PromemoriaSe non chiudere almeno socchiudere internet

A leggere le interminabili sciocchezze in rete ci si comincia a stufare e serpeggia una certa amarezza in molti di noi indotti spesso a pensare - parafrasando un film cult di qualche anno - il famo...

A leggere le interminabili sciocchezze in rete ci si comincia a stufare e serpeggia una certa amarezza in molti di noi indotti spesso a pensare – parafrasando un film cult di qualche anno – il famoso detto “pensavo fosse amore e invece era…” qualcos’altro. Sto pensando alla montagna di bufale o le tante manipolazioni informative in rete e per come un certo web tende sempre più ad estroflettersi nelle bacheche di ciascuno di noi. Forse non ci si rende conto di quanto stia stancando questa imprescisione e ondivaghezza spesso mista al terrorismo delle parole a cui sovente si toglie sempre più peso valoriale ed etico. Ma ci sono sussulti di insurrezione almeno nel giornalismo con i santi crismi. L’ultimo in ordine di tempo lo si legge su un report pubblicato da Il Foglio quando un giornalista di Fox News stoppa (finalmente) le farneticanti considerazioni apocalittico-complottiste a seguito del rogo di Notre Dame de Paris. Tutto normale se fossimo ai tempi pre-social ma adesso fa scalpore una simile presa di posizione quantomeno da parte dell’informazione “ufficiale”. Persino i media stanno vivendo questa sorta di risveglio coscienziale nei confronti del web che avrebbe dovuto unire le intelligenze e invece sta addirittura facendo il contrario ovvero raggrumare le deficienze. Le quali – elemento aggravante – fanno quasi cartello per somministrare e viralizzare ad ogni evento bufale di ogni tipo, fake news prive di senso innescando il dileggio contro un bersaglio e sopratutto dribblando il contraddittorio, principio fondante di quel che la filosofia e la teologia scolastica chiamano disputatio, il confronto e la negoziazione delle posizioni. Quando poi questa modalità dell’inesatezza sparsa per le vie della comunicazione arriva ai livelli più alti di responsabilità sociale come la politica allora siamo portati a parlare di vera e propria emeregenza globale.

Christian Rocca – nel suo strepitoso saggio “Chiudete Internet – una modesta proposta” per i tipi della Marsilio – offre una deliziosa riflessione che è paradossale, apparentemente irricevibile ma sotto sotto ci si crede se si legge il libro. Nel tempo del grande caos, della gran confusione di opinioni in giro per la rete, si avverte sempre più l’esigenza (atavica, antica quanto l’uomo) di trovare una quadra o meglio di fare sapiente arte del discernimento. Un concetto portato alla ribalta dal dibattito filosofico e teologico ma che serenamente può essere applicato alle scienze storico-sociali e quindi ai processi della comunicazione contemporanea.

Nella user experience è mancato infatti questo aspetto per cui tanti – dicono le ultime ricerche -stanno sul web possessori ma non in modo consapevole. Per dirla con una battuta si è account ma senza account-ability pertanto non ci si sente respos-abili delle proprie affermazioni, si posta la qualsiasi pur immuni dal dovere di rendicontare, argomentare, muoversi in verticale analizzando quanto scritto. E magari scusarsi per le eventuali sciocchezze proferite come regola appunto il principio di rettifica per chi fa informazione.

Una vera e propria carneficina a mezzo click il cui bilancio è pesantissimo oltreché tristissimo: Secondo uno studio in occasione del Safety Internet Day migliaia di utenti nel nostro paese dichiara di essere stato vittima diretta – o di conoscere almeno un amico o familiare che ha vissuto esperienza annesse ai cosiddetti rischi online: fake news e bullismo. Il fenomeno delle bufale in Italia ricorre poi con più probabilità rispetto al resto dell’Europa: 62% degli italiani si imbatte infatti nelle notizie false contro il 57% a livello globale. Anche il bullismo è uno dei tre rischi più diffusi nel nostro paese: il 52% degli intervistati vs il 51% nel mondo dichiara di aver ricevuto offese online, in particolare di essere stato definito con nomi denigratori. Attraverso questo pamphlet l’autore Christian Rocca – quindi – lancia un duro j’accuse contro la società – già molto liquida e protesa sempre più all’aeriforme – che vuole fare a meno della competenza e dell’esperienza ma – aggiungo io – vuole escludere la consapevolezza degli ambienti digitali abitati da ciascuno di noi.

Pensavamo fosse amore, dicevo all’inizio. E invece siamo in preda all”impazzimento”. E – scrive l’autore – l’impazzimento generale nasce però da una formidabile idea, talmente accattivante che si fatica a rinunciarvi: tutto il sapere del mondo a portata di tutti; fine dell’ignoranza; progresso assicurato. Sono cose meravigliose, irrinunciabili. Purtroppo non è andata sempre così: con l’informazione circola anche la disinformazione e, inoltre, la possibilità di accedere in modo istantaneo a questa massa non filtrata di dati e di nozioni, oltre alle bufale, cancella quasi del tutto la capacità di selezionare, di valutare, di discernere. Cioè di conoscere. Il paradosso è che prevale l’ignoranza mista ad arroganza. Più precisamente, prevale il non sapere di non sapere.

la promessa di nuova libertà si è rivelata campo di battaglia per altri monopoli, terreno fertile per interessi opachi, conflitti e forme crescenti di controllo e dispotismo


Christian Rocca, Chiudete Internet (Marsilio 2019)

Questo testo – personalmente parlando – è stato letto, condiviso e dibattuto tra i miei studenti e lo consiglio sopratutto dopo la recente re-introduzione all’esame di maturità dei temi di cittadinanza e costituzione. Molti cosiddetti millennials infatti, usano con sorprendente abilità gli strumenti tecnologici, ma spesso trascurano la sicurezza on line e l’etichetta. Per diventare cittadini digitali consapevoli, però, non basta saper usare le tecnologie digitali: occorre prima di tutto una formazione di base sull’informatica ed una buona educazione all’uso responsabile delle tecnologie. Ma il libro di Rocca non è solo una possibile “mediazione” sul piano educativo e didattico. E’ una quaresima di meditazione per quello che la wulgata (la w è un’intuizione straordinaria di un mio alunno ) chiama classe dirigente sia essa politica, che intellettuale e imprenditoriale del nostro paese.

E’ un richiamo anzitutto a non demonizzare la rete ma a un invito a vederne luci ed ombre per cui se non si può chiudere almeno si può socchiudere internet nel senso che capirne certe dinamiche ci farebbe bene nelle dita (meno click) e nell’animo (più relazioni intelligenti). Fra tutti i dossier analizzati nel libro quello che invita alla difesa della democrazia nell’era della rete regolamentando le piattaforme digitali – multinazionali quotate in borsa – così come si è fatto sia per le grandi trasformazioni comunicative del secolo scorso che per le riforme energetiche e infrastrutturali globali. Ma – per l’appunto – evitando patetici appelli pseudo ascetici ad abbandonare i social e la rete; ma al contrario combattendo il fanatismo globalista per portarlo su posizioni meno emozionali ma più oggettive, verso un’informazione puntuale e argomentata, verso una navigazione laica e consapevole, partecipata ma equilibrata. Ciò detto la lettura del libro è un’invito a tutti a tenere assieme e con intelligenza il diritto al web col dovere di abitarlo nel buonsenso, nel rispetto delle libertà altrui e nella massima attenzione al senso logico delle cose.

Da qui – senza scandalo – un nuovo imperativo etico: pensa ergo clicca. In caso contrario spegni (per un po)…

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