Tutto è studiato per sembrare casuale. Un avviso appare sullo schermo dello smartphone (per la precisione, un iPhone), presenta le classiche cinque stelline e chiede all’utente di esprimere un giudizio sotto forma di punteggio. La maggior parte asseconda la richiesta, in modo distratto, senza prestare troppa attenzione. Sembra una cosa da nulla e, in realtà, non lo è per niente.
Ciò che molti utenti non sanno – ma che questo articolo del Financial Times rivela – è che dietro al meccanismo degli avvisi si cela un lavoro minuzioso e attentissimo, fatto di studi e algoritmi, con un solo obiettivo: farlo apparire quando l’utente è di buonumore.
Vince la squadra del cuore? Ecco che arriva l’avviso: “Giudica questa app”. Arriva, alla fine del mese, lo stipendio sul conto? È il momento migliore per le banking app di chiedere un giudizio. L’utente ha vinto una scommessa? “Dai una valutazione” chiederà la app specifica. Il lavoro ingegneristico è sofisticato ma il concetto alla base è molto semplice (e molto vero): quando l’umore è buono si danno giudizi più positivi.
È grazie a questo trucco (si può definirlo così?) che le app sono riuscite, negli anni, ad aggirare i limiti imposti da Apple Store, che ha deciso di proibire l’impiego di bot e di fabbriche di like per far crescere le valutazioni. Metodi che, al confronto di quello impiegato ora, appaiono dozzinali. Perché anziché hackerare il sistema manipolano il cervello dell’utente, sfruttano i suoi livelli di dopamina più alti per trarne un beneficio commerciale.
(Al tempo stesso, sanno benissimo anche quando non si debba mai chiedere un giudizio: quando si leggono notizie negative, per esempio. O quando non si riesce a inserire la password corretta).
Alla lunga, ad alti voti corrispondono più download. Secondo una ricerca di Apptentive, una società che si occupa di gestione della reputazione, passare da due a tre stelle significa aumentarli del 306%, mentre da tre a quattro porta a un salto del 92%. Sono numeri molto alti e molto importanti perché alla lunga si traducono in più soldi. Solo nel 2019 il traffico commerciale totale sull’App Store si aggirava sui 500 miliardi di dollari (sì, più del Pil di alcuni Paesi). Per le app, che sono sempre in concorrenza tra loro, vincere significa sopravvivere. E avere punteggi alti è cruciale, anzi vitale.
Il risultato è una sorta di inflazione dei rating delle app: sono tutti molto alti, alcuni troppo. Ed è difficile capire quali siano meritate anche perché i produttori riescono a mettere in ombra senza problemi le recensioni negative.
Il fenomeno, a cascata, favorisce tutti gli attori del sistema: gli sviluppatori hanno più download e la Apple più denaro (ha una fee del 30% per ogni revenue creata attraverso l’App Store). Chi ci rimette è l’utente, che nella giungla di app a disposizione non può più nemmeno utilizzare il punteggio a stelline come forma di orientamento.
Tutto comincia nel 2017, quando nel suo update di iOS 11, la Apple ha concesso la possibilità di presentare avvisi pop-up per le valutazioni. Fino a quel momento toccava solo all’utente, una situazione che – come è intuibile – attirava soprattutto quelli più frustrati, con un numero di recensioni negative molto alte. Gli sviluppatori ne hanno subito approfittato.
Non è un caso che da quel momento in poi gli apprezzamenti decollano: nel 2017 le app di servizi bancari americane avevano un punteggio che variava da 1,2 stelle a 4,9. Ora sono 4,8 stelle per tutte. Lo stesso vale anche per le app che si posizionano al 50esimo posto nelle categorie più svariate, dallo shopping alla finanza.
È una manipolazione, insomma, che però rimane all’interno delle regole Apple (addirittura, l’idea di presentare l’avviso nei momenti in cui l’utente sta meglio figura nelle linee guida della stessa Apple). Il danno, alla fine, va alla possibilità dell’utente di esprimere le proprie valutazioni.
Ma non solo: colpisce le applicazioni stesse, che private di un sistema di feedback serio non considerano con la dovuta attenzione i propri limiti.
Il risultato è una frenata dell’innovazione (tutto va benissimo, perché migliorare?) e la conseguente affermazione delle aziende più grandi e in grado di manipolare meglio l’algoritmo degli avvisi. Sembrava una cosa da nulla, non lo è.