Buona e mala politicaApertura dei Mondiali. Il Brasile non esce dal suo stereotipo.

Il fortissimo stereotipo triangolare brasiliano (samba, carnaval, futebol) ha resistito. Ha tenuto i ponti levatoi alzati, senza dar retta alle sirene del cambiamento. Occasione d'oro i Mondiali di...

Il fortissimo stereotipo triangolare brasiliano (samba, carnaval, futebol) ha resistito.

Ha tenuto i ponti levatoi alzati, senza dar retta alle sirene del cambiamento.

Occasione d’oro i Mondiali di calcio, questa Copa che rivela le contraddizioni del paese catapultato nell’alta classifica dell’economia mondiale senza aver fatto ancora tutti i passi intermedi della crescita sociale e civile, anche se di passi il Brasile contemporaneo ne ha fatti tanti.

Un paese forte e fragile, in slancio e con irrisolti, grandissimo ma con una demografia accettabile, multietnico e abbastanza ben integrato.

L’occasione – se ne parla da un paio di anni – sarebbe stata quella di introdurre una o due nuove icone nel portale planetario dell’inaugurazione dei Mondiali.

Diciamo qualche simbolo della modernità. Magari le metropoli – popolose, amate, tecnologiche, forzieri delle nuove ricchezze – o magari proprio la nuova forma dell’integrazione sociale.

O – perchè no? – il micromondo che il Brasile vanta a somiglianza del mondo intero con il risultato “cosmico” di razze nere, bianche, gialle, rosse e di tutto l’ibrido che le contaminazaioni hanno creato. Insomma un paese che avrebbe avuto tutto il diritto di ritoccare questa volta il suo stereotipo aprendo nuove piste al racconto del suo patrimonio simbolico.

Invece la cerimonia di apertura ha visto la scelta di stare sul sicuro.

Di riproporre la musica e le sue strumentazioni originali, la danza nella forma più carnevalesca (e anche un po’ caciarona, zittendo il paese dei poeti e della bossanova), di segnalare il futebol come parte dello spettacolo, non solo come un annuncio di spettacolo.

Con questo approccio il Brasile mantiene la sua sfida al presente. Un presente di scalata al mondo (con la finanza, le materie prime, ormai buone infrastrutture, una immensa risorsa ambientale e una certa classe dirigente), che oggi è scontro, conflitto, guerra. Perchè tra il vecchio e il nuovo mondo proprio la crisi economica in atto segnala un rovesciamemnto della piramide del ‘900.

Ma questa guerra il Brasile la vuole vincere (sempre che superi a sua volta la crisi interna che si è aperta) con le bandiere giocose di sempre, quelle che non solo non spaventano ma aggregano identità interna e simpatia del mondo.

E’ vero che samba, carnaval e futebol sono una “verità” non una “propaganda”.

Ma ormai sono una “mezza verità” che il Brasile non ha ritenuto di colmare con questa mezzoretta di apertura planetatria dei Mondiali.

Almeno – a differenza delle tre ore di Sochi in Russia – l’ha liquidata in breve.

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