La City dei TartariLa terra di notte (l’ennesimo ritorno)

Esiste una terra che amiamo tutti, quella che appare solo nelle ore più remote della notte. Una terra che respira, che esala nebbia dai campi arati e che depone rugiada anche nei parchi cittadini. ...

Esiste una terra che amiamo tutti, quella che appare solo nelle ore più remote della notte.
Una terra che respira, che esala nebbia dai campi arati e che depone rugiada anche nei parchi cittadini. La terra che appare nei momenti placidi e quieti, quando tutti riposano o, perlomeno, fanno rallentare il respiro ed il ritmo cardiaco.

La terra calma, rassicurata, ammansita di tutte le sue paure, dei suoi fantasmi e delle sue preoccupazioni mondane. La terra dove le ansie si dissolvono con i primi raggi di Sole. Quelle ore del magico oblio, fra chiusura dell’ultimo bar e apertura del primo fornaio.

Esiste questa terra conosciuta e ignota a seconda della disposizione delle ombre, che si percorre per mulattiere, creuze ed autostrade ardite, scivolandoci attraverso, a volte nelle notti perfette di Luna piena. E questo paese, questa terra, si bea, per poco tempo, in quelle ore silenziose ed interrotte solo da un rumore di qualche motorino, di essere un paese normale, accogliente. Un posto magico, fatato e non condannato ad un declino stechiometrico e regolato dalle dinamiche precise della demografia e della modernita’.

Esiste questa terra, popolata, peraltro, da fantasmi e da camminatori abituati a inerpicarsi verso nuove frontiere. Persone i cui antenati hanno insegnato al mondo come percorrere sentieri e strade nuove, o, addirittura, come costruirle. Antenati che hanno prima imparato e poi insegnato a viaggiare, come interpretare il mondo non come ente anonimo e soggetto, non piu’ come nomadi in cerca di rifugio, ma come societa’ intere in espansione e come cittadini con le proprie regole da rispettare.

Esiste questa terra, con paesi, villaggi, frazioni e citta’ piu’o meno grandi, come interpolazioni lungo linee direttrici, nervi in una mano od una gamba. Questa terra dove non sempre risulta facile camminare, ma dove si impara, prima di tutto, sui sagrati delle chiese, nelle piazze che ricordano qualche generale o qualche trionfo lontano nel tempo, a correre, prima saltellando e poi sempre piu’ in velocita’. Come se si prendesse la rincorsa, per saltare muri, silenzi, difficolta’ ed ostacoli.

Questa terra, abbandonata ad un letargo indispettito, dove appaiono, nel sonno leggero, incubi di passati non proprio remoti, di periodi dove il paese smise di imparare e poi insegnare, ma decise che era giusto inculcare, limitare, estirpare tutto quello che non era allineato, regimentato. Il conforto di essere tanti a sbagliare, a esigere ordine, disciplina, senza capirne i motivi, se non quello del sopravvivere, sopportando e tollerando chi non ha a cuore che il proprio potere. E non quel senso di essere in una terra che possa avere ancora una possibilita’, un futuro. Nascosto nelle pieghe delle sue valli, nelle pianure, nei punti che connettono il paese da nord a sud e da est ad ovest, nelle coste e nei confini che aprono a mondi nuovi. Mondi dove non esistono mostri o pericoli, ma altrettanti futuri possibili.

Questa terra, a notte, diventa una lingua di Europa in un mare ancora riscaldato dall’estate, un ponte che racconta, nella successione di luci e di vette di montagne e disces di colline appena illuminate dalla Luna, un profondo desiderio di umanita’.

Un desiderio nascosto che le ore opache e serene della notte in cui nulla accade facciano riequilibrare il karma di questa terra diroccata.

“Lo vedi quel colore appena sbiadito sul muro? Era un affresco bellissimo, di una Madonna con un bimbo in collo. Ora si vedono solo dei marchi sul muro. Prima di Banksy, prima dei graffitari, usavamo i muri per raccontare il mondo o per auspicare qualcosa di buono per noi. Un miracolo, od una grazia. O il dono della pazienza. Le madonne ed i santi sui muri erano, in realta’, per tutti quelli che passavano. Oggi sono rimaste tracce deboli e, se non te l’avessi detto, avresti pensato ad un muro sporco. Ecco, laicamente, la devozione popolare e’ una forma di memoria collettiva. Che qualcosa di buono, in qualche maniera, puo’ e deve continuare ad accadere. Nonostante tutto’ KJ Okker

Soundtrack:

Teresa de Sio – Voglia ‘e turna’ https://www.youtube.com/watch?v=_5iVqXf8iDw

Gianni Maroccolo – Nulla e’ andato perso https://www.youtube.com/watch?v=Wcyb9z_Usbc