I profili-arcobaleno, sorti dopo la sentenza della Corte Suprema americana sui matrimoni gay, oltre a essere (forse) un trucco di Facebook per monitorare le idee in fatto di diritti dei suoi utenti, hanno provocato diverse reazioni. In Russia, ad esempio, hanno provocato questo:
Alcuni utenti, con ogni probabilità non proprio grandi sostenitori del movimento Lgbt, hanno risposto postando profili con la bandiera russa (per cui bianca, blu e rossa). Nonostante l’inventore della app, Oleg Chulov, giuri e spergiuri che l’iniziativa non è contro i gay, ma solo a favore della Russia (il patriottismo laggiù è molto forte), ci sono sospetti che le cose non stiano proprio così. Almeno, non per tutti.
Ad esempio gli hashtag sono un buon indizio: #pridetobestright e #LoveWins la dicono lunga su quanto la “non ostilità” sia una balla. Qui si fondono orgoglio russo e orgoglio etero e l’orgoglio etero e l’orgoglio russo vanno a fondersi in un concentrato di ostilità e omofobia. La cosa, però, ha radici profonde.
Nel 2013 il governo si è espresso in modo chiaro, con una legge a protezione “dei bambini dalle informazioni che cercano di negare i valori tradizionali della famiglia”, meglio nota come “legge contro la propaganda gay”. Nella sostanza accusa i gruppi di attivisti per i diritti Lgbt di diffondere informazioni false sull’omosessualità e sulla sessualità in generale. Le loro idee vanno combattute, le organizzazioni fatte chiudere. Solo il 16% dei russi crede che l’omosessualità non sia una malattia, che sia una cosa “normale”.
Come si spiegano queste posizioni ostili? In primo luogo, per ragioni storiche. Fu Iosif Stalin, nel 1933, che introdusse l’articolo 121 in cui rendeva illegali le unioni omosessuali. La legge cadde nel 1993. In più, si assommano le posizioni della chiesa ortodossa – sempre contrarie – e l’antipatia nei confronti degli Stati Uniti (e di Facebook) che invece hanno dimostrato più apertura nei confronti dei diritti civili.
Tutte queste cose insieme toccano vari aspetti dell’identità russa, dei quali l’orgoglio nazionale non è l’ultimo. Il risultato, allora, è una contromanifestazione verso il Gay Pride. Uno Straight Pride mescolato all’amor patrio (#LoveWins), con tanto di bandiere, di spirito provocatorio ma – come si vede bene dai volti truci – pochissima voglia di divertirsi.