La Spagna ridà un’altra possibilità ai Socialisti. Ridà fiducia, soprattutto, a Pedro Sánchez e punisce il Partito Popolare del giovane Pablo Casado che scende sotto la storica linea del 20%, fermandosi a un rovinoso 16,7. La grande sorpresa, però è Vox che tutti davano al 15 o addirittura al 20%, ottiene un prezioso 10,3 e manda 24 suoi deputati al Congresso di Madrid. L’estrema destra di Santiago Abascal, infatti, fondata nel 2013, dall’insignificante 0,2% delle prime sue legislative del 2016, è cresciuta di dieci volte, silenziosamente nel grembo della Spagna, alimentata dall’insofferenza per la cattiva politica, per la corruzione, i clandestini e per le prepotenze dei secessionisti catalani.
Podemos perde i pezzi, Ciudadanos sale
Unidos Podemos (UP) e Ciudadanos (C’s), le due forze populiste, autrici della fine del comodo e rassicurante bipartitismo iberico, hanno avuto esiti ben diversi: gli ex Indignati di Pablo Iglesias, in particolare i suoi leader interni, dopo avere litigato per un anno intero per togliere la leadership a Iglesias, sono scesi dai 71 seggi del 2016 agli attuali 42. Una flessione che ha danneggiato la coalizione con i Socialisti, privati di 29 deputati alleati al Parlamento. Successo, invece, per Ciudadanos che col 15,9 delle preferenza sale da 32 a 57 scranni, diventando un alleato fondamentale per l’armata della destra guidata da Casado. Rivera, il leader della formazione nata come elemento di rottura coi vecchi partiti nel 2006 a Barcellona, da settimane era corteggiato dal leggendario premier Popolare José Maria Aznar, tornato alla politica quasi attiva per dare un mano a Casado, dopo tre lustri d’assenza. Aznar ha fatto da collante con Vox, che Ciudadanos critica apertamente per le sue posizioni estremiste. Ha mediato tenendo assieme le due forze, sapendo che a fine corsa, sarebbero state in attivo. Santiago che si aspettava di più, galvanizzato dalle piazze affollate e adoranti e dalla stampa che lo sovrastimava, nella sua prima uscita da leader del 10,3% ha incolpato il PP per «Non avere avuto il coraggio (leggi palle) di vincere». Vox non ha sfondato, ma ha sicuramente alzato la voce e si è fatto sentire. Inoltre, con le europee a fine maggio assieme alle regionali e comunali di casa, Vox ha un altro mese di palestra per gonfiare i muscoli.
Successo per gli indipendentisti catalani e il PSC
La Catalogna è la comunità autonoma delle diciassette comunità con il record dell’affluenza dei votanti. Non accadeva da trent’anni. Il sismografo delle urne ha segnato il 64,9%, pari a un aumento del 17,8. Storico. I partiti secessionisti, quelli più moderati, JxCat ed Erc sono stati premiati. La Sinistra Repubblicana (ERC) che prima della crisi tra Barcellona e Madrid non aveva tra le sue priorità la separazione, con l’arresto e l’incarcerazione del suo leader, Oriol Junqueras costretto a guidare la sua campagna elettorale da dietro le sbarre, ha ottenuto 15 seggi, mentre i più moderati JxCat 7. Le preferenze per la Sinistra repubblicana rappresentano un voto di protesta contro i giudici di Madrid che obbligano alla galera da due anni il loro capo e alcuni ex ministri, in attesa di giudizio del Tribunale Supremo. Entro settembre arriverà il verdetto. Junqueras e compagni, in diretta sul Web, hanno usato sempre toni moderati, chiedendo nuovamente il dialogo con Sánchez e tutti i partiti, ma mostrando le distanze, ormai ampie, con il fuggitivo ex presidente della Catalogna Carles Puigdemont, di cui Junqueras era il vice. La questione catalana, gettonatissima nei comizi dei partiti, a scapito di tematiche non meno importanti, come economia, disoccupazione giovanile e ambiente, rimane sul tavolo di Pedro Sánchez che ha già detto di non volere più le forze indipendentiste nella sua nuova coalizione.
Presto vedremo il Pedro e Pablo bis che sperano, anche loro, nelle prossime amministrative e comunali per riaffermare la propria stabilità
Le alleanze possibili per governare in minoranza
L’alleanza tra i Socialisti di Sánchez e Unidos Podemos, senza quindi i partiti indipendentisti baschi e catalani, vale 165 seggi, mentre l’eventuale coalizione delle destre unite, ovvero Pp+C’s+Vox, come Pablo Casado ha ipotizzato alla vigilia, sarebbe ancora più lontana dalla maggioranza, fermandosi a 147 seggi. Quindi, presto vedremo il Pedro e Pablo bis che sperano, anche loro, nelle prossime amministrative e comunali per riaffermare la propria stabilità.L’affluenza record
Era dal 1993 che non toccava un dato così alto di votanti. Più che Socialisti o Popolari, ha vinto l’affluenza dei votanti. Un record con il 75,75 per cento, pari a più 9,3 per cento. In pratica su 34.798.204 spagnoli aventi diritto di voto (di cui 2 milioni residenti all’estero) hanno votato 26.36i.256, mentre in 8.436.948 si sono astenuti.
Tuttavia, benché la grande mobilitazione degli spagnoli, per la terza volta in quasi quattro anni, la Spagna appare ancora più frammentata, divisa, litigiosa e con tanta strada da fare per risolvere i conflitti costituzionali e istituzionali. Una sfida per i prossimi quattro anni di legislatura che si aprono da oggi.Un nuovo miracolo economico nella Ue
L’economia nazionale sembra non avere risentito di questi quattro anni d’instabilità politica. Il Pil è cresciuto dall’1,2 al 2,3 e punta al 3 per la fine dell’anno. Sono però urgenti le riforme in numerosi settori e, anche se la disoccupazione è calata sotto ai quattro milioni, è ancora alta tra i 18 e i 30 anni nel Meridione della Spagna con punte del 66%. Il debito pubblico si è ridotto dal 100 per cento del Pil al 97 , ma pesa la spesa pubblica sui conti dello Stato. La grande salvezza che ha supplito a un esecutivo, è venuta dalla bilancia dell’export che ha raggiunto nuovi record facendo correre l’economia spagnola che appare spesso come una pianta infestante che per vederla ogni tanto fiorire bisogna darle un po’ d’acqua.