Sono giorni di guerra mediatica in Francia. Da una parte, il solito settimanale satirico Charlie Hebdo; dall’altra Mediapart, giornale on line indipendente famoso per le sue implacabili inchieste e fondato dall’ex direttore del quotidiano Le Monde Edwy Plenel. Lo scontro fa notizia per un semplice motivo: entrambe le testate appartengono – o dovrebbero appartenere – alla stessa area politica, sono cioè orgogliosamente di sinistra. E allora, cosa sta succedendo?
1) In principio fu il caso Ramadan. Sull’onda dello scandalo Weinstein e del famigerato hashtag #balancetonporc, tale Henda Ayari, ex salafista diventata militante femminista e laica, ha confessato su Facebook di essere stata “stuprata, molestata e minacciata” da Tariq Ramadan, islamologo svizzero di fama internazionale, professore a Oxford, famoso in Francia per le sue tesi “tradizionaliste” e pupillo di una certa intelligentsia mediatica, che comprende il sopra citato Edwy Plenel.
2) Malgrado il suo riconosciuto spessore intellettuale e la sua massiccia mediatizzazione, Ramadan era ritenuto da molti una figura controversa, soprattutto da parte dei più convinti difensori della laicità. Un libro-inchiesta della giornalista femminista Caroline Fourest, infatti, ne aveva messo in luce alcune ambiguità – in merito alla sua concezione della donna, ad esempio – mettendo in guardia l’opinione pubblica su una presunta vicinanza dell’islamologo ai Fratelli Musulmani, movimento islamico radicale fondato, tra l’altro, dal nonno di Tariq. Ma le accuse presenti in quel libro, pur avendo messo la pulce all’orecchio a chi già nutriva dubbi sulle tesi di Ramadan, non ebbero conseguenze di rilievo.
3) Dopo l’esplosione dello scandalo – le confessioni delle vittime si moltiplicano e si parla anche di alcune sue alunne minorenni implicate nelle presunte violenze sessuali – alcuni commentatori si sono chiesti come fosse possibile che nell’accurata inchiesta sull’islamologo pubblicata da Mediapart, non ci fosse nessuna traccia della presunta attitudine da predatore sessuale di Ramadan, che, come capita spesso all’indomani delle confessioni (è successo sia con Strauss-Kahn, sia con Weinstein), risulta essere sempre cosa “risaputa” nell’ambiente.
4) Charlie Hebdo, che è da sempre una testata che milita per una laicità senza compromessi, ha deciso di dedicare due copertine al caso Ramadan. La prima, in cui l’islamologo viene presentato con il sesso in erezione e la frase “Sono il sesto pilastro dell’Islam”, che è valsa al settimanale un’ondata di minacce di morte, e la seconda dedicata proprio ad Edwy Plenel, accusato in maniera provocatoria di non aver visto e sentito nulla a riguardo.
5) Il patron di Mediapart, però, di solito megafono in pectore della libertà di espressione, non l’ha presa bene e in un editoriale firmato da tutta la redazione del giornale ha accusato Charlie di fare disinformazione. Poi, in un’intervista alla radio France Info, ha pronunciato le parole che in queste ore stanno facendo discutere: secondo lui, la direzione di Charlie Hebdo, Manuel Valls e una certa sinistra allo sbando vicina alle tesi delle destra o dell’estrema destra utilizzerebbero qualsiasi mezzo per fare la guerra ai musulmani. Una critica che andrebbe nella stessa direzione di chi, già all’indomani dello scandalo Ramadan, denunciava un presunto complotto sionista che strumentalizza la sofferenza delle donne per i suoi fini politici.
6) È di questa mattina l’editoriale di Riss, che da ieri sta facendo il giro dei social network, in cui il vignettista satirico accusa Plenel di “armare i terroristi” e di “assassinare Charlie una seconda volta” e dichiara solennemente di non poterlo perdonare per ciò che ha dichiarato.
La guerra in atto tra Charlie e Mediapart, con un redivivo Valls alla ricerca di una resurrezione politica e la destra che, paradossalmente, si ritrova a sostenere il giornale satirico, è sintomatica di come la sinistra francese non riesca più a compattarsi su un tema fondamentale come quello della laicità. È questa crisi identitaria della sinistra, esplosa in seguito ai famosi attentati del 2015, che ha permesso a Emmanuel Macron e alla sua corazzata cerchiobottista di arrivare al potere e di prosperare in un deserto ideologico nel quale sembra impossibile, al momento, intravedere le fondamenta per una ricostruzione politica.