Era dicembre scorso ma sembra un’epoca fa, visto com’è il mondo adesso.
La prima volta che Diletta, Gianluca e Davide si sono incontrati è stato a Parigi, a una fiera di vino naturale. Davanti a un panettone di Davide, portato in auto attraverso tutta la Francia, e destinato all’assaggio per i francesi. È quello il momento che i tre ricordano quando ripensano al progetto editoriale che esce oggi, e che li vede uniti.
Si chiama L’Integrale ed è un giornale di carta, edito da un panettiere e creato da una giornalista enogastronomica specializzata in enologia e vino naturale e da un illustratore e grafico che disegna etichette per bottiglie di vino.
Segno di quanto l’editoria soffra se sta nel suo, ma di quanto è invece attiva e vitale quando ad affrontarla sono altre realtà e altre figure, che vedono nella condivisione e nello sviluppo di progetti culturali e divulgativi un’opportunità per migliorare le competenze del proprio pubblico, e di conseguenza un modo di valorizzare e promuovere il proprio lavoro.
Davide Longoni è di sicuro un panificatore anomalo, che si è trasformato in editore ma che rimane un unicum anche nel suo lavoro: colto, viaggiatore, sognatore, entusiasta, è una figura chiave per la rinascita del pane fatto bene e dal suo laboratorio milanese ha costruito un movimento di persone che stanno pian piano modificando l’architettura urbana dei panifici.
«Quando Diletta qualche mese fa mi ha proposto questa rivista sul pane come specchio e lente per comprendere il mondo ne sono stato subito colpito. Il pane è il prodotto che ha permesso la civiltà, che si è evoluto tantissimo e negli ultimi anni è cambiato radicalmente. Per Diletta che è una giornalista ad ampio spettro è sembrato uno strumento perfetto per raccontare il mondo.
Questa nuova attività coincide con i miei interessi da panettiere sui generis: io sono l’editore ma ho chiesto di non parlare del panificio Davide Longoni, perché questo non è un house organ ma uno strumento per tutti i panificatori. Volevo che fosse un oggetto bello con una bella carta, tanta attenzione alla stampa, con le illustrazioni di Gianluca Cannizzo. Sarà distribuito da me e in alcune librerie, si potrà comprare anche online e per chi vorrà diventare un rivenditore sarà in pacchetti da 6 copie. Iniziamo uscendo tre volte l’anno, con una tiratura di 1000 copie e un primo numero di 112 pagine. Ci piacerebbe fare anche un’antologia tradotta in inglese, ma per quella vedremo».
L’intento è alto, ampio, e ha il pane come strumento ma vuole indagare molto più a fondo la struttura stessa del mondo del cibo, continua Longoni: «Ho sempre divulgato la cultura pratica del pane, il mio è sempre stato un laboratorio aperto, con tanti apprendisti e persone che hanno aperto forni dopo essere passati da me. Ho sempre avuto la coscienza che il pane non è un prodotto gastronomico, è un prodotto agricolo e implica delle scelte culturali importanti: il rispetto del suolo, lo sfruttamento, il recupero di varietà storiche. La produzione del pane a che fare con le persone, bisogna attivare delle filiere con agricoltori e mugnai. Insomma, implica tantissime cose che possono influire su filiera e società. Inoltre il panificio è un luogo di riferimento per il quartiere, un luogo di aggregazione importante proprio adesso che i quartieri stanno ricominciando ad avere una dimensione fondamentale. Insomma, reduce da studi storici all’università, vedere il pane da questa prospettiva, in un’ottica più ampia, mi piace. Sarà una forzatura fare l’editore da panificatore, ma mi piace».
Il pane può essere la risposta alla crisi? Prosegue Longoni: «Di fronte a una crisi del panificio, chi è in grado di guardare al pane con questa prospettiva ha davanti un oceano blu. Tant’è vero che le nuove insegne non hanno sofferto nemmeno nella pandemia, perché hanno nel dna una coscienza e una modernità che gli ha permesso di anticipare i tempi. Volevo trovare un modo per creare, così come faccio con il gruppo PAU (panificatori agricoli urbani, di cui Longoni è il promotore, ndr), uno spazio dove parlare di pane e cultura, per dare un contributo alla panificazione contemporanea. Il mio riferimento è il mondo del vino naturale, che ha indicato la strada per come creare valore attorno a un alimento. Nei primi anni 2000 ho sempre guardato al mondo del vino come ispirazione, Gianluca e Diletta sono molto vicini al quel mondo e così è nato il progetto».
Diletta Sereni, panificatrice domestica oltre che voce autorevole del mondo del giornalismo di settore, ricorda l’inizio dell’avventura, che ha avuto un’accelerazione durante il lockwon: «L’idea è nata da una chiacchierata con Davide, qualche giorno prima del lockdown siamo entrati più nel concreto e nei mesi di isolamento c’è stato lungo lavoro per montare un progetto di rivista. Come partner ho subito pensato a Gianluca».
Anche per lei i due mondi vino naturale e panificazione sono affini, ma con una differenza sostanziale: «Il vino è la bellezza del superfluo mentre il pane è essenziale. Offre tante potenzialità di scrittura e di espressione, è un cibo di sussistenza che percorre tutto il pasto e si lega ad altri oggetti gastronomici. È antico, fondativo, per la nostra cultura permette un sacco di connessioni. Quindi ho cercato di connettere il pane con le storie che ci girano intorno. L’integrale non sarà una rassegna di ritratti di panificatori ma una serie di spunti, per raccogliere la connessione tra pane e altre vicende umane. Vorremmo tenere il polso di questo movimento di panificatori PAU in italia, così come raccontare i paysan boulanger francesi, che rappresentano il momento attuale del pane. In questo contesto il pane è anche movimento culturale. Vogliamo fotografare l’attualità ma faremo anche ricognizioni storiche per esplodere tutte le potenzialità espressive che il pane permette».
Contenuti ricchi e intensi, e grafica di grande impatto, come racconta l’illustratore Gianluca Cannizzo: «Credo di essere stato coinvolto per il linguaggio che ho espresso nel raccontare il mondo del vino naturale. L’intento in questa occasione è stato di portare argomenti naturali con un approccio pop, nella eccezione più splendente di questo termine. Spesso il rischio è ci si parli nella bolla: per me è invece interessante unire i mondi e lo faccio con un linguaggio visivo con aspetti ludici, che si presti a varie letture. È evidente soprattutto nella copertina, dove mi sono lasciato andare, mentre all’interno sono stato più delicato, ho giocato molto sulla cover e per il resto mi sono messo al servizio del progetto, cercando di non prevalere sui contenuti».
Collaboratori del settore, ma non solo, prosegue Diletta: «Sono molto contenta perché pur non esistendo ancora, la rivista ha avuto tanta curiosità da parte dei colleghi, e all’epoca ci sembrò positivo. Mi ha stupito che molti fossero contenti di scrivere per una rivista che ancora non esisteva. Per noi despecializzare i saperi resterà sempre un elemento editoriale fondante».
Per questo leggeremo interventi di tanti colleghi del settore, con anche un’incursione di un giornalista di Gastronomika, Gabriele Rosso, ma anche di personaggi che nel mondo del pane hanno radici salde, come Riccardo Bocci della Rete Semi Rurali, Luca Lacalamita dell Panificio Lula, lo scrittore Tommaso Melilli, e i fotografi Pietro Motisi, Cristina Panicali e Shinichi Takahashi.