Lost in BusinessLinkedIn per “venditori” senza visibilità (che non ne hanno, che non ci riescono, che non ci tengono)

Qualunque sia il tuo prodotto o servizio, hai bisogno di qualcuno che ti ascolti. Qualcuno. Non tutti. O tanti. L’unica cosa certa che so di questo mondo digitale è che, qualunque sia il tuo pro...

Qualunque sia il tuo prodotto o servizio, hai bisogno di qualcuno che ti ascolti. Qualcuno. Non tutti. O tanti.

L’unica cosa certa che so di questo mondo digitale è che, qualunque sia il tuo prodotto o servizio, hai bisogno di qualcuno che ti ascolti.

È un assioma della vendita, una frase di buon senso e anche una delle frasi con le quali Dorie Clark invita le persone a farsi avanti, prendere la parola, attrarre le persone. Perché attrarre le persone, oggi più che mai, è il grande motore degli affari e, sempre citando Dorie, “l’ultima forma di assicurazione sulla carriera”.

Tuttavia…

  1. Cosa fai quando pur impegnandoti non riesci ad ottenere attenzione?
  2. Cosa fai se stai iniziando nel momento peggiore, cioè adesso?
  3. Qual è il rapporto tra visibilità e “attenzione”? E cioè c’è davvero solo una strada per fare funzionare le cose?

Due problemi di quando non riesci ad ottenere attenzione

Per quella che è la mia esperienza, in prima persona e aiutando le persone, ho imparato che ci sono due grandi rischi legati al parlare, farsi vedere, costruire reputazione e “attrarre le persone”.

Il primo è che ci vuole una forza incredibile.

Ho passato gli ultimi anni attaccato a un pc, leggendo e scrivendo. Cercando in tutti i modi di diffondere le mie idee e avere un numero adeguato di persone che mi ascoltassero e mi invitassero a parlare – intendo qualcosa di simile a una discussione che precede una trattativa.

Per il primo anno però, un anno intero, sono stato semplicemente un tizio che parlava da solo. Bassissima visibilità, zero interazione, zero ritorni.

Oltre una grande frustrazione, ho vissuto un anno maledettamente difficile e sono stato vicinissimo al dire basta.

Con il senno di poi: fortunatamente non ho mollato, avrei potuto comunque rendere le cose più facili (ne parlo tra pochissimo).

La cosa più facile è però abbandonare. Farsi vincere dalla stanchezza e dalle difficoltà. Chiudere tutto e magari dire “sapevo che queste cose non funzionano”.

Per andare avanti, come ho già detto, serve una forza e una fiducia d’acciaio.

L’altro rischio è “abbassare il livello”

In momenti in cui non funziona niente, l’altra cosa più probabile è testare alternative. E questo, per quanto sia saggio, si tramuta però in testare le peggiori alternative.

In termini concreti potrebbe significare iniziare a scimmiottare guru ed esemplari della stupidità e diventarne un degno discepolo.

Postare frasi ad effetto, gattini, abbandonare il proprio campo (argomento) e iniziare a saltare in quelli che sembrano andare (il lavoro ad esempio), è un antidoto all’invisibilità e alla frustrazione. Ma è anche il modo più sicuro per non concludere niente.

Nella migliore delle ipotesi succede che si abbassa semplicemente il livello. A che serve ad esempio scrivere 2000 parole in un blog che non legge nessuno? A che serve andare in profondità su una tematica quando sarai l’unico a leggerlo?

E così succede che ci si spiattella in basso.

I problemi di chi inizia e di chi inizia Adesso

Siamo tutti d’accordo che iniziare è sempre la cosa più difficile. Ma lo è ancora di più iniziare quando tutti gli altri lo hanno fatto da un pezzo.

Quasi due anni fa postai su LinkedIn un post dove raccontavo che, durante una call con un cliente, mio figlio iniziò a piangere ed essendo da solo, e avendo il piccolo la febbre, dissi al cliente di aspettare un attimo e tornai con un bambino in braccio spettinato e avvolto in una coperta.

Quel post, non progettato e scritto di getto, era a mio modo un tentativo di avvicinare vita e lavoro e mostrare il nostro lato umano.

In meno di tre giorni il post raggiunse 300.000 visualizzazioni e fui inondato da richieste di contatto. In particolare, due manager, furono talmente “colpiti” da volermi sentire e chiusi due buoni accordi di consulenza.

Però adesso le cose sono cambiate. Bambini e vulnerabilità, anche confezionate su misura, sono all’ordine del giorno. E altri hanno iniziato a raccontare cose anche più interessanti. Parlano tutti e continuamente.

Il risultato è che non parlo più di cosa succede in casa… perché di solito mi ritrovo una manciata di like ed una manciata di visualizzazioni.

Cosa voglio dire? Ho iniziato in ritardo rispetto a coloro che nei primi anni del 2000 misero on line il loro blog e ne pago il gap e le conseguenze. Ho iniziato in anticipo su LinkedIn e rimango comunque in leggero vantaggio. Pur non arrivando più ai numeri di due anni fa e con la facilità di un tempo, ho la fortuna di avere costruito un piccolo (ma sufficiente) pubblico.

Se stai iniziando adesso non è solo dura. È durissima.

Serve qualcosa di straordinario. O di diverso.

Visibilità e attenzione

Potrebbe sembrare la storia della volpe e dell’uva ma non lo è. È una storia vera.

Vai a vedere i post con più interazione su LinkedIn, diciamo quelli che superano le 600 interazioni (like + commenti) o meglio ancora quelli che arrivano alle mille e più. Vedi di cosa si tratta, vedi chi interagisce. Fatti un’idea… è quella.

C’è una regola non scritta nel web, o almeno su LinkedIn, che dice che al crescere dell’interazione diminuisce valore ed impegno.

Non ci sono mai così tanti soldi nel rumore. Solitamente c’è soltanto rumore.

(eccezioni valide solo se: l’autore ha costruito davvero un grande pubblico, nel tempo; l’autore del post vende libri del genere Fabio Volo…)

La maggior parte delle volte il buon utilizzatore LinkedIn è una persona normale con un focus simile ad un laser.

Cosa succede quando chiedi qualcosa?

La prova del 9 si ha quando chiedi qualcosa. Quando cioè “il visualizzatore” è chiamato a svolgere una qualche azione, impegnativa. Il modo più semplice è invitarlo ad esempio su una pagina web, come la lettura di un articolo. In questo caso, anche per una questione di algoritmo che premia contenuti nativi, i numeri calano ed è tutto un altro mondo.

Per la mia esperienza una buona conversione va tra il 5 e il 15%: cioè tra 5e 15 persone finiscono sul tuo sito. (sono dati basati sulle performance dei miei post e di alcuni clienti con una visibilità medio/alta; all’aumentare delle visualizzazioni, di norma il tasso si riduce).

A questo punto i numeri sono più sinceri e dovrebbe nascere una riflessione. Ad esempio: se i tuoi post fanno 50000 visualizzazioni ma quando chiedi qualcosa arrivano a 5000 > c’è un problema.

Se quando chiedi qualcosa, di 5000 persone che “vedono”, solo 50 finiscono sul tuo sito > allora c’è un grande problema.

Se queste due situazioni si verificano allora forse è il caso di ripensare la visibilità e il suo peso.

Per gli amanti di “link nel primo commento” sul quale mi sono ampiamente pronunciato, e in tempi non sospetti, la domanda è dello stesso tipo: quanto ci stai “guadagnando?”

Di norma, comunque, i like non sono una valuta affidabile

Su LinkedIn, le persone che si impegnano (con un like o un commento) sono circa il 2%, in casi particolari (ma ricordiamo quanto detto prima sulla natura di certi contenuti) potrebbero arrivare al 10 o addirittura il 15%. Cosa fanno le altre persone che visualizzano un post e rimangono silenziose? Generalmente comprano! Direbbe Mark Schaefer.

Come fare funzionare LinkedIn senza (grande) visibilità

Adesso andiamo al nocciolo della questione. Prima però ancora una domanda “nerd” per comprendere meglio la situazione.

Se dovessimo guadagnare con chi si impegna davvero cosa accadrebbe?

A un certo punto, anche in Italia, è arrivata la fantastica storia dei contenuti, content marketing. E si è pensato che scrivere e condividere un sacco di cose gratuite fosse l’arma definitiva per ottenere attenzione e clienti.

Anche qui, come sempre, per un periodo ha funzionato piuttosto bene, gli ultimi anni, al crescere della concorrenza, è diventata molto più dura. Ma più interessante per il nostro discorso, è ragionare sul senso di questa storia.

Dunque, dai un sacco di cose gratuite per avere un sacco di attenzione e da lì arrivare a un briciolo, si spera relativamente grande, di clienti e dunque soldi.

In maniera chiara e spietata è ancora quanto continua a consigliare Gary Vaynerchuk. Ma lui ha iniziato una vita fa. Ed è Gary Vaynerchuk.

Ma se a un certo punto volessimo monetizzare questa grande attenzione che sembriamo avere, cosa accadrebbe?

Il miglior esempio, anche se ancora lontano in Italia, è Medium con i suoi contenuti bloccati e la possibilità di ricevere denaro per gli autori.

C’è un bel pezzo qui con alcuni dati interessanti qui. In sostanza l’autore racconta la sua esperienza e come grande attenzione non abbia sempre portato a grandi somme di denaro, anzi.

In Italia forse siamo ancora lontani da questo e anche persone con (apparente) influenza hanno paura di chiedere soldi in cambio delle idee; altri provano a racimolare qualcosina tramite Patreon e donazioni gratuite – se così possiamo davvero chiamarle.

Ma il punto è un altro: cosa accadrebbe se da domani ognuno di noi chiedesse anche solo 50 centesimi per leggere le nostre idee? Quanti avrebbero solo il coraggio di provarci?

Conosco bene la risposta e immagino anche tu che leggi.

Ma il messaggio che voglio dare è questo: quando chiedi alle persone di pagare è tutta un’altra storia.

E adesso si consideri questo: lo stiamo già facendo.

Anche se non chiediamo denaro, il solo concedere tempo e attenzione è una vendita e un acquisto.

E, se tralasciamo i like vuoti e facili che certi contenuti e post sanno creare, la storia è proprio questa: siamo tutti venditori.

La buona notizia è invece: dal momento che siamo tutti venditori e che vendere è ancora maledettamente difficile, abbandoniamo l’idea e l’ansia della visibilità e concentriamoci sulla vendita.

In altre parole: meno ansia da prestazione e più duro lavoro.

I social non ti hanno reso tutto facile MA

Se non vendi marketing buone notizie

Uno dei grandi problemi, a mio avviso, è l’idea che ognuno debba diventare un marketer e comunicare, padroneggiare, l’arte e i modi del marketing on line e del momento. Con alcune considerazioni che ne scaturiscono. Due.

Ieri leggevo un post in cui un’agenzia pubblicitaria cercava persone che potessero portare loro clienti. Al che un tizio ha detto “certo che se avete bisogno di qualcuno che vi porti clienti, non spenderei un euro con la vostra agenzia.”

Sacrosanto. Come può qualcuno specializzato in marketing andare in sofferenza con il marketing?

(Per la cronaca: succede continuamente. La maggior parte delle agenzie di comunicazione, anche tradizionali, quelle che ribadiscono ogni minuto la potenza e necessità del comunicare, spendono un mucchio di tempo e soldi con chiamate a freddo e visite a sorpresa – non sono aggiornato ma credo che Pagine Gialle o come si chiami adesso, faccia ancora così. Figuriamoci le altre.)

Ma se non se un marketer, se vendi servizi tecnologici o finanziari o sei un coach del benessere, non c’è alcun motivo per cui tu debba pensare che funzioni tutto in entrata e seguendo l’idea contenuti gratuiti – video – ebook- funnel e altre diavolerie.

Penso che non lavorare nel marketing possa essere un vantaggio: non devi venderti come fa il marketing!

A volte le cose vecchie sono più veloci

All’inizio della mia avventura su LinkedIn ero dall’altra parte, da quella dei lavori meno fighi. Il mio compito era trovare clienti nel settore finanziario-assicurativo. Passavo le giornate guardando nei gruppi e leggevo ogni giorno di questo o quel cliente che aveva un problema da risolvere. La soluzione, chiaramente, ce l’avevamo in tanti. E tutti commentavamo proponendo le nostre magie.

A un certo punto ho fatto qualcosa di diverso: ho alzato il telefono e chiamato (su LinkedIn ci sono i numeri di telefono!)

In meno di tre mesi aveva superato ogni budget prevedibile.

La morale: pensiamo che il telefono sia vecchio e la rete velocissima, ogni tanto però è il contrario. Non buttiamo via ciò che ha sempre funzionato.

Chiedere è l’arma segreta

Quando parlo con le persone, quasi tutte sono molto sicure sulla propria competenza e sulla propria offerta. E quasi tutti concordano sul fatto che, con una visibilità adeguata, avrebbero un grande successo.

Tutti sottovalutano una cosa: più veloce della visibilità, cioè farsi vedere a tot persone per intercettarne una giusta, c’è il chiedere direttamente alle persone giuste.

Chi è il tuo cliente ideale? Chiedi.

Questo non è spam. È la vendita.

p.s. Attenzione che ci vuole poco perché diventi il contrario.

In realtà sanno chi sei (o il contrario)

La settimana scorsa, non ricordo come, sono entrato in contatto con un manager di una grossa azienda. Mi ha detto “ti seguo da tanto tempo”. Succede.

Spesso pensiamo che la storia inizi quando l’altro si palesa, quando siamo “collegati”, quando riceviamo un like. In realtà l’effetto familiarità e la natura silenziosa di certi rapporti, ha un grande peso.

E spesso, come dicevo prima, bisogna solo iniziare a parlare. E chiedere.

Di contro, ogni tanto, cito uno o l’altro tizio che seguo con grande ammirazione. Persone con visibilità altissima… e il mio interlocutore non ne sa nulla. Viviamo spesso in bolle artificiali create dall’algoritmo e dalla nostra testa.

Non bisogna dare nulla per scontato: chiedere e parlare direttamente è molto più veloce.

Se sei una squadra, agisci da squadra

È un problema frequente ma una volta non riuscì a mantenere la calma. Lavoravo con un team di vendita, oltre 50 persone, e li supportavo nella creazione di contenuti e nella strategia on line.

Un giorno il Ceo, chi mi aveva assunto, mi chiamò seccato.

“Mi spiace, ma stiamo pensando di non rinnovare il contratto. Non abbiamo alcuna risposta.”

“Grazie al cazzo” dissi.

E per quanto poco elegante sono ancora convinto di aver scelto con cura le mie parole.

Se sei una squadra e non lavori da squadra, è chiaro che non funzionerà mai.

Prova a dire alle tue persone di fare gruppo e condividere le splendide idee della tua azienda. Poi ne riparliamo…

La comunicazione interna è (ancora) più importante

Però è chiaro che senza consapevolezza non nasca impegno. Perché le persone di un’azienda dovrebbero condividere le idee dell’azienda e non quei fantastici meme che acchiappano tanti like?

Qui è il solito problema del pesce, che puzza dalla testa.

Se il management non è convinto, non lo sono neanche le persone.

Se non dici dove vuoi andare, non ti seguiranno.

Però le persone vogliono parlare con le persone (o comunque gli algoritmi vogliono così)

Altro punto, continuando il discorso “aziendale” è che le persone vogliono parlare con le persone, non con i brand e con le pagine.

  1. Vedo professionisti e freelance che portano avanti pagine senza senso, di poco valore in termini numerici. E che dividono la loro comunicazione tra “personale” e “professionale”. Detto che questa cosa non ha mai senso, è ancora peggio quando succede su LinkedIn. Tutto è vita. Tutto è lavoro.
  2. In azienda succede invece che “la pagina” comunichi con sostanza e i commerciali e le persone siano invisibili. È il momento perfetto per fare l’opposto, o di sicuro per rendere le persone protagonisti della storia. Cristiano Ronaldo ha più impatto del suo datore di lavoro. Quasi sempre succede anche in altri e piccoli contesti. Se poi hai paura che le tue persone diventino troppo importanti… è un’altra storia, un altro problema.

Invertire il percorso (dall’off line all’online)

Infine, c’è il fatto che siamo in generale ingiusti con questo mondo on line. Pensiamo debba risolverci la vita e metterci le ali ma non facciamo mai molto in cambio.

Consigli spiccioli per i venditori senza visibilità

Parla con le persone giuste senza passare dal via

Hai scritto qualcosa > individua 5 persone che pensi possano essere interessate e invialo per messaggio spiegando perché potrebbe essere interessante. Succedono quasi sempre tre cose: ti ignorano, ti mandano a quel paese, inizia una conversazione. Quasi sempre, direi ne valga la pena.

I like si pesano non si contano

Ignora i numeri e approfondisci da dove vengono. Se hai 100 like di tuoi colleghi, concorrenti o perditempo seriali, non servono a niente. Se ne trovi uno di valore, in linea con ciò che fai, sii propositivo e avvia una conversazione. Pensare che tocchi a lui esporsi e dire quanto ha bisogno di te, potresti aspettare una vita.

Se vorresti che interagissero con te, interagisci con loro

Nel tuo stesso settore c’è un professionista che gode di una grandissima visibilità e riceve un sacco di consenso. Trova chi interagisce con lui, interagisci direttamente con loro.

Concretamente: scrivi e inizia una conversazione senza aspettare la magia.

Magari il tizio con grande visibilità ha poco tempo o poca voglia per parlarci. O magari aspetta che debbano essere gli altri a farlo perché i marketer fanno così.

Fallo tu.

Qualcuno che ti ascolti.

Qualcuno, non tutti o tanti.
Che ti ascolti, non che metta like o ti faccia le fusa.

Che ti ascolti, che abbia davvero interesse a farlo e che lo faccia con attenzione.

“A volte 1 e1 fa 11”

Fai 11. Anche unendo due 1.

………..

Se non sai niente di me
34 anni, due figli, due cani. Aiuto grandi persone a fare grandi cose sfruttando le idee e il digitale – mi definisco Thinking Partner perché fa figo. Se ti è piaciuto ciò che hai letto corri a mettere uno o dieci like in giro per i social e su LinkedIn. Oppure entriamo in contatto, parliamone e iniziamo a fare insieme grandi cose.
P.s. L’ultima frase è di mia moglie 🙂

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