Il whistleblower è un individuo che denuncia pubblicamente, o riferisce alle autorità, attività illecite o irregolari o comunque inappropriate all’intero del governo, di un ente pubblico, di un’azienda, spiega Wikipedia. La parola viene dall’inglese blow the whistle, soffiare il fischietto, che è ciò che fa l’arbitro nel segnalare un fallo. Si racconta che fu grazie a una “fischiettatrice” che emerse lo scandalo Enron. In Italia, non solo manca una parola equivalente, ma persino il concetto in sé non trova grandi simpatie. Forse anche per questo, le parole misurate ma ferme del commissario della Consob Michele Pezzinga, a proposito dello scandalo Premafin-Fondiaria Sai e del ruolo della stessa Consob, hanno spiazzato tutti, e irritato molti.
Il fallo. Venerdì 27 gennaio, il presidente della Consob Giuseppe Vegas si è incontrato con Alberto Nagel (Mediobanca), Gerardo Braggiotti (Banca Leonardo) e le società coinvolte nell’operazione per… confrontarsi? studiare? concordare… uno schema dell’operazione che permetta di evitare a Unipol l’obbligo di lanciare un’Opa su Fondiaria Sai. In breve, un controllore che dà consigli al controllato su come rispettare la forma (la lettera della legge), evitando la sostanza (la tutela dei piccoli azionisti). Il tutto ovviamente nel nome del superiore interesse pubblico. Roba forte, dunque: che non si sentiva dai tempi di Fazio e di Antonveneta. Ma noi italiani siamo fatti così: andiamo a fasi, e in quella attuale siamo nella fase del non-disturbate-il-manovratore.
Il fischio. Letti i giornali, lunedì scorso Pezzinga soffia il suo fischietto e in un colloquio con Repubblica (qui il link all’articolo di Giovanni Pons) afferma testualmente: «Se c’è stato un intervento, come riferiscono i giornali, è stato per iniziativa esclusiva del presidente e mi pare un’iniziativa del tutto irrituale e non so quanto legittima in una fase in cui eravamo in attesa del quesito. Non mi pare opportuno indossare i panni che normalmente vestono consulenti di gruppi privati suggerendo una riformulazione dell’operazione». Vegas si è chiuso nel silenzio: non smentisce, non commenta.
Riepilogo. Nell’ordine abbiamo: una compagnia assicurativa sull’orlo del crac, un’inchiesta della Procura di Milano, un’operazione alquanto complessa e controversa di passaggio del controllo della compagnia. La Consob ha il potere di esentare dall’obbligo di Opa, ricorrendo determinate condizioni previste per i salvataggi. Le società interessate possono, prima di avviare l’operazione, presentare un quesito per sapere come qualmente la pensa la Consob, e poi regolarsi. Questa è la procedura.
Delle due l’una. O Vegas smaniava di «intervenire possibilmente prima del furto, non dopo aver letto i mattinali della polizia», come promise quando assunse l’incarico, e allora ha pensato bene di irrompere all’ora del tè nel covo dei cattivi: «Fermi tutti, agente Fbi Vegas! Quest’Opa pro-Ligresti non s’ha da fare». Nemmeno quella su Fondiaria Sai.
Oppure Vegas ha “condiviso”, per usare un verbo caro all’a.d. di Unipol Cimbri, la struttura dell’operazione: l’ha concordata insomma. In questo caso, se ha dato cioè delle precise garanzie, e quindi la sua parola, si dovrà spendere presso gli uffici tecnici della Consob e poi presso i colleghi commissari, per far “condividere” pure a loro quello che è stato deciso un pomeriggio a Milano con qualche banchiere d’affari. Così vanno le cose nell’anno di sobrietà 2012.
Twitter: @lorenzodilena