Come al solito l”annuncio, o forse sarebbe meglio cominciare a chiamarlo amo da pesca, è arrivato durante un comizio da parte Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che tra Twitter e le piazze di tutta Italia sembra sempre di più in una campagna elettorale permanente piuttosto che dietro a uno degli scranni è più importanti del governo italiano. Ma tant’è, ogni giorno è buono per una nuova sparata acchiappa attenzione, e oggi tocca alla leva, al servizio militare obbligatorio, proprio quello la cui abolizione era stata realizzata proprio da Berlusconi e dai suoi alleati leghisti nel 2004.
«Vorrei che oltre ai diritti tornassero a esserci i doveri», ha detto Salvini a Lesina, in Puglia, lasciando intendere, a quanto sembra dalle parole riportate dal Secolo XIX, che i abbiano già cominciato a «studiare i costi, i modi e i tempi per valutare se, come e quando reintrodurre per alcuni mesi il servizio militare, il servizio civile per i nostri ragazzi e le nostre ragazze così almeno impari un pò di educazione che mamma e papà non sono in grado di insegnarti».
A poche ora dalla sparata di Salvini, rilanciata poi, seguendo il solito copione comunicativo, su Twitter e Facebook, è arrivato il pronto commento del Ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che ha dichiarato sorridendo che l’idea di Salvini sarebbe solo una romanticheria e ricordato come il ripristino della leva obbligatoria sia impossibile e inutile. Molto meglio l’esercito dei professionisti, dice la Difesa.
Non ci sono molti dubbi, dunque, nel definire quest’ultima “sparata”, per usare un termine gentile, del Ministro dell’Interno l’ennesima sparata ad alzo zero, senza mira, a casaccio, giusto per tenere caldo il dibattito intorno a lui stesso e alle sue sparate, forse anche per poter fare lo gnorri sul vero dibattito in corso in Europa in questi giorni, quello sui migranti, dibattito in cui la novità, che per Salvini forse è meglio evitare di divulgare troppo, è l’apertura di Germania e Spagna alla ridistribuzione.
La leva obbligatoria su base nazionale è ormai totalmente superata dalla Storia, esattamente come l’esercito ed esattamente come lo Stato Nazione.
Ma torniamo alla proposta del ministro dell’Interno, una proposta oltre che sconclusionata, totalmente fuori tempo massimo, irrazionale e più simile a una trovata pubblicitaria che a una proposta politica. Insomma, una cavolata sesquipedale. E, ripetiamolo, non tanto per convinzioni ideologiche sull’esigenza di insegnare alla cittadinanza a difendersi, ne esistono sia di destra che di sinistra, ma per un motivo molto più semplice ed evidente: la leva obbligatoria su base nazionale è ormai totalmente superata dalla Storia, esattamente come l’esercito, ed esattamente come lo Stato Nazione.
Viviamo un momento storico complesso, ma molto importante. Siamo infatti assistendo alle fasi finali della traiettoria storia degli Stati Nazione, strutture emerse qualche secolo fa per difendere dei mercati nazionali, ma che ora non hanno più un bel niente da difendere e che, molto lentamente e di certo non senza conseguenze anche dolorose, si stanno contorcendo negli ultimi spasmi.
Seppur i movimenti sovranisti e populisti di questi anni paiano non essersene ancora resi conto, la vita politica dei nazionalismi, esattamente come quella degli Stati Nazione che li hanno generati, è agli sgoccioli, superata dalla globalizzazione economica e, sociologicamente, dal multiculturalismo, che ormai è un dato di fatto dovunque nel mondo. E così come quella delle Nazioni, anche la vita degli eserciti nazionali, e quindi ancor di più della leva obbligatoria — uno degli strumenti delle Nazioni per costruire la propria cittadinanza, il proprio Folk, il Popolo — è arrivata alla fine.
Ci siamo quasi. Nel suo Abbozzo di autobiografia, lo scrittore argentino Jorge Luis Borges raccontò di una sua chiacchiera con il padre: «Una volta mi disse», scrisse Borges, «che avrei dovuto guardare molto bene i soldati, le uniformi, le caserme, le bandiere, le chiese, i preti e le botteghe dei macellai perché tutte quelle cose sarebbero presto scomparse e avrei così potuto dire ai miei figli che io le avevo viste. Sfortunatamente, la profezia non si è ancora avverata».
Il sogno del padre di Borges di più di un secolo fa non si è ancora, sfortunatamente, avverato, ma di sicuro ci stiamo avvicinando. Al diavolo quindi la leva obbligatoria nazionale, retaggio di un passato ormai superato. Guardiamo avanti, piuttosto, e se Salvini vuole dimostrarsi per una volta al passo coi tempi la proposta giusta per lui ce l’avremmo. Qualcosa che non sembri la solita svogliata sparata estiva giusto per offuscare per qualche giorno il paio di temi veramente importanti che ci sono sul tavolo ora. Sarebbe semplice, caro ministro: proponga la leva europea, sia militare che civile.
Quella sì che potrebbe essere una proposta interessante. Soprattutto in un momento in cui all’Europa serve una cosa che le leggi e le convenzioni fanno fatica a fare, ma che l’esperienza comune — quella di una Naja o di un Servizio civile, per esempio — sanno fare molto bene: costruire un popolo, una cultura condivisa, una comunità. Che poi sono esattamente le cose che mancano al’Europa per superare il passato, togliersi dalle balle quei pesi morti degli Stati Nazione, e andare avanti.