La domanda è già rimbalzata in più occasioni nei vari forum dedicati agli alimentari, ma anche in generale alle curiosità rintracciabili in internet. «Chissà da dove viene la carne che serve a confezionare i kebab?». In Inghilterra qualcuno ha già condotto diverse inchieste a livello giornalistico, mentre in Italia le leggende metropolitane si sprecano. Nel kebab ci macellano gli occhi e le ossa degli animali – si scrive in alcuni siti – e subito arriva sotto la risposta dello scettico di turno, che spiega come l’origine non gli interessi perché il kebab è buono.
Si sprecano naturalmente anche i dibattiti sulla composizione della carne, per alcuni di montone, per altri di tacchino, per altri ancora di pollo. Nei siti inglesi la questione è diventata quasi a livello di guerra religiosa, visto che in un’inchiesta si accusano i turchi e iraniani che producono kebab, di metterci anche carne di maiale, compiendo di fatto un sacrilegio. E i kebab distribuiti lungo la penisola da dove vengono? La risposta a questa domanda è molto più semplice del previsto, perché la carne del kebab viene prodotta in Italia, in alcuni casi addirittura da italiani. Cioè controllata, in molti casi al massimo, e prodotta secondo le vigenti normative.
Ad esempio a Piacenza: terra di grandi tradizioni culinarie, una fabbrica gestita da emiliani doc – il cognome Fiorani è una garanzia – produce carne da kebab, che non soltanto serve i chioschi e i take away, ma oggi sta lanciando l’assalto anche alla grande distribuzione. L’azienda si chiama “Il Sole” e da qualche tempo i prodotti hanno invaso le corsie dei supermercati con il kebab italiano.
L’azienda piacentina si sta organizzando anche per produrre propri franchising, che per il momento servono le multisale cinematografiche con il marchio, dal nome decisamente evocativo Spiedonny. Se le carni sono italiane il metodo di lavorazione della società, nata nel 2009, è invece fedele alla tradizione. L’industria piacentina applica il metodo di macellazione Hallal, che viene utilizzato nei paesi che sono la culla del kebab. Il tipo di prodotto mescola invece carni avicole a carni bovine. Inventando in un certo senso una tradizione italiana.
Il termine kebab deriva dal turco e significa letteralmente “carne arrostita”. L’origine è riconducibile alla scarsità di combustibile delle popolazioni spesso nomadi del medio oriente. Stando alle varie tradizioni sono ammessi tutti i tipi di carne, tranne quella di maiale per ovvi motivi religiosi. Secondo alcuni il piatto originale prevede l’utilizzo di carne di montone. In realtà la diffusione del piatto in varie zone d’Europa, iniziata nel 1800 con la dominazione ottomana, ne ha in larga parte modificato la ricetta.
In Italia l’arrivo di questo piatto risale alle più recenti trasmigrazioni di cittadini mediorientali, dovuto sostanzialmente ai flussi economici. Sono molti gli immigrati che già da anni hanno aperto piccoli negozi e rivendite di doner kebab (panino al kebab letteralmente è il tipo di pietanza più diffuso) in tutta Italia. Alcuni sindaci disturbati dall’odore forte di cipolle e spezie hanno addirittura cercato di metterli fuori legge, ma finora le cose non sono riuscite. Ne sa qualcosa Alì Yansulak, cittadino turco, che qualche anno fa aprì a pochi passi da piazza Ducale nel centro di Vigevano. Ai tempi partì una battaglia di carte bollate tra comune e esercenti di kebab, yoghurterie e pizzerie d’asporto, accusati di nuocere al decoro del centro cittadino di Vigevano. L’amministrazione non la spuntò e non riuscì a far chiudere tutti gli esercizi commerciali prima delle 23.
Oggi Alì ha costruito un piccolo impero. Ha iniziato a Parona Lomellina, a pochi passi da Vigevano a produrre carni per la ristorazione, con le quali fornisce i molti “kebabbari”. Omaggia molti di loro di una maglietta arancio con il marchio della sua azienda, cioè Devra, e si sta in un certo senso qualificando come una specie di McDonald’s del kebab del vigevanese. Sono molte ormai le aziende con sede in Italia che hanno fatto il grande salto. Addirittura l’Euro Doner Kebab di Bussolengo ha compiuto i 20 anni di vita ed è già arrivata ad avere tre sedi, Veneto, Sicilia e Piemonte, nelle quali produce attrezzature per kebab e rifornisce diversi negozi sparsi per la penisola.
Aldilà delle polemiche, i produttori di kebab in Italia si stanno affermando e iniziano a rappresentare una buona fetta del mercato alimentare. Il kebab è sempre meno un prodotto di nicchia, riservato a chi viene dal Medio Oriente,e si sta classificando come un cibo trendy. Al punto che ha varcato la soglia delle multisale e viene venduto ormai in negozi dove dietro al bancone ci stanno commessi sempre più simili a quelli di McDonald’s, che ai cuochi che si trovano nel suk di Tangeri. La forza sta nella velocità di consumo e di preparazione, nel gusto particolare, nella varietà di ingredienti, ma soprattutto nell’economicità della pietanza, che in tutto questo tempo non ha mai subito ritocchi ai prezzi. Sono ormai più di dieci anni che il kebab costa 3,50 e la salsa al rafano, il cosiddetto “picant” è abbondante e in omaggio.