Elezioni 2013, tutte le strade portano a Monti

Elezioni 2013, tutte le strade portano a Monti

La rinascita di Monti è innegabile. Il premier stanco, rattristato, secondo il gossip di palazzo, anche da ambasce familiari, alle prese con un governo un po’ così in cui i ministri, quando non latitano, fanno gaffes, mentre nei partiti cresce la voglia di farla finita con i tecnici, ebbene questo premier stanco e rattristato ha avuto un improvviso soprassalto nell’ultima settimana, segnando punti nel dibattito europeo e anche nel duro scontro italiano.

In realtà finora i tecnici prestati alla politica hanno sempre dato buona prova e si sono rivelati politicamente più longevi di chi li aveva messi in sella sperando nella breve durata. Basti pensare a Carlo Azelio Ciampi o a Romano Prodi e persino all’irrequieto Dini per vedere come le new entry nella politica hanno sempre saputo mettere radici, ciascuno a suo modo.

Monti era stato preceduto da una chiara fama di moderato, da un cursus honorum eccellente in cui rifulgeva il ruolo europeo, soprattutto piaceva al presidente della repubblica. Molti pensavano a un breve regno. Due colpi e via. Invece il Professore, come i suoi predecessori, soprattutto i più eccellenti, ha rivelato carattere visto che sapienza già gli veniva riconosciuta, Il vero colpo di fortuna, per Monti e per i tecnici, meno per il paese, è che in questi mesi i partiti hanno fatto poco per autoriformarsi aumentando la capacità di presa addirittura di Beppe Grillo, testimonial eccellente anche di chi, dopo averli votati, ha scoperto di disprezzare Bossi e Berlusconi (miserie della borghesia italiana!).

La forza di Monti è però anche in una sua qualità che nella politica difetta: è uno statista, nel senso tecnico del termine, cioè ha la visione e la formazione culturale per parlare a nome del paese. Gli altri capi di governo europei, e lo stesso presidente Usa, gli riconoscono questa qualità che rende assai più difficile l’ascesa ovvero il ritorno dei vecchi politici.

Non è per caso che i più avvertiti di loro, proprio quelli che alla politica sono più affezionati, sia ai suoi riti sia alle sue ormai rare virtù, cominciano a pensare che senza Monti non si può stare neppure dopo il 2013. Nel mondo della politica che conta si fa strada l’idea che con Monti il paese abbia acquisito una credibilità difficilmente sostituibile e che quindi convenga chiedergli di restare là dove è oggi. Non sarà un passaggio facile.

È difficile che dopo il voto ci possa essere una maggioranza come quella attuale anche perché pochi scommetterebbero sull’esistenza delle stesse forze politiche attuali e sulla loro forza, Monti potrebbe essere il suggello, quindi, del patto riformisti-moderati, quel di più che aggiungerebbe a una coalizione strana il meno che le verrebbe sottratto dal suo deficit politico. Mancano ancora molti mesi al voto. Le congetture si inseguiranno, e, come si dice al Sud, le chiacchiere stanno a zero, ma nei prossimi mesi ci sarà un protagonista in più che in tanti immaginavano già consegnato alla naftalina.

Molti gli spareranno addosso, la sinistra radical, anche quella che emerge nel Pd, rivendicherà i diritti della politica con un ragionamento sacrosanto a condizione che la politica mostri la stessa competenza e anche la stessa tempra dell’attuale premier. La sostituibilità di Monti sarebbe, infatti, più facile se i partiti si autoriformassero, ma le interviste e i libri di molti suoi protagonisti, compresi i giovani leoni, danno sensazioni innegabili di vuoto.

Fu in quel vuoto che si celebrò sia la stagione di Ciampi sia quella di Prodi. Quella di Monti è del tutto diversa, anche più difficile, perchè i primi due, e con loro Dini, ebbero un mandato dai partiti, l’attuale premier lo riceve nell’agonia dei partiti. Può aiutarli a risorgere solo restando a Palazzo Chigi. Qualunque cosa diranno i sondaggi ho l’impressione che ancora per molto tempo la maggioranza degli italiani preferirà comprare un’auto usata da lui piuttosto che da altri.

Spingerlo a restare lì dov’è potrebbe essere anche il gesto generoso e carico di egemonia del segretario del Pd anche per mettere a tacere il cicaleccio che affligge il suo partito e che diventa giorno dopo giorno sempre più fastidioso.

(prima pubblicazione il 5 luglio)

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