Buona e mala politicaDa Expo (1906) a Expo (2015). Cambia il racconto di Milano

Da oggi (davanti al Teatro degli Arcimboldi, dalle ore 13 alle 23) fino all’1 giugno in sette piazze di Milano  le scuole civiche di spettacolo – con in testa la Scuola di teatro “Paolo Grassi” -  ...

Da oggi (davanti al Teatro degli Arcimboldi, dalle ore 13 alle 23) fino all’1 giugno in sette piazze di Milano  le scuole civiche di spettacolo – con in testa la Scuola di teatro “Paolo Grassi” –  proporranno (libero accesso per i cittadini) pagine significative di teatro, letteratura, arte e musica dedicate all’identità di Milano, presso le installazioni predisposte da Michele De Lucchi con le immagini di illustratori che hanno preso spunto dalle tesi identitarie esposte in Triennale [1] .

Il programma dettagliato della settimana, con indicazione dei brani di spettacolo e della logistica, al link

http://www.fondazionemilano.eu/2011/02/identita-milano-26-maggio-1-giugno

Si tratta di un evento importante per promuovere partecipazione e stimolazione al dibattito su un tema facile ma anche complesso: chi siamo, come è evoluta la percezione della comunità, come va indirizzato il nuovo racconto della città in ordine ai cambiamenti intervenuti.

Tema che va sotto il nome tecnico di “citytelling” su cui in autunno il Comitato Brand Milano – che cura questo programma per il Comune – promuoverà un Forum, con contributi nazionali e internazionali, per una riflessione orientata a Expo.

Se prendiamo il termine storico del precedente Expo del 1906 – quindi da Expo a ExpoMilano di nuovi racconti di sé ne ha fatti parecchi nel corso di un secolo.

Proprio quell’Expo ricapitolava gli anni tra i due secoli, esprimendo – dopo la crisi sociale di fine ‘800 – la visione ottimistica dello sviluppo tecnologico e industriale di una città che collegava Italia ed Europa (anche con infrastrutture e trafori a cui l’Expo era dedicata); e che prometteva sviluppo e benessere. Una proposta che doveva scontrarsi a breve con lo sciagurato contesto della guerra mondiale.

A smentire certi scenari (non quello industriale e commerciale, certamente quello civile) arrivava a breve un nuovo racconto di sé della Milano fascista (partì da qui la marcia su Roma) che occupò il ventennio.

Finché un terzo importante racconto Milano lo fece con la ricostruzione, dopo il riscatto della liberazione e riportando in dieci anni (le fabbriche prima delle case) la città a funzionalità interna e a favore del paese.

Il quarto racconto impegnò gli anni ’60 attorno al cambiamento strutturale dell’economia, diventata post-industriale. Era un racconto affidato ad editoria, architettura,  teatro, comunicazione, moda, design. A forme più immateriali di produzione che cambiavano il PIL e la mentalità della città. I “meravigliosi sessanta” divennero negli anni ’70 ambigui: profonda ristrutturazione (quindi cambiamenti sostanziali) ma anche anni di piombo e terrorismo. Il racconto di Milano fu la copertina di quel capitolo.

Per aprire le porte – negli anni ’80 – ad un racconto più liberato e sfidante, quello di una città a cui andava stretto lo Stato non adeguatamente riformato e che si poneva (anche rispetto alla politica) come capitale. Un racconto appoggiato ad una idea di modello che provocò tensione, tifo e contrasti. Fino a subire il contraccolpo degli anni ’90 quando l’immagine della “Milano da bere” si caricò di valenze negative.

Il successivo  racconto è stato segnato dal lungo governo del centro-destra e da due istanze tra di loro in contrasto: il localismo della Lega e l’edonismo berlusconiano. Al di là del pluralismo di opinione sempre esistito (Milano sociale e solidale, Milano manifatturiera, Milano della ricerca e della conoscenza, Milano della salute, eccetera) la frammentazione di racconto e la difficoltà di dare un modello di visione al cambiamento della città si è poi riverberata fino a oggi.

E’ certo che è necessario uno sforzo di coinvolgimento dell’opinione pubblica. Nando Pagnoncelli – che ha guidato le indagini di Ipsos promosse ad inizio di attuazione di programma (convenzione Comune di Milano-Triennale) [2]  ha ricordato che i cittadini consultati hanno detto principalmente tre cose: da borgo a città metropolitana; sì all’innovazione, non solo per il lusso ma per la qualità della vita e per la sostenibilità; riprendere ad investire sulla economia della cultura.

Sono solo punti di partenza. Ora serve fare sintesi e andare verso nuove e condivise ipotesi di brand story.