Il mestiere del cuoco è il più bello (e faticoso!) del mondo. È un mestiere fatto di energia e condivisione, di gavetta e lavoro, di comunicazione e tecnica. E se – come ci ha insegnato il cuoco del film Ratatouille – tutti possono cucinare, essere cuoco è proprio un affare diverso: che prevede al primo posto una formazione lunga e precisa, un grandissimo rigore, una disciplina ferrea e un monte ore lavorative incredibile.
È anche un mestiere di grande responsabilità: perché il cuoco può disporre della vita e della salute delle persone, e questo non va mai dimenticato nell’esercizio della professione.
Ispirazione, creatività, successo non sono i primi obiettivi, anzi. Meglio lasciare stelle e red carpet al futuro, e concentrarsi il più possibile sull’apprendimento e la curiosità: la vera base del mestiere del cuoco. E oggi che è la festa del lavoro, dedichiamo a tutti i cuochi, alle prese con uno dei periodi più critici della storia – tra delivery, take away, distanziamento e riaperture, un decalogo da rileggere ad ogni nuovo difficoltà, per riconciliarsi con la cucina, e per ripartire da lì. Queste norme sono state raccontate in un podcast uscito proprio in questi giorni, che Congusto Gourmet Institute ha voluto dedicare alla pasticceria e alla cucina professionale, con la partecipazione dei professionisti del settore: il Pastry Chef Daniele Bonzi e gli Chef Philippe Léveillée, Michelangelo Mammoliti e Roberto Carcangiu. I podcast saranno forniti agli allievi della scuola in quanto strumenti di approfondimento del percorso in atto e saranno anche disponibili per il pubblico di appassionati.
La prima puntata del podcast è proprio dedicata al mestiere del cuoco, e racconta come questa professione abbia avuto, in Italia, un grande Maestro. Con una foglia d’oro appoggiata sul riso alla milanese, con una seppia bianchissima in campo nero, aprendo un raviolo che la tradizione voleva chiuso, adagiando una cucchiaiata di caviale su un piatto di spaghetti freddi cosparsi di erba cipollina il signor Marchesi ha cambiato per sempre il corso della cucina italiana, conquistando con il suo locale in Bonvesin de la Riva – primo in Italia – le tre stelle Michelin, il trofeo più ambito del mondo in ambito gastronomico, ma soprattutto cambiando la visione che il mondo aveva della nostra cucina. Ha cresciuto intere generazioni di cuochi e formato tutto il mondo della cucina che è venuto dopo di lui, lasciando un’impronta forte, netta e creando un movimento che ha permesso ai cuochi di diventare quello che sono oggi. Il suo Decalogo è la base imprescindibile da conoscere quando si parla di cucina a livello professionale. È stato condiviso con il Comitato Scientifico della Fondazione Gualtiero Marchesi, composto da personalità del mondo della cultura e dell’arte, architetti, musicisti, artisti e filosofi l’hanno redatto insieme al grande maestro della cucina italiana. Lo lasciamo anche a voi, cuochi domestici forzati. Fatene buon uso.
- Cuoco è un mestiere o meglio ancora è un servizio, un ministerium.
- La divisa, candida, individua della sua funzione le caratteristiche essenziali: l’onestà, la pulizia, il rispetto.
- La legge del cuoco è la ricetta di cui è esecutore, ricordando che ogni buona esecuzione presuppone una quota d’interpretazione, attentamente dosata, non eccessiva ma neanche assente, introdotta con rispettosa discrezione. A un livello più alto sta il compositore.
- Ai diversi gradi di esperienza e conoscenza corrisponderanno tre figure: l’esecutore, l’interprete e il compositore. Per raggiungere questi traguardi, il cuoco dovrà impadronirsi della tecnica e aver fatto pratica di tutte le partite: antipasti, primi, carni, pesci e pasticceria anche se, poi, deciderà di dare il meglio di sé in una di queste.
- Un elemento importante per arricchire le proprie esperienze gastronomiche, è sicuramente la conoscenza di luoghi: dell’acqua, della terra, dell’aria che del carattere del territorio conservano memoria dando a frutti e animali sostanza e gusto; degli abitanti e del clima, con cui gli uni e gli altri devono inevitabilmente misurarsi.
- Lo studio delle culture alimentari di altri Paesi, può contribuire a formare una conoscenza più ampia dell’arte culinaria e delle sue realizzazioni con differenti aspetti e contenuti.
- La capacità di un cuoco poggia su due pilastri: la conoscenza della materia e dei modi di trattarla nel rispetto della sua natura.
- Soluzioni tecniche e virtuosismi non possono prescindere dalla conoscenza di tecnica e materiali nella concezione e nell’esecuzione. La tecnica è uso appropriato, controllato e non distruttivo, degli strumenti più adatti all’operazione che si sta eseguendo, senza uccidere la materia.
- Ad ogni preparazione, il cuoco deve sapere perfettamente cosa è giusto fare: quali sono tempi e modi della cottura, l’esatta temperatura e, ove necessario, la durata della stabilizzazione, giacché anche il riposo è parte importante del trattamento, come la pausa o il silenzio nella partizione musicale. La presentazione finale dipende molto dalla scelta del contenitore più adatto.
- Uno dei compiti che fanno onore al buon cuoco, è quello di divulgare e incrementare la cultura gastronomica, per un verso insegnando a mangiar bene e correttamente con il cibo offerto in tavola, per altro verso istruendo i giovani e passando il testimone a chi lo merita, introducendolo alla Cultura gastronomica, che quando è veramente tale è esperienza consapevole, ricerca applicata in continuo perfezionamento e adattamento alla vita.
E infine, memento! “Creare è: NON COPIARE”. Senza per questo inseguire il nuovo, il “mai visto” come attributo di per sé qualificante: possiamo riconoscere la novità tanto nel conosciuto quanto nello sconosciuto, importante è che attinga alla verità. L’arte è il porsi in opera della verità.
Ipse dixit, noi non possiamo far altro che seguire il Maestro.