Liberalizzazioni immaginarieUna nuova Europa, una nuova concorrenza

Concorrenza anno zero. La coincidenza temporale tra la prossima apertura del nuovo Parlamento europeo – e quindi la nomina della nuova Commissione – lo scontro commerciale fra Usa e Cina, e il rece...

Concorrenza anno zero. La coincidenza temporale tra la prossima apertura del nuovo Parlamento europeo – e quindi la nomina della nuova Commissione – lo scontro commerciale fra Usa e Cina, e il recente blocco all’acquisizione di Alstom da parte di Siemens mi fa pensare a una tempesta perfetta da cui il libero mercato, nocciolo duro della globalizzazione, non può trarre altro che benefici.

I casi citati, rispettivamente nel settore telecomunicazioni e in quello dei trasporti, infatti racchiudono nelle loro stesse identità il come si risolvono i problemi oppure come, al contrario, si possono creare danni irreparabili. Nonostante che il contenzioso tra Washington e Pechino abbia anche un retrogusto geopolitico, la procedura adottata dalla Casa Bianca per sostenere le major Usa dell’Ict contro Huawei rischia di rivelarsi del tutto inefficace. Anche in questo caso, Trump non si smentisce nell’attaccare l’avversario, per poi aprire le trattative una volta che l’ha messo a tappeto. Stavolta però non è detto che il colosso cinese sia fatto di piedi d’argilla. Al bullismo made in Usa, potrebbe far fronte un atteggiamento altrettanto fuori gli schemi da parte della Cina. Così senza che risponda ai principi della libera competizione, di cui tuttavia gli Stati Uniti si dichiarano da sempre alfieri.

Il rischio? Forse è banale come risposta, ma è assai probabile che la prima a rimetterci da questa messicanizzazione del mercato globale delle telecomunicazioni sia proprio l’Europa. Perché, rispetto agli Stati Uniti, le nostre tecnologie sono arretrate in maniera siderale. Mentre per la Cina – anche a causa del nostro gap con l’alleato atlantico – altro non siamo che una prateria da conquistare. Gli smartphone Huawei coprono infatti il 29% del mercato comunitario, contro l’1% di quello statunitense. È logico che se Google blocca ai cinesi l’utilizzo del suo sistema operativo Android – e a ruota segue il boicottaggio di Amazon e Microsoft – le prime vittime siamo noi.

Per questo riprendo il discorso di Siemens su Alstom. La promozione dei campioni non va in antitesi alla libera concorrenza. E ancora, la regolamentazione del mercato non è un ostacolo al mercato stesso. Ce lo insegna in primis Marx, il capitalismo è come il gas che si adegua agli spazi vuoti che trova nella sua espansione. Questo può essere un bene, come altrettanto può avere effetti incontrollabili e imprevisti. Un fiume in piena è una fonte inesauribile di energia, quanto anche una potenza devastante. Un fiume con degli argini è una grande risorsa, sicura per chi vi abita vicino. Il matrimonio che “non s’ha da fare” avrebbe rischiato di generare un monopolio in un settore – ferrovie, trasporti – in cui è molto più urgente fare concorrenza piuttosto che rafforzare chi è già forte. Se la Commissaria europea per la concorrenza, Margrethe Vestager, non si fosse posta di traverso all’operazione, ci troveremmo in casa uno scenario senza regole e dalle potenziali ripercussioni peggiori di quelle che aleggiano sulla tenzone in corso tra Usa e Cina. Todos caballeros può funzionare per Trump, o per i cinesi, ma non per chi della concorrenza e dell’integrazione tra i mercati ne ha fatto un diritto umano, un punto di riferimento identitario di pace e benessere diffuso.

A dispetto di chi la critica e soprattutto di chi l’ha giudicata in un certo modo alle elezioni domenica scorsa, la forza dell’Europa sta nella capacità di regolamentare al fine di promuovere, disciplinare nell’ottica di riconoscere a tutti il diritto di impresa, governare per coordinare le sue voci soliste e farne una sinfonia a contrasto dei mercati emergenti come anche degli alleati più forti. Tutto questo si è palesato proprio nell’Ict. Come ricorda Cristian Rocca nel suo recente “Chiudete internet”, è grazie al Regolamento generale sulla protezione dei dati, che i colossi del digitale non possono in Europa fare carne da macello dei dati personali e abusarne per manipolazioni commerciali, sociali e politiche.

Bruxelles non è contro la crescita dimensionale di un’impresa. Tuttavia contrasta, pardon, previene quelle concentrazioni che potrebbero nuocere ai consumatori. Vedi il caso Alstom-Siemens, e soprattutto i precedenti delle multe ai giganti della Sylicon Valley e la vicenda Microsoft-Windows, firmata Mario Monti.

Ma quali sono i settori in cui questi tentativi di concentrazione vengono combattuti con maggiore efficacia dalla Commissione Ue? Lo scorso anno, la stessa istituzione indicava in manifatturiero, costruzioni, trasporti e Ict i comparti in cui era dovuta maggiormente intervenire. Questo vuol dire, parlando del comparto di mia competenza, che il mercato italiano non è abbastanza libero, come invece dovrebbe per essere competitivo e solido. D’accordo, per fare come il Regno Unito avremmo bisogno di tutta un’altra cultura e tempi biblici di realizzazione. Però, vista la dimensione media delle imprese italiane, la liberalizzazione dei trasporti non aiuterebbe soltanto la concorrenza, ma anche la creazione di campioni nazionali (privati!) tali da poter confrontarsi, peer to peer, con soggetti d’oltreconfine e a quel punto sì realizzare una politica industriale comune extra-Ue. Questo perché la competizione non è più tra Paesi europei, ma tra l’Europa e il mondo esterno. Inoltre, la liberalizzazione dei trasporti, su base comunitaria, farebbe da filtro ai tanti casi di conflitto di interesse e alle vicende di corruzione che si annidano a livello capillare nei piccoli territori dell’Unione. Situazioni di cui in Italia siamo ben consapevoli.

Siamo all’anno zero quindi perché, con la nuova Europa, le occasioni di dare un senso concreto a queste riflessioni ci sono. Pensiamo infatti ai passi da gigante compiuti dai trasporti negli ultimi cinque anni. Nel 2014 il car sharing era ai primi passi. Le conquiste fin qui ottenute nascono dalla proficua sintesi tra la creatività innovativa delle imprese e da un sistema di regolamentazione che ne ha permesso la crescita.

Anno zero perché la prossima Commissione dovrà fare della contendibilità dei mercati un pilastro della politica industriale comune. L’ultimo Consiglio europeo, che si è riunito a marzo scorso, ha indicato proprio la necessità di dotarsi di una visione industriale, che garantisca la concorrenza per promuovere la crescita economica e la competitività, in linea con gli interessi strategici a lungo termine dell’Unione.

Pochi giorni fa, il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha chiesto al governo italiano di impegnarsi affinché un Commissario con una delega qualificata in campo economico abbia la maglia azzurra. Al netto dei nomi e del totonomine che tra poco prenderà il via, io mi limito a sottolineare la necessità di libro bianco sulla concorrenza Ue, contenente le misure necessarie per il completamento del mercato unico. Un nuovo “Rapporto sul futuro del mercato”, il cui autore – manco a dirlo – era stato Mario Monti.

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