Liberalizzazioni immaginarieIl governo del cambiamento sta uccidendo le liberalizzazioni

La fine delle liberalizzazioni? Qualche giorno fa l’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani (Cpi) dell’Università Cattolica di Milano ha fatto una scoperta interessante riguardo alla statalizzazio...

La fine delle liberalizzazioni? Qualche giorno fa l’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani (Cpi) dell’Università Cattolica di Milano ha fatto una scoperta interessante riguardo alla statalizzazione dei servizi pubblici a rilevanza economica, le cosiddette “partecipate” per intenderci. Il Disegno di Legge di Bilancio 2019 prevede il divieto di alienazione, fino a fine 2021, delle aziende partecipate che abbiano registrato un utile negli ultimi tre anni. Cosa significhi questo per le tanto annunciate (e spesso mai realizzate veramente) liberalizzazioni non è difficile immaginarlo, come dice bene Carlo Valdes del CPI si tratta “duro colpo alla Riforma Madia”, una riforma sicuramente imperfetta e all’acqua di rosa di rose ma che aveva il pregio di far entrare il mercato proprio nella giungla delle municipalizzate, dove si annida il nocciolo duro del debito pubblico italiano.

Ancora una volta però la politica si mette in azione per fermare liberalizzazioni e mercato libero. L’articolo incriminato infatti non sembra altro che un escamotage per far sopravvivere aziende che non hanno più ragione di essere, un accanimento terapeutico dettato dal fatto che le partecipate sono ottimi poltronifici, dove parcheggiare amici, alleati e protegè vari e da dove raccattare preferenze al momento del voto. Un’operazione che ha tutto il sapore del buon vecchio Manuale Cencelli, a dimostrazione che nel il “Governo del Cambiamento” non manca la nostalgia per le operazioni da Prima Repubblica.

Tuttavia, ci potrebbe essere una seconda chiave di lettura. Nel 1944 i tedeschi si aspettavano un attacco alla fortezza Europa da parte degli Alleati sulle coste di Calais, vale a dire lì dove la Manica è più stretta e facile da attraversare. La storia ricorda che le cose sono andate diversamente. Il D-Day si è celebrato in Normandia e da lì la strada per la sconfitta del Terzo Reich. Gli Alleati per mesi e mesi avevano fatto credere che davvero Calais fosse il loro obiettivo primario, e che la Normandia avrebbe fatto da fronte di decompressione. Come specchietto per le allodole avevano creato addirittura un finto esercito, affinché i tedeschi abboccassero. Cosa che effettivamente fecero.

Alla scuola di applicazione militare queste operazioni hanno il nome di diversivi. E se appunto adesso fossimo di fronte a un diversivo? In tal caso la nazionalizzazione di Alitalia – o Autostrade, fate voi – sta a Calais, come la Normandia sta alla norma di cui parla il Cpi. Se così fosse l’osservatore medio sarebbe tutto concentrato a evitare il dilagare delle statalizzazioni nelle grandi infrastrutture, per poi rendersi conto – a cose fatte – che lo Stato ha fatto man bassa del sottobosco.

Ora, che il Governo si appropri di Alitalia o si tenga stretta anche l’ultima delle municipalizzate potrebbe avere anche poco peso. Si tratta sempre di aziende decotte! Il problema è queste operazioni vengono fatte coi soldi nostri. Per esempio nel caso di Alitalia a finanziare la sua nazionalizzazione saranno anche le tasse di chi non prende l’aereo, non solo i biglietti di chi vola. Ora, si può anche non essere liberal-liberista ma un po’ di fastidio dovrebbe arrecarlo, se non altro perchè è legittimo chiedersi perchè dobbiamo pagare servizi di cui non usufruiamo e che continuano a fare perdite o aziende municipalizzate che sono poco più che parcheggi per politici. Perché da un lato si insiste a far sopravvivere aziende che meriterebbero il De profundis, dall’altro si crea ancor più debito. Alla faccia di chi, tra Bruxelles e Francoforte, ci dice di fare attenzione. Congetture? Lo spero tanto. Un po’ perché tra Alleati e tedeschi ho sempre fatto il tifo per i primi. Ma soprattutto perché il “governo del cambiamento” non credo che sia capace di tanto.

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