di Barbara Bernardi
Prima di leggere un libro, lo annuso, lo tocco e lo guardo come si fa con un oggetto bello che attende di essere usato e posizionato, tra le altre preziose cose, nella propria casa.
I libri racchiudono storie, hanno una loro storia e attraversano quella degli uomini.
Sono oggetti che mutano e qualche volta si deteriorano.
Come tutte le cose sono intaccati dal tempo, corrosi, sporcati e impolverati. Appaiono fragili perché vivono insieme a noi gli effetti del trascorrere dei giorni e degli anni.
I libri possono mostrare la cura con cui sono conservati, ma anche i segni delle intemperie che hanno attraversato: le pagine si macchiano, ingialliscono, si strappano. La polvere riga i contorni, trasforma l’odore di stampa, annerisce le copertine.
Il tempo si deposita su un libro, lo trasforma impedendogli di tornare indietro e di ringiovanire: mentre le storie narrate conservano tracce di eternità o addirittura la possibilità di rinascita, riscoperta e attualizzazione, il libro come oggetto matura e invecchia.
Questo tempo, che cambia me e i libri che abitano le mie stanze, mi fa sentire a casa, un’emozione che si traduce in cura dei luoghi e delle cose.
Così spolvero i libri, li sistemo, li riordino, li aggiusto, li faccio invecchiare dignitosamente per continuare a farmi sentire a casa anche dentro le loro storie.
Nonostante abbia per i miei libri un affetto pieno e li curi amorevolmente, riconosco che la bellezza di tutte queste pagine, ordinate nella mia libreria di legno, deriva in buona parte dalla patina del tempo che vi si è depositata.
Le pagine sono segnate e talvolta sottolineate, qualche copertina è macchiata e consumata all’estremità; tutti i miei libri portano tracce del loro acquisto o dono: una data, un nome, una dedica, perfino una cancellatura.
I libri rimandano così alla mia storia intima e personale, come tappe di un’esistenza fatta di passioni, di personaggi, di immagini tramite le quali mi sono tuffata nel tempo.
Non sono emblemi di una “cultura colta per acculturati cultori della scrittura”, sono presenza viva e concreta fatta parola, fatta oggetto, fatta tempo.
Mentre scrivo questo post guardo la mia libreria e noto in particolare due libri, i più segnati, al punto che toccandoli fatico a tenere insieme le loro pagine. Le ultime tracce ingiallite del nastro adesivo mi ricordano i numerosi tentativi di aggiustarli: sono usciti malconci dal passare del tempo.
Sono testi così diversi che, come specchi, rivelano a me stessa la mia complessa natura e la mia storia di lettrice, dove il libro di genere si alterna al classico, al filosofico, allo sperimentale.
Il primo libro di Pirandello si apre malamente nel punto in cui l’autore ricorda al lettore di essere uno scrittore che necessita di storie imbevute di vita, uno scrittore di natura filosofica.
Lo dice prima di presentarci il suo Sei personaggi in cerca d’autore.
Là dove le pagine si staccano ferite, trovo un passo che mi pare ancora oggi di una tremenda attualità: “Crediamo d’intenderci, non c’intendiamo mai!” dice uno dei personaggi.
Ognuno ancora chiuso dentro il suo linguaggio, impossibilitato a capire l’altro che abita un diverso mondo comunicativo.
È una voce affranta, quella scritta da Pirandello, la rileggo proprio poco prima di un’altra voce che si trova nell’altro libro, ormai a pezzi, che conservo tre ripiani sotto il maestro siciliano.
Un grido femminile sferza la trama di un classico di Agatha Christie – Assassinio sull’Orient Express: “È una cosa terribile! Spaventosa!…Nella mia borsa da bagno! Un coltellaccio così…tutto macchiato di sangue!”
Ero ancora una bambina, quando ho rubato a mia sorella questo libro, e di certo il sangue era allora tentazione e paura.
Oggi che questo libro ancora spolvero e, fragile tra le mie mani, odoro per tornare alle estati calde nella mia stanza troppo piccola per la mia immaginazione, ho la conferma che non è mai stato il sangue a farmi appassionare al genere giallo, ma il mistero dell’umanità che trasuda da ogni sua pagina.
Immagino che molti si sorprenderanno dell’accostamento tra i due libri, alcuni forse troveranno stridente accostare l’alta letteratura di Pirandello alla popolare penna della giallista inglese: eppure lo scrittore siciliano mi ha portato dentro l’uomo e vicino alla bellezza della lingua italiana; la giallista Christie mi ha fatto conoscere la natura della mia immaginazione, il fascino per il mistero e il gusto per i paesaggi domestici del Nord.
Io non amo distinguere tra ‘alto’ e ‘basso’ nella cultura letteraria (e non solo).
La cultura per me si mangia, entra nella vita, si sporca come noi e non è mai da un’altra parte.
Ma questa è un’altra storia, per un altro post.