Buona e mala politicaLa struttura retorica di Matteo Renzi ( a Strasburgo) sulla bilancia

Il discorso di Matteo Renzi, capo del Governo italiano, pronunciato per l’apertura del semestre italiano dell’Unione Europea fissato mercoledì 2 luglio nella sede di Strasburgo del Parlamento Europ...

Il discorso di Matteo Renzi, capo del Governo italiano, pronunciato per l’apertura del semestre italiano dell’Unione Europea fissato mercoledì 2 luglio nella sede di Strasburgo del Parlamento Europeo, è durato 19 minuti e 12 secondi. E’ stato salutato da un applauso incoraggiante, intervallato da applausi di consenso, concluso – pur senza enfasi eccessiva – con l’emiciclo in piedi, tanto per la solennità di un evento che apriva in realtà anche la nuova legislatura , quanto per apprezzamento della scelta retorica valoriale del premier italiano.  Dopo averlo ascoltato, ecco brevi appunti di scomposizione della sua struttura narrativa e retorica.

Le tre scelte preliminari delle “cose da non fare”, con quel discorso, sono state:

• Renzi ha scelto di non leggere e quindi di non passare in rassegna adempimenti d’obbligo e spunti connessi a scelte specifiche dalla presidenza di turno; materie composte in un documento scritto affidato all’Aula per successive valutazioni;

• ha scelto di non entrare – neppure allusivamente – nella discussione politica in atto sulla governance europea e di non citare i protagonisti di quella discussione (salvo, di rito, il presidente della sessione);

• ha scelto infine di marginalizzare la cronaca politica di contesto, salvo brevi riferimenti – più volte  ricondotti alla condizione delle donne – alle criticità della sponda mediterranea, in particolare la Libia, per i drammi dell’immigrazione clandestina; dell’angolo mediorientale per le tensioni in atto, con il diritto di esistere della Palestina e il dovere di esistere di Israele a fronte del valore della “memoria”; delle persecuzioni anticristiane in corso nelle radicalizzazione islamiche dell’Africa e, infine, alla voce dell’Ucraina “che chiede libertà e vuole Europa”.

I tre tempi storici della narrazione sono stati:

• il passaggio di civilizzazione tra la cultura greca e quella latina (primo tema delle eredità);

• il passaggio di tensione valoriale dell’Europa che comunica noia alla “rappresentanza della civilizzazione” nel contesto global (secondo tema delle eredità);

• il passaggio nel protagonismo politico di una generazione che assume le responsabilità in forma diversa dai “predecessori” (meno “discorsi vuoti”) autobatezzandola “generazione Telemaco” (terzo tema delle eredità, quello “del dovere di meritare le eredità”).

I tre soggetti narranti nel discorso sono stati:

• “io” (quando ha rivendicato passaggi di narrazioni precedenti);

• “noi” (quando ha richiamato il ruolo della sua parte politica a dimensione nazionale ed europea);

• “l’Italia” (quando ha rafforzato il soggetto politico-istituzionale che chiede rispetto e pari dignità).

I tre caratteri comunicativi delle esternazioni di Renzi in Parlamento sono stati:

• il discorso di avvio della presidenza, giudicato “soft”;

• il discorso di replica dopo il dibattito, giudicato “aspro”;

• il discorso negato alla tradizionale conferenza stampa, che ha prodotto polemiche ma che ha fatto notizia.

 Le tre direttrici tematiche  dell’intervento sono state:

• in termini comunicativi Renzi ha raccolto e bilanciato la consumata frustrazione di quella Europa che crede all’Europa di avere perso la parola;

• in termini politici ha rivendicato alla propria parte, attraverso la netta segnalazione della rappresentanza del partito nazionale più votato, un azionariato pesante e ha rivendicato al proprio paese l’orgoglio di essere tra coloro che contribuiscono con più di quanto ricevono;

• in termini economici ha preannunciato la declinazione (pur rimasta misteriosa) del concetto di flessibilità ricordando che il “patto ereditato” prevede in pari misura stabilità e crescita.

I tre giudizi prevalsi nell’immediata eco del discorso sono stati:

• per i criteri dell’autorevolezza competente di istituzioni a lungo coltivate nella mitologia tecnocratica, il discorso di Renzi non è stato all’altezza;

• per i criteri della sociologia politica che lavora attorno alla crescita dell’astensionismo e della disaffezione istituzionale rispetto all’Europa, il discorso di Renzi è stato provvidenziale;

• per coloro che pensano che – a fronte dell’aumento della componente euroscettica ed eurofobica – le aree politiche “governanti” (socialisti, popolari, liberali e verdi) devono produrre rapidamente “trasversalità valoriali”, il discorso di Renzi è stato abile (tra le abilità tutti segnalano il passaggio sull’indispensabilità della Gran Bretagna).

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