Siamo come nani assisi sulle spalle dei giganti, cosicché possiamo vedere più cose e più lontano di loro, non perchè abbiamo una vista più acuta o altra particolarità fisiologica, ma poiché siamo sollevati più in alto dalla loro mole gigantesca.
Bernardo de Chartres
Muoversi nell’ambito creativo non è un’esclusiva di chi opera nel campo artistico e derivazioni simili ma è una prerogativa di tutte quelle persone che si impegnano a seguire la propria curiosità e desiderio di realizzare qualche cosa di nuovo e sorprendente. E ancora, quando questo qualcosa è teso alla bellezza, a veicolare un messaggio utile diventa ancora più intrigante.
Ma la cosa che ritengo più affascinante è il modo in cui il nostro cervello è in grado di percepire e apprezzare la novità e la bellezza della forma artistica.
Mi spiego meglio: soffermarsi di fronte a un balletto classico o moderno oppure ad un’opera d’arte come Les Damoiselles d’Avignon di Pablo Picasso o Dinamismo di un cane al guinzaglio di Giacomo Balla oppure sulle pennellate di Studio dal ritratto di Innocenzo X di Francis Bacon, per osservarne il gesto, immaginarne il movimento dinamico, provando a concentrarsi sul braccio e la mano mentre tengono il pennello, oppure portando attenzione ai movimenti dei piedi, percependo la sensibilità, la forza, l’inclinazione della tela mentre l’opera veniva dipinta e la forza che si concentra sulle punte per sostenere in piedi tutto il corpo ed ogni altra sensazione che arricchisce il momento anche dal punto di vista emotivo, ci farà apprezzare e imparare a valutare l’opera, comprenderne il significato più profondo fino ad apprezzarla sempre più fino a ritenerla bella.
E dunque che cosa accade dentro il nostro cervello quando ci troviamo di fronte a un dipinto a una scultura a un movimento di danza?
La creazione di un’opera d’arte richiede un’attività motoria, fisica molto intensa (pensiamo a un musicista che suona o a un pittore che dipinge, uno sculture che scolpisce o una ballerina che balla) e perciò per dare una risposta possiamo chiamare in causa i “neuroni specchio”, la straordinaria scoperta realizzata dal Professor Giacomo Rizzolatti e dal suo team nei primi anni novanta, scoperta che ha svelato alcuni meccanismi cerebrali che ci erano sconosciuti, fino a farci comprendere le basi dell’empatia.
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