Forse è vero, vogliamo tutti aiutare chi non ha un lavoro. Peccato però che stiamo facendo esattamente il contrario.
LinkedIn per trovare lavoro? Il posto (o il tempo) sbagliato. Partiamo dal principio. Ho parlato mille volte del fatto che LinkedIn non sia il posto per trovare lavoro. Una breve sintesi della mia idea, può essere spiegata in 3 punti:
1) Ci dovevi pensare prima, o ci vuole tempo.
Il network non si crea nel momento del bisogno. Quando devi rimediare è quasi sempre tardi. Se inizi adesso (penso ai giovani o chi è precipitato in questa situazione) ci vorrà tempo anche se non ne hai a disposizione.
2) Il mercato non è giusto.
Se tanta gente chiede lavoro e l’offerta non è illimitata (il contrario), è chiaro che si innesca un deprezzamento (condizioni irreali e indecenti) o, ben che vada, una competitività ancora più forte.
3) Lo stigma della disoccupazione non è solo teoria.
Non è giusto ma “è il mercato, bellezza!”
Siamo fermi all’idea per la quale chi non lavora è uno sfaticato o ha un segreto da nascondere… L’idea di choosy che tanto abbiamo criticato (giustamente) è ancora insita nella nostra società. Possiamo non dirlo ma è così.
Poi, mettendosi dall’altra parte della scrivania, penso sia lecito e umano farsi la classica domanda “Perché questo bravo candidato non l’ha assunto qualcun altro? Perché dovrei rischiare io?”
“Perché questo bravo candidato non l’ha assunto qualcun altro? Perché dovrei rischiare io?”
È lo stesso motivo per cui puoi trovare un ristorante con la fila fuori e uno completamente vuoto appena accanto. La folla affamata c’è… solo che nessuno si fida o vuole rischiare.
In questo caso, e mi sembra (anche questo) il caso, come fai a riempire il locale vuoto?
La soluzione è di una banalità mostruosa: qualcuno deve provare il locale “sfigato”, fare da primo avventore e aprifila, provare che quel ristorante è ingiustamente vuoto e merita di più, raccontarlo in giro. E forse la situazione si “aggiusta” (o forse diventa l’altro locale quello vuoto, ma questa è un’altra storia).
Essere disoccupato sul social del lavoro
Ci sono diverse correnti di pensiero in proposito, solitamente si riduce tutto al dire o non dire di essere alla ricerca (più o meno urgente) di lavoro. Nel primo caso, dirlo, avrebbe dalla sua il coraggio e più possibilità di attrarre opportunità. Nel secondo caso invece ciò sarebbe solo l’acuirsi della situazione descritta prima.
Oltre questo però, nascono ulteriori situazioni, filoni e comportamenti.
Sparare a zero contro
“Voi che fate schifo perché non assumete persone troppo giovani o troppo vecchie”, “Voi che non guardate il curriculum o lo fate in 10 secondi, o comunque poi neanche rispondete”.
Osservazioni come questa danno il via a due reazioni:
- solidarietà da parte di chi si trova nella stessa situazione
- solidarietà (HR) da chi “non si fa così”
Risultato? Non cambia nulla.
Grandi pacche sulle spalle e lotteria
“C’è tanta gente in difficoltà…”
Negli ultimi anni sono aumentate esponenzialmente le persone (con lavoro, spesso buono) che offrono la propria visibilità per aumentare le chance “dei meno fortunati”.
Pratica che non mi è mai piaciuta e non mi piace, ma non è questo il punto.
Il punto è che anche qualora funzionasse, funziona per 1 su 1000 candidati. Aumenta dunque quella competitività e quella “ingiustizia” tipica del mercato. Porta chi non ha lavoro a sperare in una grande lotteria.
Risultato? Neanche così si risolve il problema.
I bravi disoccupati
Infine, negli ultimi tempi, sta nascendo qualcosa di nuovo. Un nuovo modo di pensare e affrontare il problema, che di fatto non lo affronta. Un comportamento di esagerata accettazione della situazione che punta non più a inveire ma a vivere con grande solidarietà, azzarderei anche entusiasmo, l’essere disoccupato e alla ricerca di lavoro.
Frasi motivazionali che esaltano il coraggio, la tenacia, la solidarietà di gruppo (di chi non ha lavoro).
Basta guardare questi post per ricordarsi di quel film “la donna perfetta” dove le donne erano state sostituite da robot e facevano sempre la cosa giusta (cioè quella ordinata).
Allo stesso modo ci troviamo di fronte schiere di persone (in difficoltà) che non alzano mai il tono, sono propositive e proattive, politicamente corrette, e sembra quasi credano nel “uno per tutti, tutti per uno” … nel senso che prima o poi qualcuno di “noi” si salverà.
Lodevole per certi versi ma torniamo all’idea di lotteria.
Sincerità e concretezza
Leggevo l’altro giorno l’ultimo articolo di Sebastiano Zanolli a proposito dei falsi miti e della trappola creata ad arte di felicità e facilità. Un passo significativo che penso bisogna ricordare anche nel nostro discorso è la “teoria dell’ala rotta”.
Scrive Sebastiano: “Se hai un’ala rotta … non hai bisogno di consigli.
Con un’ala spezzata un uccellino non può più volare e nessuno lo aiuta, tranne un ragazzino e sua madre, che prima lo avvolgono con cura e poi lo portano a casa per curarlo e rimetterlo in salute. Con riposo, tempo, pazienza e un po’ di speranza lentamente guarisce e potrà tornare a volare.
Ma prima ha avuto bisogno di aiuto concreto, non di una lezione su come non ci si schianta contro i vetri!
Ricordiamolo.
Il miglior modo per trovare lavoro
Se mettiamo da parte i consigli, i libri e tutti i suggerimenti per non schiantarsi contro i vetri, potremmo dire che il miglior modo per trovare lavoro è avere un lavoro!
Sono moltissime le persone che quando apprendono di dover uscire dall’azienda, chiedono di poter avere un tempo dove figurare ancora occupate (si torna alla teoria di prima). Molti altri continuano (saggiamente) a veicolare, anche con le classiche bugie bianche, la vecchia immagine lavorativa pur essendo aperti a “nuove opportunità”. Le persone smaliziate, quando non si trovano più a proprio agio, o anche in presenza di gravi problemi, non mollano dall’oggi al domani ma aspettano di avere qualcos’altro (non solo per motivi economici ma ancora una volta in base alla teoria di prima).
In generale, il miglior modo per trovare lavoro è mostrare che sei bravo nel tuo lavoro.
È il dilemma del ristorante vuoto… come ci riesci se non ne hai l’opportunità?
In ambito sportivo, pensiamo al calcio, i giocatori che non rientrano più nei piani di una società… vengono spesso fatti giocare. Si spera che qualcuno li veda in azione (magari in giornata!) e li prenda con sé. Dire chiaramente al mondo:
“Questo è un brocco e non lo voglio più” sarebbe come svalutare pesantemente o totalmente il cartellino.
Più o meno quanto succede nel mondo del lavoro e quanto capita ogni giorno nel feed di LinkedIn. Svalutarsi volontariamente, svalutare chi non ha un lavoro (anche se partendo dalle migliori intenzioni), squilibrare ancora di più la situazione del mercato e ridurre avere un lavoro a una triste lotteria!
Se vogliamo fare qualcosa
Dopo le “tante parole”, qualche idea per fare qualcosa di concreto.
Non mettere like, aiuta
Negli ultimi giorni ho visto addirittura la condivisione di curriculum per cercare di aiutare la persona a trovare lavoro. Però se il curriculum è privo di senso o sgrammaticato… non stai aiutando.
Breve aneddoto per rincarare la dose…
Un anno fa avevo bisogno di un editor e chiesi proprio a una persona che “aiuta con i like” se ne avesse uno fidato al quale rivolgermi. Mi aiutò. Mi consiglio uno con il quale aveva lavorato o in alternativa uno con il quale lavora un suo amico. Cosa voglio dire? Le persone consigliano chi conoscono non chi sta cercando lavoro e ne ha bisogno.
La soluzione è dunque parlare con chi vuoi aiutare, conoscere chi vuoi aiutare, valutare anche se chi vuoi aiutare abbia le competenze per le quali lo presenteresti a un amico che ti chiede un professionista di quel tipo.
I like, un po’ come le chiacchiere, valgono zero.
Non essere solidale, sii di aiuto
Al posto dei like e dell’incoraggiamento, presenta qualcuno che potrebbe davvero essere di aiuto in modo concreto. O qualcuno di interessante con il quale parlare per chiarirsi le idee o vedere scenari ai quali non aveva pensato. Mediamente, nel mondo reale, ognuno di noi ha 5 “buoni amici” che reputiamo all’altezza di questo compito.
Se vogliamo aiutare, questo può essere un inizio.
Chiaramente c’è bisogno che anche questi 5 “buoni amici” siano disponibili… probabilmente sono quelli che mettono like e sono solidali. Chiediamo, facciamo.
Inventiamo davvero il lavoro
Inutile scandalizzarsi e poi comportarsi nello stesso modo. Nel lavoro siamo tutti del partito del “aiutiamoli a casa loro”. E invece no, chi vuole aiutare, aiuti in casa propria.
Nell’era della “social responsibility” forse è davvero il momento di essere responsabili, attivi e concreti.
Un’idea ce l’avrei – forse ve ne parlo settimana prossima.
In attesa di farlo e riuscirci, tornando al messaggio di oggi:
Un uccellino con l’ala rotta ha bisogno di qualcuno che lo aiuti. Non di una lezione su come non schiantarsi contro i vetri. E neanche di incoraggiamento.
Vale anche per chi cerca lavoro. Ricordiamolo. Perché se non lo ricordiamo, non stiamo aiutando le persone a trovare lavoro. Le stiamo aiutando a essere “buoni” i disoccupati.