André Ndereyimana è ricercatore PhD presso il Dipartimento di Scienze Animali, della Nutrizione e degli Alimenti alla Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Piacenza, e fondatore della onlus Buslin che ha come obiettivo «l’azzeramento della povertà, della fame e della malnutrizione e una rivoluzione della mentalità affinché le famiglie rurali diventino partner per uno sviluppo umano ed economico in Africa e in particolare in Burundi» il Paese di origine di André. Un modello di sviluppo sconcreto esportabile in tutto il mondo. Si tratta del progetto di micro-credito, nato nel 2013, che consegna agli agricoltori non il denaro, bensì l’equivalente in mezzi di produzione animale o vegetale: «Si tratta di un incentivo concreto allo sviluppo che porta a una migliore qualità di vita a partire dal cibo che si mangia e dalla professionalità che si acquisisce».
André è in Italia dal 2003, ma per 15 anni ha vissuto la civile che ha devastato il Burundi: «Al liceo eravamo in 350 studenti, ma soltanto in 80 lo abbiamo finito, perché era tanta la paura delle incursioni dei guerriglieri che colpivano anche le scuole». Nonostante tutto André ha voluto finire gli studi nel suo Paese e quando ha avuto la possibilità di continuarli in Italia non ha esitato: «Credo fermamente che ci vogliano persone che mettano equilibrio nell’egoismo del mondo. Come? Con le mani bucate a forza di donare».
«Uno dei principi fondanti di Buslin è ignorare i confini. Nella mia vita, dal Burundi all’India, dalla Cina al Mozambico, dall’Italia alla Germania sono riuscito a capire veramente quanto l’umanità sia una sola e per questo sia necessario e possibile essere uniti. Il fatto che si riesca a lavorare con una famiglia rurale nel Congo e ugualmente a interloquire con un poliziotto tedesco a Francoforte, così come a stare nel cuore dell’India facendosi capire e aiutare… tutto questo permette di cogliere l’essenziale dell’umanità. Tutto questo permette di ignorare i confini in modo concreto».
Questo spirito, tutt’altro che idealista o utopico, è l’anima del progetto Buslin. E si chiama equa cooperazione.
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