Negli ultimi 50 anni la produzione mondiale di plastica è aumentata di 20 volte e la prospettiva per il prossimo ventennio è in forte crescita. Se guardiamo all’Europa, ogni anno vengono prodotti 64,4 milioni di tonnellate di plastica, per un valore di €355 miliardi. Questi dati, se associati allo smaltimento fallimentare dei rifiuti plastici – solo un terzo di essi viene riciclato – e la loro dispersione nell’ambiente, rendono il quadro allarmante.
Le stime evidenziano che ogni anno in mare finiscono 8 milioni di tonnellate di plastica. I danni di questa dispersione non si riflettono soltanto nell’ecosistema delle nostre acque ma hanno anche degli effetti economici. A livello europeo, il solo costo annuo per la pulizia delle coste e delle spiagge è pari a €630 milioni, che salgono a €13 miliardi all’anno a livello globale, se consideriamo i danni diretti generati.
Estrarre valore dai rifiuti in plastica è possibile e la prima strategia settoriale del Pacchetto sull’economia circolare introdotto dalla Commissione Europea punta proprio a questo. Con l’obiettivo di affrontare l’emergenza plastica, ma anche quella climatica, il disegno europeo per la plastica in un’economia circolare si propone, da un lato, di ridurre drasticamente – e in alcuni casi eliminare – l’utilizzo di plastiche monouso e, dall’altro, di accrescerne il riciclo promuovendo investimenti dedicati al rinnovo dei materiali e tecniche di produzione volte al riutilizzo dei materiali plastici.
Riciclando i rifiuti in plastica si otterrebbero benefici anche a livello climatico. In particolare, a livello globale, per ogni tonnellata di plastica riciclata ogni anno si potrebbero risparmiare 3,5 miliardi di barili di petrolio e ridurre di circa 2 tonnellate le emissioni di CO2
Grazie agli sforzi normativi portati avanti dall’Unione Europea, tra il 2006 e il 2016, vi è stato un aumento del 79% per quanto riguarda l’attività di riciclaggio, passando dai 4,7 milioni del 2006 agli 8,4 milioni del 2016 di tonnellate di plastica riciclate. A fronte di ciò, si è assistito a un aumento del 61% della quantità destinata ai programmi di energy recovering – dai 7 milioni del 2006 agli 11,3 milioni del 2016 – e ad una correlata diminuzione (-43%) nelle attività di smaltimento in discarica, che sono passate dai 12.9 milioni di tonnellate del 2006 ai 7,4 milioni di tonnellate del 2016.
Inoltre, riciclando i rifiuti in plastica si otterrebbero benefici anche a livello climatico. In particolare, a livello globale, per ogni tonnellata di plastica riciclata ogni anno si potrebbero risparmiare 3,5 miliardi di barili di petrolio e ridurre di circa 2 tonnellate le emissioni di CO2.
Oltre alle istituzioni, europee e non solo – anche quelle cinesi e giapponesi sono molto attive in questo senso -, sono diversi i player che stanno agendo alla luce di questa nuova prospettiva, che mira a considerare l’intero ciclo di vita di un prodotto a partire dalle materie prime impiegate. Tra questi, sono numerosi gli attori economici coinvolti, come ad esempio catene di distribuzione che richiedono imballaggi alternativi, imprese che hanno istallato impianti per l’utilizzo di plastica riciclata e società che dedicano una rilevante quota dei loro investimenti nel settore delle plastiche bio. Infine, anche i cittadini sono scesi in campo, non solo manifestando la loro preoccupazione, ma anche agendo attraverso la leva più efficace di influenza: le scelte di consumo.
A cura di Marco Frey, Professore Ordinario Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa