Provando alle autorità di controllo che, essendo autore di un libro intervista con Marco Pannella, ho un credito di dieci domande risparmiate a suo tempo (2009) dall’eccesso di irruenza dello stesso Marco nelle risposte in precedenza date, ho avuto poco fa la possibilità di svolgere questa intervista, che altri chiamerebbero “impossibile” e che io chiamo “possibile” al Reputato Estinto mentre sulla terra, a cinque minuti a piedi da Via della Panetteria, si svolgono i suoi funerali laici.
Marco?
No, scusa…no…questo dopo…ecco, io lo avevo detto, niente funerali a facce lunghe…niente retorica…niente pistolotti…musica…musica…
Figurati, Marco. Ma se ti ho cercato oggi, è proprio per tentare la via meno retorica. Sei l’unico che può reagire alla commozione dei tuoi funerali. E forse io sono anche l’unico che ti abbia obbligato a un razionale riepilogo di ottanta anni di vita. Senza inganni. Senza piaggeria. E tu addirittura senza rileggere le bozze…
Vabbè, ma oggi io sono morto! Non sono tenuto nè a memorie nè a difese. Puoi sentire Gianfranco se vuoi…Una cosetta verosimile se la inventa, se ti serve…
Ma a me non “serve” niente. Non faccio il giornalista. Non devo “fare notizia”. Vorrei che tu commentassi l’impressione di due intense giornate che l’Italia ha dedicato alla tua scomparsa. Giornali, radio, tv e ora – mentre parliamo – una piazza Navona strabocchevole, con ressa di sentimenti e di ricordi.
Ringrazio tutti. Persona per persona. Chi ha scritto, chi ha parlato, chi ha mandato un fax. Ringrazio anche chi è stato percepito come ipocrita, perché magari ha ammesso un frammento di contaminazione, scampando così dall’ipocrisia totale. E quindi ringrazio anche Eugenio Scalfari per non essere stato ipocrita.
Diciamo così: Scalfari ha spiegato che la rottura tra di voi è stata determinata dal fatto che lui capiva la politica e tu volevi essere un santone. Ci siamo?
Io un santone e i liberal-radicali come me “quattro gatti”. L’ho letto e lo assolvo. Diciamo che è stato un affermato giornalista giusto perché la politica non si è rivelata la sua strada. Lo assolvo perché non ha aspettato i miei funerali per dirlo. Ci aveva già provato.
E assolvi anche il direttore di Repubblica, Calabresi, per avere dedicato la prima, la seconda e la terza pagina del giornale di venerdì 20 maggio per fare il necrologio di “un attore”?
Ah, ma allora non la vuoi capire che sono morto!! Si, lo assolvo, per incoraggiarlo a fare finalmente il “suo” giornale.
Ti è piaciuto l’intenso telegramma di Emma ad apertura della commemorazione?
Si, mi è piaciuto. Ha detto le tre cose che io stesso avrei suggerito a chi me lo avesse chiesto. L’ Europa di Spinelli. La politica in piazza. La resistenza dei radicali.
Quanto ad altre dichiarazioni di questi giorni, nessun fastidio per qualche ipocrisia?
Sono stato sopraffatto da buoni sentimenti, da sincerità magari represse dalle censure mediatiche e politiche del nostro tempo, dalla restituzione di tanti frammenti di vita reale. Se sono servito a fare esprimere un sorriso, una mano tesa, una parola buona…sento di essere ripagato.
Ma allora è vero che sei un “santone”?
Siamo una tribù di “santoni” che oggi, finalmente con Roma al sole, si è ritrovata con le dimensioni delle nostre vittorie ai referendum.
Questa storia della mancata nomina a “senatore a vita” è entrata nell’opinione pubblica come una frode compiuta dal cinismo istituzionale. Che ne dici?
Dico che oggi anche quella medaglia sarebbe vana. Sono morto. Ma la vita parlamentare compiuta nello spirito romano della reciproca legittimazione di istituzioni e popolo (senatus populusque) è la mia storia. Ed essa non aveva bisogno di altre consacrazioni.
Con la lettera a Papa Francesco hai firmato la tua simbolica conversione?
Con la lettera a Francesco ho firmato l’applauso per un gesto straordinario di reazione alla stupidità di governi senza coraggio che Francesco ha messo in campo per dimostrare che la via della speranza riapre anche i compromessi blindati dalle paure.
Cosa ti ha più divertito nell’immenso flusso di commenti sulla tua scomparsa?
La vignetta di Altan. San Pietro annuncia all’Onnipotente il mio arrivo e quello bofonchia: “finito il tran tran“.