PromemoriaTanto per essere franchi (africani)

il numero due del movimento cinquestelle, Alessandro Di Battista che strappa nella trasmissione di Fabio Fazio la banconota CFA dell'ex colonie francesi africane mi è sembrata per un attimo la non ...

il numero due del movimento cinquestelle, Alessandro Di Battista che strappa nella trasmissione di Fabio Fazio la banconota CFA dell’ex colonie francesi africane mi è sembrata per un attimo la non riuscita (e inconsapevole) imitazione di uno ( certamente più saggio di lui) che due millenni fa scacciò i mercanti dal tempio rovesciando i tavoli dei cambiavalute. Ma – sia chiaro – in quel caso siamo ad un livello insuperabile. Ma non era solo un flash ma qualcosa di più se ci pensate: se rimaniamo sul mood Alessandro Di Battista è per certi versi il “Battista”della politica italiana, il profeta che sferza il popolo e te lo vedi vestito di peli di cammello, in tutta la sua furia contro il sistema; lui che è la voce contro il palazzo, l’urlo che grida nel deserto delle piazze globali contro i potenti, invitando gli elettori a convertirsi e purificare l’anima corrotta dell’establishment.

Solita suggestione mista a sarcasmo? non lo so, forse. Ma in Di Battista si osserva una sovrastimata autostima, un esagerato auto-messianismo di chi probabilmente pensa che il mondo possa essere diviso in avanti- Dibba e Dopo-Dibba ma fortunatamente per noi e per lui le cose stanno diversamente: lo vedi comunque sempre in modalità profeta maledetto col cilicio, l’asceta che non pensa ai soldi e che si ciba di soli prodotti equo-solidale, beve acqua dai rubinetti, che veste esclusivamente di seconda mano, che possiede modi e pensieri casual nel senso autentico del termine ovvero casuali, a random e quindi di conseguenza sono pensieri senza una logica compiuta e comprensibile. E tuttavia lui piace al suo mondo e – per l’attuale e demenziale associazione di idee tra low profile con low cost – affabula perchè è gratis e immediato indipendentemente se quanto dice è totalmente privo di senso.

E in effetti questo schema studiato dal Di Battista premia, buon per lui. Pare infatti che egli abbia capito tutto per rimanere sulla cresta dell’attivismo politico ovvero urlare e non decidere, poter dire ogni giorno come Galilei “eppur si move” senza muovere un muscolo e sperimentare la sublime e coraggiosa arte di decidere che in politica è tutto per quanto rischiosa.

 https://www.facebook.com/alessandro.tellini.m5s/videos/556484754810862/ 

Crozza ne ha tratto una maschera potentissima risaltandone la “facies” del bello e prepotente che prendeva più punti all’oratorio in quanto bravo negli sport mentre (il mio è un ricordo personale) quello bravo e tranquillo non arrivava che alla bibbia a fumetti visto che macinava punti solo facendo il chierichetto e – in campo – faceva il guardalinee.
Di Battista è quindi il politico dell’armiamoci e partite, del frontman se vanno fatte le interviste quando durante lo spettacolo il mazzo se lo sono fatti gli altri, del fenomeno trentacinquenne universitario ( super fuori corso da un decennio) che va in piazza o nei talk a chiedere il diritto allo studio e più voucher per la sala mensa e nel frattempo mezzo ateneo di venticinquenni pancia a terra e meno barba vissuta si laureano senza perdere una lezione e senza saltare nemmeno una sessione di esami.

Questi sfortunati competenti hanno oggi la sfiga di sentirsi chiamare establishment, nuova élite pur essendo semplicemente di medici, docenti , tecnici specializzati, commercianti, insomma la generazione produttiva e creativa del paese con la sola colpa di aver studiato e amato i loro studi e di applicare quell’elementare principio di onestà intelletuale che è la capacità di elaborazione dei dati l’argomentazione puntuale delle proprie tesi. Ultimamente alla Merkel attribuiscono una battuta inconsapevolmente feroce – “apprezzo lo stile del premier Giuseppe Conte, molto pacato. Mi concentro su di lui piuttosto che su quello che dicono i singoli ministri” – che se è vera ci dice quanto sia importante far meergere il peso specifico politico sopratutto in campo europeo, non fosse altro che i trattati sono una questione serie e richiedono una lettura lunga, faticosa, impervia. I rapporti con l’estero stabiliscono criteri di convergenza e cooperazione all’interno di una sovranità nazionale condivisa nella logica intergovernativa, criteri che sono certo in crisi, che dovrebbero essere rivisti con giudizio e spirito riformatore, ma prima di tutto esigono che qualcuno li legga, ne sappia qualcosa

Ciò detto, il massimo che ci meritiamo sono banconote strappate in prima serata e uno che grida, grida girda….

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter