Assad sostiene l’ISIS. Solo quando Assad andrà via potremo liberarci definitivamente dall’ISIS. Per questo continuiamo a manifestare.
A Kafr Anbel, un villaggio nel Nord Ovest della Siria, ogni venerdì si scende per strada. Da quattro anni. Uomini, adulti e bambini. Le donne restano a casa, al sicuro.
Ogni venerdì la cittadina distrutta respira tra i cartelloni. Tra i sorrisi, anche. Quello che le bombe non possono seppellire: la voglia di esprimersi, la necessità di condividere. Le emozioni. Crescono accellerate sotto i boom e i fuochi, poi diventano “norma”, da quelle parti.
Ahmad Jalal, 33 anni, continua a sporcarsi le mani di colore. Disegna. come tanti altri. Vignetta dopo vignetta la vita gli scorre sulla carta, di giorno in giorno, in attesa del venerdì. Avrebbe affinato il suo talento, da un’altra parte del mondo. Avrebbe lavorato come designer, forse. È rimasto nella terra delle olive e dei fichi, invece, tra le macerie, la vendetta di Assad, le bombe di Putin, la resistenza ai terroristi della fazione di Al Nusra, rivoltosi affiliati di Al Qaeda. Lo chiamano l’uomo matita. L’ho visto scritto nella didascalia di una foto, ritratto affianco a un guerrigliero, l’uomo fucile. Ribelli, entrambi. Impugnano un’arma diversa, per difendersi. Per resistere. Per provarci.
“La risposta è nel tentativo“, direbbe Linklater, il regista. Ma questo non è un film. L’ideale e la poesia non fanno miracoli. Aiutano a non “perdersi di vista”. I ragazzi di Kafr Anbel non l’hanno fatto. Continuano a creare e vivere tra i pennarelli e gli slogan. Si raccontano, per strada e sui social. Un tempo curavano un sito, poi un tumblr. Ora sono attivi principalmente su facebook e su twitter. Scrivono in inglese per farsi comprendere. Meglio di me. Anche loro come Mohammed Al Khatib, il ribelle siriano. Forse è il caso di parlare ancora di lui, proprio oggi, magari più tardi.
Occupy Kafranbel
L’ideatore del progetto è già finito sui giornali. Su molti giornali. “Raed Fares”, si chiama così. A gennaio di quest’anno gli hanno sparato davanti casa per intimidirlo. Poi è stato anche a Parigi per parlare della sua #occupykaframbel revolution. Poi ce ne siamo dimenticati
Tempo fa ho letto sulla pagina facebook un commento che mi ha spiazzato. “Assad compra il petrolio dall’ISIS”, scriveva uno degli admin. Ho sentito l’esigenza di capire. Ho fatto due chiacchiere con “Alì”, uno di loro. Questa è una traduzione sommaria di quanto mi ha spiegato.
“Siamo un gruppo pacifista di attivisti. Manifestiamo con i cartelloni, ogni settimana. Eravamo territorio della Free Syrian army (FSA) finché un gruppo di Al Qaeda ha iniziato a prendere possesso della nostra città
Non siamo sotto controllo da parte dell’ISIS. L’FSA ha resistito, ha combattuto. Li abbiamo mandati via insieme lo scorso anno.
Restiamo concentrati su Assad, adesso. Contro lui protestiamo. Sostiene ISIS. Solo quando Assad andrà via potremo liberarci definitivamente dall’ISIS.
Le donne? Sono a casa.
In quanti siamo? Dovremmo essere in 25 mila. Siamo rimasti in 5000. Molti sono andati via per la guerra, la distruzione, il dolore.
Abbiamo cibo e medicine. Abbiamo tutto. Gli Stati Uniti e la Turchia ci forniscono anche la rete.
Quello che desideriamo? Che la Russia e Assad smettano di bombardarci.
Non so in quanti di noi stiano combattendo. I terroristi di Al Nusrah (i rivoltosi affiliati ad Al Qaeda) hanno ucciso molti combattenti dell’esercito libero siriano. In questo periodo l’FSA non sta facendo tanto. Il nostro problema principale ora è Assad. Poi viene l’ISIS. Poi Al Nusrah. Ci auguriamo che vadano via tutti al più presto. Quelli di Al Nusrah vogliono lo Stato islamico. Il popolo vuole uno Stato civile, ed è per questo che continuiamo a scendere in piazza. Lo ribadiamo: in primo luogo contro Assad…”
Andate a visitare la loro pagina facebook. Ne vale la pena: facebook.com/kafrev