Buona e mala politicaE’ ancora possibile un modello sensato di comunicazione politica?

Svolgo incontri con giovani e anche giovanissimi su temi di etica pubblica, di rapporti tra storia e attualità, di valutazione del senso della politica e del conflitto tra delega e partecipazione. ...

Svolgo incontri con giovani e anche giovanissimi su temi di etica pubblica, di rapporti tra storia e attualità, di valutazione del senso della politica e del conflitto tra delega e partecipazione.

Segnalo tre cose:

  • la velocità, l’assertività, la brevità dei giudizi su cose complesse, difficili, multiverso hanno conquistato una generazione; sarà per colpa della prolissità, dell’oscurità, della retorica di un certo modo vecchio di gestire il “discorso pubblico”, ma ormai in due battute si liquida l’Europa, il mercato, l’impresa, la finanza, il potere, la democrazia; tutto si risolve in 140 battute e non c’è più molto spazio né per il dubbio né per la contraddizione;

  • non è solo il popolo gialloverde a scegliere questa modalità, ma anche chi ha tensione verso la sinistra, verso l’associazionismo, verso movimenti recenti (ambiente, beni comuni, antiglobalismo, eccetera);

  • la rottura tra politica e cultura (ricerca, metodo scientifico, validazioni, legittimazioni teoriche, eccetera) è insomma avvenuta; e porta con sé molto spesso l’inutilità di invocare cattedre, esperienze, meno che mai libri o “classici” dell’economia e delle scienze sociali; tutti sono portatori di un giudizio “possibile” su tutto, che non deve essere espresso in modo documentato perché non c’è né tempo né voglia di verificare le fonti.

Ho anche capito che questa cosa non è così generalizzata da doverci obbligare a parlare di “generazione totalizzante”. Ma non è nemmeno così casuale da imputarla solo a due o tre incursori demagogici del nostro tempo. Oltre a tutto questa tendenza ha un leader mondiale che è a capo – ancorché tra i capi più “vecchi” – del più forte paese del mondo, Donald Trump. Che si salda (facendo così una morsa pericolosa sulla stessa Europa) con lo stile vigoroso, virile, oscuro e appunto assertivo dell’altro dioscuro del mondo, l’ex dirigente del KGB Vladimir Putin.

L’assertività è diventata tema di libri, conferenze, corsi professionali. Un percorso che assomiglia più alle arti marziali che alla nostra vecchia cara retorica.

Sempre più evidente è la vicenda di Renzi che ha tentato di acchiappare, per conto di uno schieramento ex-verboso (comunisti e cattolici), ciò che ormai gli epigoni di quello schieramento non erano più in grado di controllare. “Tentato”, con forme simili di brevità, asservità, approssimazione. Ma avendo scelto la parte discontinua non del “saggio” ma del “mago” (lo dice Fabrizio Luisi, che ha scritto che Renzi ha messo in scena la bacchetta magica per risolvere “tutto”) appena la magia è svanita, appena la pioggia è finita, appena l’arcobaleno è evaporato, il mago è stato scoperto in mutande. Da lì il crollo di una diga che, sulle prime, appariva possibile.

Da dove cominciare allora per costruire un modello sensato di comunicazione politica che salvi la ragione e riconnetta almeno una parte della generazione apodittica e sbrigativa? Magari con qualche breccia nello stesso schieramento gialloverde.

Dal mio punto di vista questo ora è il pensiero più assillante. Se sia ancora possibile provare seriamente a scegliere il territorio della campagna elettorale delle europee (che ha in palio la posta maggiore per i giovani, quella dello spazio di libertà e mobilità, contrapposto al ritorno forzato nei “confini”) per sperimentare se lo “spazio sensato” c’è e se ci sono nuove leadership che lo sanno profilare e difendere.

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