Date un’occhiata a questo tweet
Adesso immaginate che lo legga davvero un medico obiettore di coscienza, uno che su queste decisioni porta alle spalle anni di riflessioni, letture, dubbi e notti insonni perché è in gioco la vita. Come si sentirà, dopo aver scoperto che era tutto così semplice?
E adesso provate a immaginare la faccia soddisfatta di Tommaso Labate, che lo legge e rilegge, con l’aria di chi ha finalmente trovato la vera chiave della questione e l’ha espressa con l’ennesimo, riuscitissimo, tweet.
Ebbene sì, i migliori danni non si producono quando gli uomini non sanno fare le cose, ma quando sanno farle. Perché poi, di solito, dal fare passano allo strafare. E Tommaso Labate, purtroppo, con twitter ci sa fare parecchio. Come talento puro, diciamo così: velocità di pensiero e di
risposta, brillantezza comunicativa, metafore geniali come questa
E’ uno di quelli che hanno “colto” lo strumento e lo interpretano al meglio nella sua versione italiana, leggera e narcisistica più che informativa, con quel tanto di “ritocco della personalità” che richiede: la foto profilo, per esempio, è un ritratto cartoonizzato in cui lo scambieresti per Johnny Deep, dal vivo c’è un piccoletto con vocina snervante e lineamenti non proprio holliwoodiani. Da dove tragga fondamento quel certo narcisismo che sembra mostrare in tv, rimane ancora un mistero.
Un giorno ha risposto così a un tweet di Antonio Polito che scriveva: “Mi spiegate dov’e’ il problema se
Radio Maria chiede delle donazioni testamentarie? Se le chiedesse Unicef o Emergency obietterebbero?”
Anche qui geniale, vero? E vai a spiegare che Radio Maria non è il Mago Nicola, ma un’agenzia di comunicazione che si muove nel solco di duemila anni di tradizione, alla quale tanti hanno creduto, tramandandola anche a costo della vita. E vai a spiegare (tornando al primo tweet) che c’è una profonda differenza, per la filosofia etica, tra una responsabilità diretta e una indiretta?
Ma cosa volete che gliene freghi? A lui basta spararla lì, in fondo funziona. E poi lui è uno che non disturba. Il tutto, infatti, è sempre condito da una bonarietà cortese, una certa amichevolezza da strapazzo. Deve dissentire da Antonio Polito? “Ma preciso che Polito è mio maestro”. Deve ridicolizzare Monica Guerritore per l’incomprensione di un suo tweet? “Premesso che è il mio mito”. E che palle dai, preferiamo chi si incazza davvero, come @ferrarailgrasso. Il dramma di questo “eroe del politicamente corretto”, poi, è quello di non sapere di esserlo. Anche perché, quando c’è da sparare sull’agnello sacrificale di turno, sa farlo senza le sue premessine cortesi e con una cattiveria inusuale:
Quel giudice forse no, e io neppure sono tanto a posto con la coscienza, e tu, caro Tommaso, lo sei? credi di esserlo?
Labate e il suo “twitter style” sono un ottimo specchio della cultura del nostro tempo: poco spazio per la complessità del pensiero, le sue sfaccettature e le sue tante zone grigie. E’ un tempo in cui sembra da stupidi voler cogliere il vivere con la ricerca, il confronto serrato e paziente, la condivisione di vita. Funziona l’estemporaneità ironica di un pensierino da twitter. Ebbene sì, purtroppo sì.
GIUDIZIO
Solo una parola, che prendo in prestito da un suo collega che, in un contesto privato, lo ha definito “poverino”. Naturalmente arlava di povertà culturale, come assenza di riferimenti ideali, incapacità di vedere i propri limiti. E forse si tratta, per dirla con Francesco Guccini, di una povertà un po’ peggiore.
VOTO 9: Che dire? C’è da ammettere che è bravo. Ebbene sì, purtroppo sì.