Non ti piace l’humor nero? Sei più stupido di quelli che lo apprezzano

Chi non ama le vignette macabre tende ad avere un livello di intelligenza più basso. Chi ride beffardo per le barzellette noir, in genere ha alte capacità cognitive. La Medical University di Vienna smentisce il buon vecchio Freud

Se al racconto dell’ennesima barzelletta noir vi vergognavate del ghigno beffardo che vi spuntava in automatico sulle labbra, niente paura, ora non avete più motivo di preoccuparvi. A tranquillizzare tutti gli amanti dell’humor nero è uno studio condotto dalla Medical University di Vienna, pubblicato sulla rivista Cognitive Processing, che dimostra l’esistenza di una stretta correlazione tra il black humor e intelligenza.

La ricerca spiega come l’umorismo personale di ognuno dipende ovviamente dai fattori cognitivi ed emotivi, e che l’intelligenza ha un ruolo fondamentale nella comprensione delle battute politicamente scorrette. Lo studio ha sottoposto 156 persone – provenienti da un background culturale omogeneo – ad una serie di 12 vignette del “The black book” di Uli Stein, caratterizzate da un accentuato humor nero.
I 156 volontari hanno poi dovuto sottoporsi a test del QI verbale e non verbale e descrivere il proprio umore tramite il Zerrsen Mood Scale (un test che consiste in 28 coppie di ossimori, tipo felice-triste, e la scelta da parte di ogni candidato della parola che descrive correttamente il loro umore).

I risultati hanno portato a tre conclusioni diverse: chi aveva un black humor moderato – nel senso che aveva compreso le vignette ma non le aveva particolarmente apprezzate – ha dimostrato un livello di intelligenza e di cultura nella media. Quelli che non ridevano con le vignette macabre – poiché comprese ma assolutamente non apprezzate – hanno invece dimostrato un livello di comprensione e di intelligenza normale ma alti disturbi della personalità e livelli di aggressività. Infine, chi ha apprezzato la comicità legata all’umorismo nero – udite udite – non solo ha dimostrato di avere alte capacità cognitive e un più alto livello di istruzione, ma non ha dimostrato alcun disturbo della personalità e dell’aggressività. La cosa vi fa ridere? Bene. Siete dell’ultimo gruppo allora.

Lo studio della Medical University di Vienna ha risollevato la reputazione di chi ama le barzellette noir. Chi apprezza l’umorismo nero ha alte capacità cognitive, un più alto livello di istruzione e nessun disturbo della personalità

Nel 1905 con Motto di spirito e i suoi rapporti con l’inconscio, e poi ancora nel 1928 con L’umorismo Sigmund Freud aveva, per primo, posto l’attenzione della psicologia anche sull’umorismo. Il fondatore della psicanalisi teorizzò che l’umorismo, specialmente quello noir, non era altro che una valvola di sfogo per gli impulsi sessuali repressi e per gli impulsi aggressivi. La Medical University di Vienna ha invece stravolto le carte in tavola rivelando un collegamento tra il sense of humor e l’intelligenza. Nello specifico, le differenze tra chi ama l’humor nero e chi no dipenderebbero non tanto dall’età o dal sesso, quanto più dal livello educativo: la comicità legata a tematiche come la morte, la religione o le guerre è positivamente associata ad un alto quoziente intellettivo e ad un elevato livello di educazione. Al contrario, invece, l’instabilità emotiva, i disturbi psichici, un temperamento bellicoso e uno stato d’animo più negativo, sembrano tratti caratterizzanti di chi trova divertenti le solite (e sciatte) battute su sesso, malattie e carabinieri.

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