Buona e mala politicaDal potere delle armi al potere delle parole

Quarta corrispondenza dal confine turco-siriano sull'ondata migratoria Gaziantep, 17 marzo 2016 La seconda giornata della conferenza italo-turca sulla prospettiva delle migrazioni siriane mette ...

Quarta corrispondenza dal confine turco-siriano sull’ondata migratoria
Gaziantep, 17 marzo 2016

La seconda giornata della conferenza italo-turca sulla prospettiva delle migrazioni siriane mette al centro i bambini e quindi i nodi delicati dell’educazione e dell’organizzazione di uno specifico ascolto dei bisogni.
La Turchia, forte dei 2 milioni e mezzo di siriani accolti e dei 320 mila bambini e ragazzi scolarizzati, riceve i complimenti dagli stessi funzionari italiani dell’Istruzione (in Italia – dice Giuseppe Fusacchia, della direzione generale “Integrazione e Partecipazione” del MIUR – sono 800 mila i bambini e i ragazzi di provenienza migratoria che sono inquadrati con regolarità nel sistema scolastico) per una attitudine coraggiosa rispetto ad altri paesi, anche europei, che faticano ad aprire i dossier della “fase due”.
E le esponenti dell’associazionismo femminile e familiare dei siriani emigrati qui confermano la buona qualità dell’accoglienza ricevuta. Fermo restando tutto ciò che caratterizza una tragedia: città distrutte, case perdute, scuole (dice la presidente delle donne siriane) “appositamente bombardate”, il numero rilevante degli orfani, i ricongiungimenti familiari non completati. Fatte queste ammissioni, possono anche essere posti i problemi: la metà dei bambini emigrati ancora fuori dal recupero scolastico, la criticità delle famiglie più povere che hanno trovato ricovero lontano dai centri abitati ( con una eccessiva distanza delle scuole), la resistenza di certe famiglie turche ad accettare la vicinanza nei banchi, la condizione doppiamente critica delle donne vedove con figli (inevitabile piega di ogni storia di guerra).

Insomma, fa parte della “fase due” il tema non più della sopravvivenza ma quello della qualità della riorganizzazione.
I siriani parlano arabo e la questione linguistica, in Turchia, e’ prioritaria per la riorganizzazione educativa e del recupero di funzioni lavorative.
Il convegno di Gaziantep e’ percepito come un’occasione preziosa per rappresentare il chiaroscuro di questo difficile processo. Dunque le condizioni di dibattito e di confronto entrano nell’agenda delle politiche sociali sul tema e la natura non solo bilaterale ma internazionale dell’approccio e’ molto apprezzata, come se la presenza di un “occhio terzo” garantisse di più sia la riflessione sui bisogni che il racconto sugli aiuti. L’organizzazione italiana di Minerva incassa qui un sincero apprezzamento.

Sehadet Gercek presiede l’associazione femminile non governativa “Mozaik” che dedica la propria iniziativa ai bisogni delle donne siriane emigrate e rifugiate: disattamento sociale e psicologico, intervento nei campi nelle condizioni di migliaia di orfani, recupero della dispersione scolastica. E Il disattamento di famiglie emigrate rispetto a usi e costumi locali tradizionali, pone problemi educativi non solo dei bambini ma anche degli adulti. La presidente delle donne siriane Alham Milacy ricorre ad un esempio limite per spiegare questo argomento: l’ avviamento al matrimonio delle bambine in età eccessivamente precoce, in alcuni ambiti sociali e’ un tentativo di trovare “protezione” per i figli producendo spesso uno snaturamento dell’adolescenza.
Colpisce comunque la consistenza e la preparazione di questo associazionismo civile che è una infrastruttura preziosa di mediazione per l’attuazione delle politiche sociali dei paesi ospitanti. Associazionismo attivo nei campi di accoglienza, nelle periferie, nelle zone di frontiera. Ma anche ben attrezzato ad una rappresentazione per nulla inibita di questi argomenti in una conferenza internazionale.
In questa rappresentazione proprio il dibattito mette in evidenza l’argomentazione di parte siriana sulla necessità di non perdere – malgrado il quadro ambientale dei rifugiati – il rapporto primario con la propria lingua e con la propria identità. “Non vogliamo nessuna assimilazione – dice una esponente dell’associazionismo femminile siriano – anche imparare il turco e’ perdere tempo rispetto alla necessità temporanea di sopravvivere e all’obiettivo fortissimo di tornare nella nostra patria liberata dalle guerre e dalle violenze”.

Educazione, formazione, lavoro. Il nesso e’ evidente nella post emergenza. Ed e’ un nesso regolato conflittualmente da due paradigmi: il mercato e la burocrazia. Dunque abbastanza regolabile solo se si esprime una certa volontà politica. Ma la volontà deve esprimersi anche nelle comunità emigrate (a cominciare dalla priorità linguistica se sul tema “lavoro” si vuole ragionare tenendo i piedi per terra).
Come ricorda la console onoraria italiana a Gaziantep Mehpare Sayan Kileci, l’80% dei migranti siriani in Turchia non ha un mestiere e la maggioranza di loro e’ fuori dai campi e, dunque, con urgente esigenza di provvedere alla propria sussistenza.
Rodolfo Giorgetti, capo del Dipartimento Immigrazione di “Italia Lavoro”, torna sulla centralità della forza negoziale rappresentata dalla conoscenza della lingua e dice: “quella negozialita’ e’ rappresentata da un progetto migratorio che va ascoltato”.

Il mio contributo verte – verso le conclusioni della conferenza – sul tema della comunicazione e dei sistemi relazionali, nel quadro anche della rappresentazione mediatica di questi processi e propone un livello di maggiore priorità nello schema organizzativo dei presidi di questa tematica. Il test condotto di recente sul Centro milanese di Via Corelli – che ha operato su una parte consistente di immigrati siriani in transito in Italia – ha mostrato che i bisogni prioritari in “fase due” non sono solo di tipo materiale ma preliminarmente di tipo relazionale (avere un interlocutore affidabile, poter esprimere i propri bisogni, avere informazioni corrette per potere progettare un micro-piano personale). Anche su questa frontiera turco-siriana la priorità viene condivisa.
Riccardo Severi, motore esperto dell’organizzazione della conferenza e della tessitura dei rapporti che hanno assicurato il successo, darà, alle fine dei lavori, la sintesi delle raccomandazioni a disposizione dei decisori (istituzionali e sociali) per misurare con scelte possibili il “potere delle parole”.

Precedenti corrispondenze sull’argomento

Preliminare
http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2016/03/12/migranti-visita-al-riqualificato-centro-di-via-corelli-allortica-in-vi/23999/

Prima
http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2016/03/15/domani-conferenza-italo-turca-a-gaziantep-sulla-prospettiva-post-emerg/24008/

Seconda
http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2016/03/16/gestiamo-bene-la-fertilita-male-la-mobilita-allungare-lo-sguardo/24009/

Terza
http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2016/03/16/siria-il-laboratorio-della-pace-e-quello-della-guerra-entrambi-al-lavo/24017/