Buona e mala politicaConsolidare la priorità europea nei valori dell’ispirazione azionista

A seguito di una conferenza Roma il 15 febbraio promossa da Partitodiazione con Emma Bonino a sostegno di Più Europa Stefano Rolando Il fatto Si è svolta ieri una conferenza a Roma che aveva ...

A seguito di una conferenza Roma il 15 febbraio promossa da Partitodiazione con Emma Bonino a sostegno di Più Europa

Stefano Rolando

Il fatto

Si è svolta ieri una conferenza a Roma che aveva lo scopo di lanciare lo sguardo oltre il 4 marzo, anticipando alcuni argomenti di quella scelta prioritaria (“più Europa”) pensata tempo fa da alcuni e diversi soggetti minoritari, sia politicamente che rispetto all’onda di “meno Europa” che serpeggia in Europa e quindi anche in Italia. Alcuni di quei soggetti poi (Forza Europa e Radicali Italiani), grazie alla forza di sintesi della loro rappresentanza, cioè grazie alla figura di Emma Bonino, ne hanno fatta una lista elettorale lanciata verso la scadenza delle elezioni politiche. Senza l’apporto di Centro Democratico (Bruno Tabacci) quella lista non avrebbe potuto decollare per la questione delle firme. L’accordo – fin dalla conferenza di presentazione della “soluzione” alla Stampa Estera a Roma – ha avuto accenti non solo strumentali ma con attenzioni alle potenzialità di una coalizione rappresentativa di diverse tradizioni progressiste, lasciando aperta la porta a questo sguardo. Nella formazione delle liste non hanno poi trovato condizioni di ricomprendersi altri soggetti, pur dialoganti da qualche tempo con questo progetto tra i quali il Partitodiazione (recente ricomposizione liberalsocialista con riferimento alla tradizione azionista e con scritto al primo punto del proprio programma, dalla fine del 2016, “Più Europa”) e i federalisti europei trainati dall’impegno generato a suo tempo dal Movimento Europeo.

Ecco perché l’accennato evento a Roma il 15 febbraio sul tema “Più Europa, fin da ora, oltre il 4 marzo” si è caricato di un significato ricompositivo per progetti di più ampio respiro convincendo Emma Bonino a tenere le conclusioni della conferenza, chi scrive (insieme a Gianna Radiconcini e ad Andrea Lorusso Caputi ) a introdurre le argomentazioni per il Partidiazione, Pier Virgilio Dastoli (presidente del Consiglio italiano del Movimento Europeo) a illustrare la portata dei documenti di recenti proposti alla firma del mondo accademico e trasversalmente a molti candidati alle elezioni in Italia; Marco Cappato e Gianfranco Spadaccia (due generazioni di Radicali italiani, partecipanti al dialogo attorno a questa collaborazione) a confermare l’interesse per lo spettro largo della collaborazione; e anche Bruno Tabacci, impossibilitato alla presenza, a dare segnali di interesse.

Facendo ampia sintesi delle tante cose emerse, Emma Bonino ha tra l’altro detto: “Il nostro spirito di collaborazione con Partitodiazione, con i federalisti europei, con coloro che hanno condiviso la priorità di ‘più Europa’, traguarda il 4 marzo e va verso un impegno che cerca di anticipare fin da oggi i contenuti seri e veri di una questione europea che riguarda grandemente l’Italia, a fronte della nuova intesa franco-tedesca e dei tanti problemi che tutto il quadro europeo oggi ci presenta. Un quadro che ha economia, lavoro, giustizia al centro. Ma anche con forte attenzione ai diritti civili, contro le insorgenze fasciste e razziste”.

Una novità

Per contestualizzare meglio il personale convincimento attorno a questo progetto, sento l’esigenza di dar conto di una relativa “novità” ad amici e lettori del mio blog personale e dei blog che mi permettono di colloquiare da anni con circuiti sia di tradizione che con nuovi pubblici su temi connessi alla vita pubblica e politica. Ho scritto negli ultimi anni soprattutto di civismo, perché dal 2010 ho operato soprattutto a Milano e Lombardia per il consolidamento di questa prospettiva di partecipazione alla vita democratica, con successi e comunque con momenti di grande soddisfazione civile; anche quando gli esiti hanno portato contendibilità – come nella campagna del centrosinistra nelle regionali del 2013 – ma solo sfiorando il raggiungimento degli obiettivi. Ho scritto un libro di bilancio di quelle esperienze (Civismo politico, edito da Rubbettino nel 2015), iniziate sia in sinergia con i radicali in Lombardia nel 2010, sia nella impostazione della campagna vittoriosa a Milano di Giuliano Pisapia nel 2011, per valutare risultati, successi, insuccessi e limiti di quel percorso.

Nel 2016 – con piena indipendenza dagli impegni accademici e dall’attività professionale – ho accolto le istanze di amici che, in varie parti d’Italia, mi chiedevano di riassumere in una nuova iniziativa il mio percorso politico più ampio, dalla gioventù a oggi, in cui le mie esperienze sono state giovanissimo con i repubblicani, poi con i socialisti (attorno al cui profilo storico-politico ho continuato ad occuparmi e tuttora a scrivere in particolare per la lunga appartenenza alle sorti della rivista Mondoperaio), più di recente con il civismo progressista. Non ho considerato la politica come una dipendenza professionale e ciò che mi ha mantenuto in autonomia per tutta la vita. L’ho considerata come dono dovuto alla società, alla vita civile, alle sorti del Paese, per le cose ricevute soprattutto interpretando la mia generazione, nata dopo la guerra, risparmiata da tante cose e soprattutto sostenuta da lezioni autorevoli, come quelle che sono a fondamento delle libertà repubblicane e della costituzione (gratitudine non senza valutazioni critiche, come ho scritto nel 2008 in Quarantotto, edito da Bompiani). Negli ultimi dieci anni ho concentrato energie attorno alla vita di alcune fondazioni di cultura liberalsocialista e liberaldemocratica legate a figure che, direttamente o attraverso loro discendenti, hanno riguardato la mia vita (la Fondazione Francesco Saverio Nitti a Melfi e le Fondazioni legate alla memoria di Sandro Pertini tra Firenze e Milano e di Paolo Grassi a Milano).

Il patrimonio comune di queste esperienze ha, per me come per altri della mia generazione “post”, una fonte importante nella “storia interrotta” del Partito d’Azione, sorto sulla base dell’estremo coraggio dell’antifascismo di Giustizia e Libertà, con vita breve, progettuale e drammatica, che va dal 1942 al 1947. Poi il seme di quella storia ha fatto parte di altre storie, quella socialista (Lombardi, Lussu, De Martino), quella repubblicana (La Malfa), quella radicale e liberale (entrambe riguardate da Ernesto Rossi), quella radicale e repubblicana (entrambe riguardate da Leo Valiani), quella europeista confinante con vari partiti (Altiero Spinelli) e molti altri.

La rigenerazione di un soggetto politico

Prima di prendere la decisione (che riguarda ancora un cantiere del tutto aperto) di rigenerare un soggetto politico (con tale eredità morale!) ho convenuto con il generoso gruppo proponente, a cui si sono aggiunti alcuni intellettuali di chiara fama, di dar vita ad una preparazione culturale e politica prendendo contatto con i territori, con le esperienze di eredità diretta di storie connesse, con le famiglie degli azionisti più noti (parlo di discendenti di Parri, Comandini, Cianca, Zevi, Berlinguer e altri, tra cui una vivace e lucidissima militante storica del PdA come Gianna Radiconcini che ha assunto il ruolo di “presidente onoraria”, avendo avuto l’onore di riunirne alcuni attorno alla posa di una lapide a Roma in occasione dei 75 anni dalla fondazione e altri in eventi successivi). Un anno di convegnistica mirata all’Italia di oggi e del futuro sotto le insegne del “Cantiere delle ragioni” – ora organo di libera discussione tematica – fino a raggiungere una soglia di energie disponibili che ci ha confrontato con l’imminenza della campagna elettorale.

Abbiamo riletto i sette punti costitutivi dello storico PdA proprio alla luce dei cambiamenti di priorità di alcuni temi, dando vita ai nostri “sette punti” (più uno)[1] e abbiamo esaminato, premuti dal tempo, la prospettiva di una autonoma iniziativa elettorale che tuttavia non avrebbe avuto le condizioni di maturare con efficacia nel breve tempo. A metà del 2017 vi è stata la costituzione degli organi di un nuovo partitodiazione – scritto così minuscolo, unito e allusivo – che punta a richiamare valori e un certo spettro di posizioni, non espressione di nostalgie ma consapevole impegno per contribuire a combattere l’astensione almeno nell’area plurale di elettorati lib-lab ormai sostanzialmente orfani. Ne ho scritto, ma nel cono d’ombra di una realtà con un diritto di parola ancora largamente insufficiente. Per un po’ il dibattitto interno sugli orientamenti immediati è stato incerto, soprattutto tra l’astenersi nel breve da tentazioni elettorali oppure utilizzare l’occasione per consolidamenti.

Per l’unità del centrosinistra e per la priorità europea

Da qui una posizione di servizio alla tendenza di dare unità al centrosinistra, con dialogo che ha riguardato tanti soggetti in campo e, all’inizio, la stessa figura di Giuliano Pisapia. Mantenendo quella visione e quella prospettiva, abbiamo ricevuto, come ho accennato, interlocuzioni più omogenee rispetto ai punti di prospettiva elaborati dal progetto Più Europa animato da Emma Bonino, con un avvicinamento che è anche passato attraverso la collaborazione con la sezione italiana del Movimento Europeo presieduta da Pier Virgilio Dastoli, storico collaboratore di Altiero Spinelli (se è concesso ricordarlo, Spinelli fu la fonte del mio primo significativo lavoro, poco più che ventenne, ricercatore economico per più di un anno nei paesi del Mediterraneo con lui commissario a Bruxelles). Un ambito, insomma, dai caratteri più nettamente valoriali tra quelli che si dispongono a chiedere il votro agli elettori tra quindici giorni.

Sulla priorità del tema europeo influisce la necessità assoluta di contrastare il pressapochismo nazionalistico e populista di chi – a destra e a sinistra – ulula alla luna senza aver nemmeno preso la minima conoscenza della specificità e della complessità delle procedure istituzionali europee, senza aver mai compreso che la cognizione reale dei problemi è la condizione decisionale nell’Europa possibile, non lo schiamazzo. E per quanto mi riguarda pesa il trentennale lavoro di responsabilità di una rete istituzionale nel campo della comunicazione istituzionale che appartiene al “capacity building” comunitario, pur nel quadro di rapporti informali ma accreditati presso il Consiglio UE.

Nel corso della conferenza del 15 febbraio ho potuto indicare la piattaforma post-azionista come rilancio rivolto al futuro della tradizione incrociata liberalsocialista e liberaldemocratica fuori dai conflitti storici interni che hanno caratterizzato il passato e in nome di una convergenza possibile su nuove prospettive nazionali e internazionali. E parimenti ho ritenuto di far cenno ad almeno tre argomenti che sono tracciati sul tema dell’Europa per un lavoro di focalizzazione e di consolidamento a breve. Si tratta di:

1. lavorare per l’accelerazione della ricomposizione delle tradizionali forze politiche europee destinate, con il nuovo Parlamento di Bruxelles del 2019, a seguire un’onda, ora partita soprattutto dalla Francia, in cui la tendenza liberalsocialista non debba essere immaginata politicamente separata tra liberali e socialisti (insieme ad altri filoni di culture politiche europeiste);

2. sostenere i progetti di democrazia partecipativa (che hanno il nome tecnico di “convention citoyennes”) che stanno a cuore alla visione dell’Europa dei cittadini – secondo esperienze che riguardano ancora in forma marginale l’Italia e attorno a cui vogliamo portare un contributo di metodo e di contenuto, anche in forma polemica rispetto a come le istituzioni della UE hanno finito per frenare questo processo;

3. contribuire al rapporto tra l’Europa dei territori (regioni e città) e l’Europa global player per aiutare gli europei tutti a trovare l’equilibrio necessario tra culture identitarie e integrazione delle capacità competitive nella globalizzazione, togliendo le questioni identitarie dalle mani di sovranisti e nazionalisti che operano per la riduzione e non per la riqualificazione del ruolo dell’Europa.

In questo terzo tema

C’è la questione, penso di fondo, della crisi di responsabilità della cultura liberaldemocratica (termine ultrasintetico) dell’Occidente. Tema che in Italia sta sollevando, per ora in condizioni solitarie, il ministro Carlo Calenda tuonando contro la “sinistra cialtrona senza soluzioni” e non meno contro la “destra deviata senza costituzionalità“. Rivendicare la cultura storico-identitaria non contro la globalizzazione ma per affrontarla con le idee chiare. Quindi ammettere le paure, le crisi, le difficoltà e provare a crescere – in Italia e in Europa – con soluzioni tecniche adeguate ma soprattutto in condivisione con il popolo. Qualcosa che racconta oggi le storie dell’Italia migliore di ieri.


[1] Ecco i sette punti (2017): 1. Rilancio dell’idea federale dell’Europa. 2. Riforma istituzionale per la riqualificazione della divisione dei poteri e per assicurare efficienza pubblica al servizio dei cittadini, della giustizia e della sicurezza.3. Equità e crescita progetto per l’economia, costruendo comunità di lavoro fondate sulla valorizzazione dell’impresa, sulla cittadinanza allargata e sul prioritario impegno per contrastare la proletarizzazione del ceto medio.4. Lotta all’evasione fiscale per sostenere investimenti, consumi e spesa sociale. 5. Riforma delle condizioni di trasparenza e di rappresentatività dei partiti e dei sindacati.6. Laicità dello Stato e separazione fra Stato e Chiesa. 7. Investimento sociale prioritario sulla conoscenza e sul rapporto tra merito e bisogni nell’accesso al mercato del lavoro. Punto aggiunto: Inderogabilità della parificazione sociale del ruolo delle donne.

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