negozi, si consumano beni e servizi e magari si torna a casa senza aver conversato amabilmente, senza un pensiero critico sulla realtà intorno a noi. Ci rimangono in mano gli scontrini fiscali e nulla più. Ai lavoratori il compito di stare al servizio di questo consumo, togliendo tempo a se stessi e alle relazioni umane e spirituali più importanti. Da anni ci manca la domenica come archetipo di uno spazio non solo per l’anima ma anche per il corpo, ossia per noi e chi amiamo. A cosa serve il tempo se poi non si è costretti a non poterlo più dividere in altri “tempi”?

Il riposo domenicale fa vivere da figli e non da schiavi


Papa Francesco

Ciò detto, il tema è davvero interessante ed è deprimente il mercato delle bandierine politiche di questi giorni. Ma andrà a finire a tarallucci e vino, giusto due settimane prima della stesura della legge di stabilità quando le saracinesche di palazzo Chigi saranno aperte ad oltranza fino a che i conti non tornino.

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