In vista delle Europee di domenica, abbiamo fatto una chiacchierata con alcuni candidati individuati tra i ranghi dei Millennials dei principali partiti italiani. Stamattinia pubblichiamo Brando Benifei, candidato con il Partito Democratico nella circoscrizione nord-ovest, già più giovane deputato dell’Europarlamento nella scorsa legislatura.
Due sfide per l’Europa che secondo te hanno la priorità e come ai affrontano nei prossimi 5 anni.
Se vogliamo rilanciare il sogno europeo anche verso coloro che oggi soffrono una forte disaffezione, le politiche sociali e l’ambiente dovranno essere la nostra priorità. Le politiche sociali, che devono accompagnarsi a buone politiche del lavoro, sono fondamentali per combattere le diseguaglianze e il disagio sociale nati dalla crisi e da anni di austerity, che hanno abbandonato a se stesse le fasce sociali più deboli. Introdurre un sussidio di disoccupazione e confermare modelli come il Fondo Sociale Europeo Plus sono azioni fondamentali in questa sfida. Vanno poi bandite forme di lavoro assimilabili a vero e proprio sfruttamento, come i tirocini gratuiti, per creare occupazione giovanile di qualità. Al tempo stesso, l’ambiente è il tema su cui l’Europa può giocare un ruolo da protagonista, dando l’esempio anche ad altre potenze. Oggi fermare il cambiamento climatico è fondamentale e dovremo prendere tutte le iniziative necessarie a contrastare il collasso del pianeta. Inoltre con la conversione a un’economia verde potremo creare nuova occupazione e sviluppare nuove competenze, oltre che combattere le diseguaglianze (si pensi agli effetti di migliori politiche sull’efficienza energetica). Dobbiamo vigilare sul rispetto dei limiti delle emissioni e rinforzare ancora di più le nostre politiche contro i rifiuti in plastica, prevedendo norme europee contro il
il consumo del suolo e per i rifiuti speciali.
Ambiente, il tema del futuro: tornare indietro per inquinare meno o andare avanti ed efficientwrsi di più?
Per inquinare meno non serve andare indietro, anzi bisogna andare avanti verso sistemi produttivi sostenibili e verso l’economia circolare. Oggi dobbiamo supportare la ricerca per cambiare il modo in cui produciamo e in cui usiamo l’energia. Su questi temi l’UE è stata molto attiva in questa legislatura, nei prossimi 5 anni dobbiamo intensificare anche la nostra azione esterna per coinvolgere i nostri partner e le altre potenze nella lotta al cambiamento ambientale. Dobbiamo combattere le emissioni approvando limiti più stringenti, migliorare l’efficienza energetica degli edifici, promuovere a livello europeo un quadro generale per combattere il consumo del suolo e prevedere una pianificazione urbana e territoriale in linea con i nostri obiettivi, introdurre politiche ulteriori sulle microplastiche e sullo spreco alimentare.
L’Europa è governata dagli Stati: per questo si ragiona a politiche nazionali e non europee. Nel dibattito come ti poni?
Fin da giovanissimo sono membro del Movimento Federalista Europeo. Credo che oggi il piano nazionale non sia più sufficiente per affrontare le sfide globali, e solo una federazione tra Stati può porre l’Europa in grado di competere sullo scenario globale, dando però al tempo stesso piena rappresentanza a ogni Stato membro. Non possiamo più subire gli interessi privati contrari a quello comune: per questo occorre modificare i trattati e fare in modo che le proposte più importanti, anche se spinose, non finiscano arenate in Consiglio come spesso
abbiamo visto.
Nord africa e migrazione: cosa propone un candidato al Parlamento Europeo?
L’Unione Europea deve avere una strategia chiara per l’Africa, anche perché l’esplosione demografica che quel continente sta vivendo andrà a incrementare i flussi migratori. Il gruppo dei Socialisti & Democratici sostiene da tempo la necessità di una partnership strategica e di
un piano d’azione per lo sviluppo della regione, e molte iniziative sono già state messe in campo. Abbiamo ad esempio lanciato progetti per migliorare le competenze e la condizione di giovani e donne, lavorando anche a progetti di sostenibilità ambientale, per promuovere sviluppo e rallentare l’emigrazione. Lì dove possibile, dovremmo utilizzare la nostra azione esterna per porre fine ai conflitti che causano esodi e spopolano regioni con enormi potenzialità. Il fenomeno migratorio non va però tratta come un’emergenza. È una dinamica
strutturale, e quindi nei prossimi 5 anni sarà necessario modificare il Regolamento di Dublino per stabilire un meccanismo organico di ripartizione dei richiedenti asilo tra paesi europei, una riforma finora osteggiata dal gruppo di Visegrad e dalla Lega.
Cina e Russia: due giganti con cui parlare o battersi?
Cina e Russia sono attori importanti nello scenario mondiale, ed è quindi ovvio che l’Unione Europea possa e debba dialogare con loro per provare a rispondere a problemi comuni (pensiamo alle sfide ambientali). L’Europa deve però tutelare i suoi interessi e i suoi valori: non
possiamo svendere il modello sociale europeo né i diritti umani, civili e sociali faticosamente conquistati. Non dobbiamo dipendere da altre potenze, né temere l’espansionismo altrui. Per questo, occorre un esercito comune europeo e una politica comune che metta in secondo
piano gli egoismi dei singoli paesi
Siamo passati da fondatori ad essere piuttosto isolati su molti temi. Come può contribuire l’Italia allo sviluppo dell’Unione nei prossimi anni?
L’Italia è uno dei paesi fondatori dell’UE e una delle nazioni che più hanno contribuito alla riflessione sull’Europa, pensiamo ad Altiero Spinelli o a Giuseppe Mazzini. Oggi dobbiamo riprenderci il ruolo che ci spetta per storia e per via dell’importanza sociale ed economica del
nostro Paese, dialogando in maniera costruttiva con gli altri Stati membri per riformare l’Europa e le sue istituzioni, invece che lavorare per distruggerla e fermare ogni riforma utile come sta facendo l’attuale governo. Dobbiamo usare le potenzialità dateci dalla nostra posizione geografica per esercitare un ruolo fondamentale per il dialogo con l’area mediterranea, una regione che sarà sempre più importante per governare cambiamenti importanti nei prossimi anni. Con l’importanza della sua economia, inoltre, e la qualità delle figure che forma, l’Italia può contribuire in maniera rilevante alla transizione verso nuovi modelli. Soprattutto, occorre lavorare con gli altri Paesi che sentono la necessità di modificare i trattati, per poter ridare slancio alla nostra struttura istituzionale permettendoci di intervenire
lì dove finora siamo stati inefficaci.