Con Michela Murgia il femminismo diventa principio di colpevolezza per tutti i maschi

Il post antisessista di Michela Murgia è una sorta di allucinazione totalitaria in cui il principio di non colpevolezza si converte in principio di colpevolezza per tutti gli uomini

Mitica Murgia, con un solo post su Facebook è stata capace di mandare all’aria anni di lotta al maschilismo linguistico – l’indimenticata “matria” di colpo sparita – in favore del vecchio adamitico ‘figlio di buona donna’. Tutto, pur di evitare il ‘figlio di mafioso’.

Leggiamo dal profilo Facebook della scrittrice:

“Nascere maschi in un sistema patriarcale e maschilista è un po’ come essere figli maschi di un boss mafioso. Non sai nemmeno cosa sia la mafia, ma da quel momento tutto quello che mangerai, berrai, vestirai verrà dall’attività mafiosa”. (Figli di mafiosi con almeno uno stage alle spalle, sappiamo che esistete: battete un colpo). E ancora: “l’unica risposta onesta alla mafia è combattere la mafia” (istigazione al parricidio bella e buona) “non lasciarla lavorare senza immischiarsi. Come nel maschilismo, si nasce già immischiati. Nessuno è innocente se crede di dover rispondere solo di sé”.

Sotto il peso di una sorta di strano collettivismo mentale, ogni principio di non colpevolezza è qui rovesciato, nessuno può dire o fare qualcosa senza che qualcuno di più puro, purissimo, intervenga a epurare l’individuo che ingenuamente speri di potere vivere da individuo, rispondendo solo di sé. Di più: anche senza un’epurazione che individui la colpa, questa c’è, fin dalla nascita. Niente di più brutale.

Sotto il peso di una sorta di strano collettivismo mentale, ogni principio di non colpevolezza è qui rovesciato, nessuno può dire o fare qualcosa senza che qualcuno di più puro, purissimo, intervenga a epurare l’individuo che ingenuamente speri di potere vivere da individuo, rispondendo solo di sé

Se Michela Murgia avesse esortato tutti indistintamente a preoccuparsi di ciò che accade not in my back yard, oggi nessuno starebbe a discuterne, tanto pacifico e ovvio è il principio che condanna l’omertà di fronte ai soprusi. Non è necessario cavalcare chine mediatiche e sorbirsi ore di talk-show per capirlo, basta dell’esiguo buon senso, da sviluppare in completa autonomia.

La nostra, invece, rivolgendo l’alto appello ai soli ‘maschi figli di’ e facendo immediatamente rimpiangere quegli altri ‘maschi figli di’ un’entità più antica ancora della mafia, sposta l’attenzione dal testo di un post nato probabilmente con le migliori intenzioni a un sottotesto che recita più o meno così: “tu, maschio, anatomicamente maschio, sappi che ogni donna (guai a chiamarla femmina) che incontri sta combattendo una battaglia contro il patriarcato di cui non sai nulla, ma di cui sei colpevole. Eccoti un depliant informativo”. Niente di più brutale-bis.

Michela Murgia non ci crederà, ma esistono donne che sul tema delle molestie “apparentemente innocenti” hanno poco o nulla da dire, perché le vivono senza che la loro dignità, personalità e supposta anima ne sia minimamente toccata. Forse perché snob, poco femministe, troppo dotate di umorismo, troppo solidali con chi dalle molestie, quelle che di innocente non hanno niente, nemmeno in apparenza, ne è uscita con le ossa rotte, o forse per banale profilassi fisiologica.

Ne esistono poi altre, consapevoli che l’esercizio spaccone di potere – insopportabile sempre, mortificante quando avallato da un’idea limitata e limitante della donna – è ben altra cosa, che addirittura vivono gli approcci infelici e le maldestrie maschili che le riguardano alla stregua di gesti dadaisti, che significano sé stessi e basta, come ogni individuo dovrebbe fare. Significare sé stesso, e basta. Fra queste bizzarre donne, infine, si nasconde chi vorrebbe timidamente soltanto dire: a Miché, assaggia ‘ste olive de femminismo spiccio, ‘so greche.

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