L’alienoIl segreto di Victor Wembanyama è la testa

Gioca a scacchi, disegna, spegne lo smartphone alle 21:30 e ha un’empatia rara per uno sportivo così giovane e mediaticamente esposto. Il connubio tra fisico, atletismo e flessibilità è forse la caratteristica meno impressionante del talento francese, che ha la mentalità giusta per scrivere la storia del basket. A partire dalla finale olimpica contro Team Usa

Victor Wembanyama durante la semifinale contro la Germania (AP Photo/LaPresse, ph. Mark J. Terrill)

Puoi essere alto due metri e ventidue centimetri (dati ufficiali del sito delle Olimpiadi), avere il cinquantacinque di piede, vantare un’apertura alare di circa due metri e quaranta centimetri, maneggiare una palla da basket come se fosse un’arancia e aver ricevuto l’etichetta di «extraterrestre» da LeBron James. Ma senza la cosiddetta “testa”, termine che include anche un approccio orientato al duro lavoro e al rispetto verso compagni, avversari, allenatori, dirigenti, media, addetti alle pulizie e magazzinieri, difficilmente potrai entrare nella cerchia degli sportivi in grado di lasciare il segno. 

Victor Wembanyama, spesso definito un talento generazionale con un rapporto fisico-mobilità-flessibilità privo di eguali, ne è perfettamente conscio e lo sta dimostrando con una continuità rarissima: sia con la maglia Nba dei San Antonio Spurs, sia con quella della Nazionale francese, con cui affronterà il Team Usa di Stephen Curry, Kevin Durant e LeBron James nella finale olimpica del basket maschile (oggi, sabato 10 agosto, alle 21:30). 

Nato a Le Chesnay (oggi Rocquencourt, nella regione dell’Île-de-France) il 4 giugno 2004 e reduce dal premio di miglior esordiente Nba (Rookie of the year) con 21,4 punti e 10,6 rimbalzi di media a partita, “Wemby” non sta disputando delle Olimpiadi perfette. Giovedì 8 agosto, durante la semifinale contro la Germania, ha sbagliato un tiro libero nella fase cruciale di una partita in cui ha tirato con pessime percentuali: 33,3 per cento da due (3/9) e 12,5 per cento da tre (1/8). Tuttavia, l’ex lungo di Nanterre, Asvel e Metropolitans 92 è attualmente il migliore della Nazionale francese in tutte le principali voci statistiche: efficienza (20), punti (13,8), rimbalzi (10,2) e assist (3,6). 

AP/Lapresse

Un fatto che spiega in modo calzante i margini di miglioramento di un ragazzo abituato a convivere con una pressione non comune, riservata alle gemme più difficili da intercettare. Nel nuovo millennio “cestistico”, l’hype intorno a “Wemby” è paragonabile esclusivamente a quello che ha travolto LeBron James nel 2003-2004 e Zion Williamson nel 2019-2020. Gli americani dicono spesso che “sky’s the limit”, l’unico limite è il cielo, ma quando hai tutti gli occhi addosso è facile cadere, distrarsi e farsi inghiottire dallo star system. E avere un corpo fuori dalla norma, perfetto per il basket moderno, non basta per dominare e convincere gli addetti ai lavori fin da subito. Victor Wembanyama, però, dà sempre la sensazione di avere i piedi piantati a terra e la mente ben orientata verso le sue priorità sportive e professionali. 

Sui social posta poco e usa lo smartphone quasi solo per giocare a scacchi, il suo hobby preferito, sulle app dedicate: «Gli scacchi fanno lavorare il cervello perché devi adattare la tua strategia a seconda della situazione, pensando a più cose contemporaneamente senza mai dimenticare le mosse da fare in futuro», ha detto

Lo staff dei San Antonio Spurs ha una regola ferrea: mai contattare Wembanyama dopo le 21:30. A quell’ora il talento francese smette di guardare il cellulare, inizia a leggere un libro (meglio se di fantascienza) e si prepara per dormire. Fatta eccezione per i game-day, “Wemby” non chiude mai gli occhi dopo le 22:30. A rivelarlo è stato Jordan Howenstine, director of Basketball communications degli Spurs, in un articolo su The Atlantic. E non è tutto, perché – in un’intervista a L’Équipe – il ventenne francese ha confessato di amare anche i Lego e il disegno: «Un giorno mi ci dedicherò per davvero, lavorerò sulla tecnica, su tutto. Ho in mente una storia e la disegnerò». 

San Antonio ha circa cinquanta gallerie d’arte, vanta diverse opere di street art e gode di una frizzante scena culturale. Stando ai media americani, la vocazione artistica della città texana ha immediatamente rapito Wembanyama, volto noto all’interno dei musei della zona. «Victor è uno dei due ragazzi più intelligenti che abbia mai visto giocare. L’altro sarebbe LeBron James», ha spiegato Sean Elliot, ex giocatore degli Spurs e ora analista Nba.

Victor Wembanyama durante un incontro al French National Institute of Sport and Physical Education (AP Photo/LaPresse, ph. Thibault Camus)

Wembanyama, non solo sui campi da basket, è spesso caratterizzato da un volto rilassato, disteso, quasi mai nervoso. Risponde con garbo alle domande dei giornalisti e non ha mai atteggiamenti sopra le righe. Solo una volta, quando hanno sbagliato a scrivere il suo cognome dietro la canotta ufficiale da gara, si è arrabbiato pubblicamente senza troppi giri di parole: «Una vera vergogna», ha commentato dopo la partita (persa contro i Golden State Warriors di Stephen Curry). 

Finora, l’attestato di stima (pubblico) più prezioso nei confronti di “Wemby” è arrivato dal santone Gregg Popovich, suo allenatore agli Spurs, nonché head coach più vincente nella storia della Nba. «Tante persone hanno talento in questa lega, ma quelli che diventano superstar hanno qualcosa che gli altri non hanno, ed è quello che hanno nella testa. È il carattere, la fiducia in se stessi, un tipo unico di disciplina, una base di eccellenza personale che li porta a competere e perseverare giorno dopo giorno, anno dopo anno. Lui ha un carattere unico che non si trova in tutti i giocatori», ha raccontato il cinque volte campione Nba in un’intervista a Sky Sport.

Secondo Popovich, che il prossimo 28 gennaio compirà settantasei anni, «i genitori di Wembanyama hanno fatto un ottimo lavoro. È uno dei diciannovenni più maturi che abbia mai conosciuto. Il suo carattere è incredibile. La sua visione del mondo, la sua maturità, sa perfettamente chi è, si sente a suo agio con se stesso, sa che deve ignorare l’enorme hype che lo circonda, capisce che ha del lavoro da fare. Il talento è talento, ma lui ha voglia di lavorare, di definire quello che deve essere davvero il suo gioco. Capisce le relazioni, rispetta i suoi compagni di squadra, è molto “allenabile” e piacevole da avere attorno. Ha tutto ciò di cui ha bisogno per diventare una superstar».

Dal prossimo autunno, “Wemby” potrà contare sull’esperienza di un playmaker come Chris Paul, trentanove anni, che per la sua (probabile) ultima stagione in carriera ha scelto il ruolo di mentore del miglior talento in circolazione, rinunciando definitivamente al sogno di vincere un titolo Nba. «Non credo che abbia un limite. Dimostra come il gioco stia crescendo», ha detto il veterano, che formerà con Wembanyama una delle coppie più intriganti dell’annata 2024-2025. Persino l’Mvp in carica Nikola Jokic, un giocatore non incline a esternazioni mielose a misura di social (a Parigi non ha mai parlato con i media), si è esposto riguardo l’atteggiamento del lungo degli Spurs: «È umile, sta lavorando sodo e ha ancora fame. È un’ottima combinazione». 

Il carattere del talento francese è ben riassunto da una sua dichiarazione rilasciata durante un’intervista a Kevin O’Connor di The Ringer: «Mi sento come se fossi immune alle feste, all’alcol, alle droghe e a qualsiasi distrazione. Perché mai dovrei fare queste cose? Non ho nulla da compensare». L’estratto della chiacchierata è diventato virale sui social perché spiega meglio di qualsiasi articolo il mix tra maturità e (sana) ingenuità che alberga nella mente di “Wemby”, un ragazzo cresciuto a pane, basket e sci-fi che vuole rovinare la festa alla corazzata statunitense.

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