Scegliere è separarsi. Da una possibilità, da un percorso, da una persona, da un sentimento, da un desiderio. E separarsi si sa, non è mai facile. Perché si possa parlare di scelta, infatti, deve esserci necessariamente una dimensione – quella appunto, “lasciata” – che rimane alle nostre spalle e da cui noi, in virtù della nostra decisione, ci separiamo. Il sentimento di (in)sofferenza che è alle volte associato al momento della scelta sembra quindi riconducibile al timore di una separazione inevitabile fra noi, che scegliamo, e quell’insieme di possibilità che abbiamo deciso, in un modo o nell’altro, di lasciare intentato.
La nostra vita ha naturalmente e passivamente – nella misura in cui non è entrata in gioco alcuna scelta – vissuto separazioni irreversibili, in termini biologici e relazionali. A ben vedere queste esperienze, a livelli diversi della nostra coscienza, hanno lasciato un segno, una sofferenza, che ci ha resi ciò che noi siamo oggi. Siamo nati attraverso la separazione dal corpo di nostra madre; abbiamo provato e proveremo la sofferenza legata al distacco per la morte di nostri cari o di nostri amici, in attesa dell’ultimo, grande commiato, a cui noi tutti siamo destinati.
Viviamo, quindi, nella consapevolezza che la separazione è parte e essenza della nostra vita, un sentimento che nel tempo abbiamo imparato a (ri)conoscere e che, in quanto tale, cerchiamo di arginare e di circoscrivere. Ed è proprio nel tentativo di opporci a questa radicale solitudine a cui siamo destinati, che, nel corso della nostra vita, sviluppiamo una singolare propensione – del tutto irrazionale, se ci pensiamo bene – ad affezionarci, innamorarci, a mettere radici profonde, pur sapendo che tutto è destinato a lasciarsi. Creiamo legami forti per non arrenderci alla condizione di profonda solitudine attraverso cui siamo venuti al mondo, e in cui, inevitabilmente, ci congederemo.
In questa ottica la scelta, nel suo riproporsi come necessaria separazione, ci impone di rivivere nella quotidianità quel sentimento di irreversibile allontanamento che noi cerchiamo, consciamente e inconsciamente, di dimenticare. Per questo non amiamo scegliere. Anzi, rimandiamo, ci nascondiamo. Perché ci ricorda la nostra natura, ciò a cui siamo destinati. Scegliere è un po’ come morire. Decidere di separarci da un’opportunità, da una persona, da un desiderio ci fa rivivere la sensazione di distacco in cui si esemplifica la nostra finitezza e la nostra consapevolezza di essere, in questa realtà, solamente passeggeri.
Diventa ciò che sei, diceva Nietzsche. Quando, trovandoci davanti a una scelta, non sapremo cosa tenere e cosa lasciare indietro, ricordiamoci che siamo fatti di scelte e separazioni. E’ la nostra natura. E tutto sommato, se non sappiamo quale strada scegliere vuol dire che, in una realtà in cui tutto è destinato a finire, siamo stati abbastanza coraggiosi, abbastanza irrazionali, da costruire legami e possibilità che è difficile lasciare indietro, da cui è difficile separarsi. E non c’è niente di meglio.