Il 20 ottobre scorso faceva la sua comparsa su Twitter Monica Lewinsky.
La circostanza è tutt’altro che casuale: proprio in quei giorni infatti Monica ha tenuto un discorso a Philadelphia al Forbes Under30 Summit, di fronte a circa un migliaio di “young entrepreneurs and achievers”, vale a dire il top delle nuove leve americane.
Durante i 25 minuti del suo discorso (visionabile qui: http://www.forbes.com/sites/clareoconnor/2014/10/20/full-transcript-moni… ) Lewinsky
colpisce per la sua forza comunicativa, la lucida consapevolezza e – diciamocelo – anche il coraggio con cui ha deciso di esporsi perché, come lei stessa dice, citando T.S. Eliot : “I’d been publicly silent for a decade. But now, I must disturb the universe”.
Già lo aveva fatto nel giugno scorso in un articolo su Vanity Fair America, le sue prime parole pubbliche in dieci anni.
La scelta di ‘disturbare l’universo’ è legata alla sua volontà di impegnarsi pubblicamente contro ilcyberbullismo, di cui si definisce la ‘Patient Zero’: la prima persona ad aver avuto la reputazione completamente distrutta a livello globale a causa del Web, nel 1998.
Nel discorso del summit di Philadelphia Lewinsky – oggi quarantenne – esordisce ironizzando sulla differenza di età tra lei e il suo pubblico, tutti ragazzi di almeno 15 anni più giovani, e sul fatto che forse non tutti sanno “who the hell is she, this Monica?” , chi diavolo sia questa Monica e a che titolo si trovi lì a parlare.
E allora lei lo spiega.
Racconta di quando, fresca di laurea, si trovò a fare uno stage alla Casa Bianca e durante quello stage, con tutta l’ingenuità dei vent’anni, si innamorò del suo capo.
“It happens”. Capita.
Visse con lui una storia che andò avanti in modalità on/off per due anni: lui per lei in quel momentoera tutto, “in a 22-years-old-sort-of-way”.
“It happens”. Anche questo capita.
Solo che il suo capo era Bill Clinton, il Presidente degli Stati Uniti d’America… “and that probably happens less often”. Sì, questo capita decisamente meno spesso.
Ho trovato geniale il modo in cui Monica ha raccontato la sua storia: diretto, reale, autoironico. Nel suo discorso racconta il disastro psicologico che è scaturito dall’essere diventata dal giorno alla notte una persona pubblicamente umiliata, primo fenomeno globalmente virale da social media.
Racconta che quando è scoppiata la bomba mediatica della sua storia col Presidente è nata una seconda Monica: la Monica Lewinsky pubblica, “a somewhat curious character constructed bypolitical faction and the media, with a little fact and a lot of fiction”. Lei è arrivata al punto di temere di disintegrarsi, di frantumarsi.
E però alla fine ne è uscita, senza nemmeno ricorrere al cambio di cognome che molti le avevano suggerito.
“I am still Monica Lewinsky” – afferma con orgoglio di fronte al pubblico del Summit.
Ma non è così per tutti. Non è stato così ad esempio per Tyler Clementi, un ragazzino americano che nel 2010 si è buttato giù da un ponte dopo che un suo compagno aveva messo in rete un video in cui Tyler baciava un altro ragazzo.
E’ stata proprio la storia di Tyler a far scattare in Monica la molla del riconoscimento e della volontà di dedicare il suo impegno alla sensibilizzazione sul tema del cyberbullismo.
Colpisce la forza che trasmette la Monica Lewinsky di oggi: la forza di una donna che è ha superatoil tornado che l’ha investita e che ha vissuto un’evoluzione dolorosa, di cui porta le tracce in ogni parola, in ogni espressione. Ma un’evoluzione che l’ha portata ad essere una persona positivamente nuova.
E se i maligni si sono subito fiondati a definirla “professional victim” (New York Post), o i complottisti pensano alle ripercussioni della sua uscita in scena sulla futura campagna elettorale di Hillary Clinton, sostenendo che la presenza della Lewinsky su Twitter e il suo impegno sociale saranno una grana per la Clinton – io voglio vedere solo la parte positiva della storia, cioè quella di riscossione umana di Monica.
Resta da capire adesso come porterà avanti la sua attività di sensibilizzazione. Stay tuned.