Il libro ritrovato. Consiglieri di pagineCarne Vale! O Car Naval?

di Micaela MoriniDa sempre amo il Carnevale: le maschere, la confusione, il rovesciamento dei ruoli, le feste in maschera e le frittelle. Tutti pensano che il carnevale sia solo questo, invece non ...

di Micaela Morini

Da sempre amo il Carnevale: le maschere, la confusione, il rovesciamento dei ruoli, le feste in maschera e le frittelle.
Tutti pensano che il carnevale sia solo questo, invece non è così.

L’etimologia della parola è complessa e ricca di significato.
Pare derivi, secondo alcuni, dal latino carne vale, carne addio!, o carne levamen, sollievo della carne, in opposizione alla Quaresima, l’epoca in cui non è lecito mangiare carne.
Per altri, invece, la parola carnevale si identifica con car naval cioè carro navale, lo stesso carro che ancora oggi avanza nel corteo carnevalesco di molti paesi del mediterraneo e che nel medioevo veniva allestito dai marinai per la riapertura della navigazione.
Nel bellissimo libro di Baroja Le Carnaval, il Carnevale è un carro navale che, sullo sfondo di arcaiche astrologie riporta, nel corso dell’anno, al culmine del firmamento la ruota solare.

Comunque, sia che derivi dal latino, sia che abbia altre affascinanti interpretazioni, il carnevale si presenta come una pausa e come un momento particolarmente pericoloso.
Perché pericoloso?
Il carnevale è il breve periodo tra il tramonto del vecchio anno e la salita al trono del nuovo: momento pericoloso per eccellenza perché in esso non valgono più le antiche norme e le nuove non hanno ancora potere.
Da qui il ricorrente fascino del simbolo della nave: si toglie l’ancora, si salpa, il carnevale costringe a imbarcarsi se non si vuole morire con l’anno che tramonta.
Bisogna essere davvero folli per prendere la via del mare; soltanto i folli possono affrontare il pericolo del mare, ma questi sanno, sono consapevoli e tengono la rotta.
Dunque la follia del carnevale ha un senso e una direzione.

Il carnevale è anche la festa della liberazione dalle vecchie cose dell’anno appena trascorso che ci hanno fatto soffrire e che ora desideriamo allontanare; così risata, danza e maschera sembrano essere gli elementi essenziali per questa liberazione.
La funzione della risata è ambivalente: è certamente di scherno che deride il vecchio anno e ne scopre ormai l’impotenza, ma è già una risata gioiosa di rinascita.
La danza anche nei momenti più sfrenati è sempre sacra.
I movimenti della danza tessono molteplici rapporti, congiungono elementi disparati, li unificano con fili invisibili. Ma ancor più, nella danza avvertiamo il legame che incatena, indissolubilmente, al ritmo dell’anno.
Più enigmatica è la maschera. Proprio la maschera di carnevale manifesta il vero volto: è la Morte.
Il carnevale ci offre nella maschera il volto autentico, ma, nello stesso tempo, proprio perché il vero volto, la Morte si presenta qui come maschera, noi possiamo anche riderne.

Secondo Florens Rang nel suo interessante saggio Psicologia storica del Carnevale per andare a scovare l’origine di questa che tra tutte è la festa più strana, dobbiamo lasciarci guidare dagli orientalisti verso la Caldea, nella terra madre della nostra religione.
Non lontano da Bab-ilu, la porta di Dio, molto tempo prima che la città di Babilonia divenisse capoluogo della Mesopotamia, verso il 3000 a.C., in una delle più antiche epigrafi della terra che ci siano pervenute, il sacerdote principe fa menzione di una festa in cui l’ancella prendeva il posto della signora, lo schiavo diventava signore e il potente stava in basso come l’uomo comune.

Nel libro di Macrobio: I Saturnali, i filosofi celebrano la saturnale festa dei folli tenendo serissimi colloqui intorno a questioni relative al calendario, l’astronomia e le leggende.

Il carnevale diviene così la festa della religione degli astri. È la festa dell’anno nuovo, in cui si
stabiliva un nuovo calendario e per un anno mutava la costellazione; è questo mutamento della posizione delle potenze celesti, che si rispecchia in un mutamento della terra: nello scambio di ruoli carnevaleschi.
Quello che il cielo comanda deve accadere sulla terra e a carnevale i ruoli sono invertiti, proprio perché è il cielo a volerlo.

Ogni città italiana ha una propria tradizione carnevalesca. A Verona è il Venerdì gnocolar.
Mi piace ricordare qui come tutto è iniziato.

L’origine del nostro carnevale è molto complessa e ha dato adito a diverse interpretazioni.
Riferendomi a uno studio di Tullio Lenotti nel suo libro Il Carnevale veronese nella tradizione e nella storia, non è fuori luogo ammettere che il carnevale veronese trovi la sua origine nelle antiche Corse del Palio sancite dallo statuto albertino e che trovarono magistrale eco nel XV canto dell’Inferno nella Divina Commedia:

…parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
per la campagna; e parve di costoro
quelli che vince, non colui che perde.

Un’altra affascinante interpretazione del Dalla Corte narra che in seguito a continue inondazioni dell’Adige avvenute tra il 1520 e il 1531 e le devastazioni commesse dalle truppe tedesche nel Veneto, Verona era oppressa da una terribile carestia.
Per prevenire ogni tentativo di rivolta e per provvedere ai bisogni del popolo furono eletti alcuni cittadini. Vuole la tradizione che vi fosse anche il Da Vico per opera del quale ebbe inizio il Baccanale del gnocco nel venerdì ultimo di carnevale, facendo in quel giorno distribuire al popolo della contrada di San Zeno pane, vino, burro, farina e formaggio, tutti gli ingredienti per fare gli gnocchi.
Si dice ancora che Tomaso Da Vico abbia lasciato per testamento che la distribuzione dei generi alimentari venisse fatta tutti gli anni al popolo del rione di San Zeno.
Il testamento esiste, è presso l’archivio di stato di Verona dettato il 13 maggio 1531.

Maschere, ruoli invertiti, risate, danze e un bel piatto di gnocchi acquisteranno, forse, un altro significato.

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